Butterfly ritorna in streaming [di Franco Masala]
Dopo più di un anno dalle ultime parole pronunciate nel Teatro Lirico di Cagliari (“La commedia è finita” nei Pagliacci di Leoncavallo) ritorna l’allestimento di un’opera seppure in streaming e rigorosamente senza pubblico ma con applausi sporadici che in realtà mettono molta tristezza. Videolina si è incaricata della ripresa del capolavoro pucciniano Madama Butterfly, tornato in città appena dopo tre anni. In tempi di vacche magre non ci si può lamentare più di tanto ma rimane il rammarico riguardo a una dirigenza cui manca il colpo d’ala per una programmazione meno banale e capace di sperimentare. Ciò che sta facendo una serie di teatri grandi o piccoli (da Piacenza a Modena a Palermo) mentre a Cagliari si naviga a vista. Fatto salvo il fascino incorrotto di Butterfly con le spire Liberty disseminate nella partitura, in primis l’ingresso della protagonista e il duetto d’amore, rimane da sottolineare l’eleganza formale della regia già scaligera di Keita Asari, ripresa da Daniela Zedda ma pur datata (1985!) rispetto alla ormai consueta credibilità delle messinscene più recenti. La casetta giapponese è sempre un must (scene di Ichiro Takada) e quindi l’attenzione va verso i movimenti circospetti del coro, rigorosamente “mascherinato”, che compongono quadri non particolarmente originali. Sono decisamente brutti i costumi maschili degli occidentali a fronte degli altri credibilissimi, disegnati da Hanae Mori, mentre la cura delle luci di Marco Filibeck è garantita dalla ripresa di Andrea Ledda e i movimenti scenici sono di Luigia Frattaroli. La resa musicale è affidata a Stefano Ranzani, di ritorno a Cagliari dopo moltissimi anni (sempre sua la Butterfly del 1997 con le suggestive scene lignee dell’architetto Aldo Rossi) e si fa valere soprattutto nel bellissimo frammento sinfonico che separa secondo e terzo atto, pur dovendo fare i conti su un’orchestra disseminata in uno spazio ampio e rarefatto per il necessario distanziamento. Quanto poi giochi la ripresa del suono televisivo è un altro problema. Protagonista al debutto nel ruolo è il soprano Alessandra Di Giorgio che, dopo un ingresso periclitante e poco convincente, ha acquistato via via sicurezza fino al tragico finale giocato su una sicura vocalità e un suggestivo gioco scenico con il tappeto bianco che diventa progressivamente rosso di sangue. Il tenore egiziano Ragaa El Din esibisce una vocalità piena anche se non particolarmente raffinata e rende il personaggio meno vacuo del consueto. Dispiace invece lamentare lo scarso volume di voce del console Pierluigi Dilengite, soprattutto quando deve misurarsi con l’esuberanza di soprano e tenore. Gosha Kowalinska svolge il ruolo di Suzuki con professionalità mentre Enrico Zara aggiunge efficacemente al suo repertorio un ruolo di carattere come Goro. Completano il cast Renzo Ran, uno zio Bonzo intenso, Vittoria Lai, Nicola Ebau, Luciano Leoni, Francesco Musinu e il piccolo Federico Piras nel ruolo muto del bimbo nippo-americano. Rimane l’incertezza del futuro: se il “clima” bianco della Sardegna faceva sperare nella ripresa dello spettacolo dal vivo con il 27 marzo prossimo, il nuovo lockdown arancione non dà molte garanzie circa un futuro abbastanza nebuloso. Che la primavera sia in grado di illuminarci? @foto Priamo Tolu ©
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