Notre-Dame: nel 2021 le ultime decisioni. Ora è tutta in sicurezza e parte il restauro: innovativo o replica dell’antico? [di Francesco Bandarin]
https://www.ilgiornaledellarte.com Numero 409, agosto 2020 . Nonostante le complicazioni burocratiche, un problema di inquinamento e il maltempo, i lavori di consolidamento della Cattedrale di Notre-Dame devastata dall’incendio del 15 aprile dello scorso anno, sono stati completati al fine di garantire la stabilità dell’edificio, che era stata compromessa dalla distruzione del tetto e dai danni alle volte. In particolare, sotto tutti i 28 archi rampanti sono state inserite delle strutture lignee di supporto per evitarne il crollo, mentre due colonne interne interessate dalle fiamme sono state rinforzate mediante incamiciatura. La struttura dell’edificio è ora sicura e un team altamente qualificato di specialisti, di cui fanno parte l’architetto italiano Carlo Blasi e l’ingegnere francese Mathias Fantin, sta tenendo la situazione sotto controllo. Le volte crollate. Le volte sopra la crociera sono completamente crollate durante l’incendio, mentre quelle sopra la navata principale, il coro e il transetto sono sopravvissute, anche se sfondate in vari punti, e hanno protetto l’interno della Cattedrale dove i danni sono relativamente limitati. Gli interni hanno ora bisogno di essere liberati dei detriti lasciati dal crollo dell’intelaiatura del tetto e dalle lastre di piombo, operazione già effettuata nei due transetti. Test preliminari nei transetti mostrano come le volte abbiano resistito bene al fuoco grazie allo spesso strato di pietra calcarea che le ricopriva. Un tetto rimovibile provvisorio come un parapioggia mobile è stato costruito sopra il coro per permettere l’accesso alle volte dall’alto e un altro sarà costruito sopra la navata principale. Una volta completati questi test verranno montati i ponteggi all’interno della Cattedrale al fine di posizionare le intelaiature di supporto delle volte e consentire l’avvio del loro restauro. L’inquinamento da piombo. Sono 400 le tonnellate di lastre di piombo fuse dalle fiamme che hanno causato un grave problema nella prima fase di restauro. I test hanno dimostrato come l’inquinamento si sia concentrato all’interno della Cattedrale e nei suoi dintorni e non si sia diffuso in altre parti di Parigi, ma ha notevolmente rallentato le operazioni in quanto i lavoratori hanno dovuto seguire rigorosi protocolli di igiene e sicurezza. Poiché la maggior parte del piombo fuso si trova all’interno della Cattedrale e lungo le pareti, è necessario un importante programma di pulitura. Il più presto possibile verrà effettuato un test in due delle cappelle per stimare costi e tempistiche di una sanificazione totale. Una volta fatto, i protocolli di sicurezza complessivi saranno rivalutati. Duecento tonnellate di impalcature. Prima dell’incendio, 200 tonnellate di impalcature metalliche erano state montate sul tetto per i lavori di restauro della guglia e sono ancora lì data la decisione di non utilizzare gru telescopiche per rimuoverle. Una gru alta è stata installata per consentire l’accesso all’impalcatura a tecnici imbragati ma la rimozione di quest’ultima è stata ostacolata anche dal maltempo di questo inverno. Finestre e decori al sicuro. Le vetrate, solo leggermente danneggiate, sono state rimosse e sono attualmente in fase di restauro. Anche gli oggetti liturgici, i banchi, le statue, i decori e gli infissi hanno sofferto solo danni marginali. In parte sono già stati rimossi, mentre altri resteranno protetti in situ fino a quando sarà nuovamente possibile accedere alla navata e al coro. I tre rosoni delle facciate, che sono importanti capolavori di vetri cattedrale medievali e i più grandi esempi sopravvissuti (oltre 13 metri di diametro), sono stati protetti e rimarranno in situ durante il restauro. Un’agenzia di 50 persone. Dallo scorso dicembre, l’agenzia per il restauro di Notre-Dame, istituita con una legge approvata nel luglio 2019, è pienamente operativa, con circa 50 persone tra tecnici e personale amministrativo. Compito dell’agenzia è il coordinamento di tutte le operazioni, la raccolta dei fondi provenienti da donatori pubblici e privati, la gestione delle gare d’appalto e delle spese e l’informazione del pubblico in merito all’avanzamento dei lavori. La progettazione e la supervisione tecnica rimangono di competenza del Ministero della Cultura, ma sotto il diretto e quotidiano coordinamento dell’architetto direttore dei lavori Philippe Villeneuve. Meglio le querce. Questa sarà una delle sfide principali dell’intero progetto. Non è ancora stata presa alcuna decisione sulle tecniche da utilizzare per il nuovo tetto e non ci si aspetta che la commissione nazionale per l’architettura e il patrimonio fornisca le sue raccomandazioni al Ministero della Cultura prima di luglio. Le opzioni in esame comprendono i vari approcci adottati in Francia nel corso degli ultimi 200 anni. Prima della rivoluzione industriale, ma anche più tardi, per i tetti si ricorreva a legname di quercia e tecniche tradizionali, come nel caso di Notre-Dame di Strasburgo dopo l’incendio del 1759 e, di nuovo, dopo i bombardamenti aerei del 1944. In altri casi, vennero scelti materiali moderni, come per Notre-Dame di Chartres, bruciata nel 1836 e ricostruita negli anni 1837-41 con una struttura in ghisa, o per Notre-Dame di Reims, bombardata nel 1914 e ricostruita tra il 1919 e il ’37 con una struttura in cemento armato. L’uso di materiali moderni era giustificato dal loro costo inferiore, ma questo non è un fattore determinante nel caso di Notre-Dame di Parigi, data l’eccezionale disponibilità di risorse finanziarie: a un anno dall’incendio la Fondation du patrimoine ha annunciato che erano stati raccolti 228 milioni di euro da 236.146 donatori di 140 Paesi. La struttura lignea del tetto andata distrutto è ben nota perché nel 2015 era stata effettuata un’indagine completa dall’architetto Rémi Fromont. Nel 1995 era stato inoltre condotto uno studio dendrocronologico e nel 2014 realizzata una scansione 3D del telaio da Art Graphique et Patrimoine. Fino all’incendio, quel tetto era sopravvissuto 800 anni, molti di più di quelli che durerebbe nel tempo un materiale moderno. In Francia esistono le competenze per la ricostruzione secondo le tecniche tradizionali perché sono state tramandate di generazione in generazione, attraverso il «compagnonnage», il tradizionale sistema francese di insegnamento delle arti e dei mestieri. La formazione nelle tecniche tradizionali di taglio del legno avviene in cantieri sperimentali come Guédelon in Borgogna, dove viene costruito un castello medievale con l’uso di tecniche tradizionali di taglio del legno e della pietra. In Francia c’è una grande abbondanza di querce e il numero di tronchi necessari non è poi così grande. Si stima che per il tetto sarebbero sufficienti circa 1.200 querce, il 95% delle quali alte 12 metri e con un tronco di 25-30 cm di diametro e solo alcune di 15 metri e 50 cm di diametro. La maggior parte degli alberi utilizzati per la Cattedrale medievale era relativamente giovane (in media 60 anni) e non richiese un lungo periodo di stagionatura. Ad esempio, è stato calcolato che il tetto della Cattedrale di Bourges venne costruito con un totale di 1.200 querce, e che, grazie della densità delle piantagioni a quell’epoca, vennero sfruttati solo tre ettari di foresta. Di conseguenza, in un Paese come la Francia che dispone di oltre sei milioni di ettari di foreste di querce, fornire alberi per Notre-Dame non dovrebbe rappresentare un problema. Un’altra decisione importante riguarda il materiale per le nuove tegole. Il piombo era stata la scelta tradizionale per la sua estrema resistenza agli agenti atmosferici e perché forniva il peso necessario a zavorrare l’edificio. La recente preoccupazione per l’inquinamento da piombo, tuttavia, ha indotto molti a mettere in discussione l’uso di tale materiale, benché gli esperti assicurino che le superfici di piombo si ossidano molto rapidamente e che l’ossidatura blocca la dispersione di particelle di piombo nell’atmosfera. In altri progetti di ricostruzione del tetto la scelta è caduta su metalli diversi, come il rame. Una volta presa la decisione su quali materiali utilizzare, al termine del restauro delle volte verrà costruita sopra la Cattedrale una copertura provvisoria per consentire la ricostruzione del tetto. Replicare Viollet-Le-Duc? La questione di come ricostruire la guglia, crollata in modo spettacolare durante l’incendio, sarà certamente la più controversa data la proposta di Macron di consentire un moderno «gesto architettonico». Questa idea discende dal fatto che la guglia non era medievale, ma costruita nel 1860 durante l’intervento di Eugène-Emmanuel Viollet-Le-Duc, che però l’aveva innalzata senza la minima intenzione di aggiungere qualcosa di «moderno». Al contrario, coerentemente con il suo approccio teorico al restauro, Viollet-Le-Duc intendeva creare una guglia la più vicina possibile ai canoni dell’architettura medievale e a tal fine si ispirò ad altre guglie esistenti, come quella di Notre-Dame di Amiens, ricostruita nel 1533 dopo il crollo dell’originale. La guglia di Viollet-le-Duc era più alta rispetto alla guglia medievale rimossa nel 1792 (92 invece di 78 metri) per dare alla Cattedrale un ruolo preminente nel paesaggio parigino. Era anche arricchita di statue in bronzo, una delle quali si crede sia il ritratto dell’architetto, che fortunatamente erano state rimosse pochi giorni prima dell’incendio, gallo sulla sommità compreso. Non c’è dubbio che l’intervento di Viollet-le-Duc sia uno dei valori storico artistici che hanno sostenuto l’iscrizione di Notre-Dame nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità. La comunità dei restauratori francesi e di tutto il mondo concorda sul fatto che la guglia dovrebbe essere ricostruita secondo le tecniche e le forme tradizionali, soprattutto perché la sua struttura è ben documentata; di essa esiste anche un modello completo in scala risalente al momento della sua costruzione. Questa scelta risponderebbe ai principi stabiliti dalla Carta di Venezia (la chiave di volta della moderna teoria del restauro), approvata dall’Icomos e dall’Unesco, che esclude ricostruzioni arbitrarie e richiede un approccio accademico basato sulla piena documentazione delle strutture preesistenti..…. L’autore è stato direttore del Centro del Patrimonio Mondiale (2000-10) e direttore generale aggiunto per la Cultura dell’Unesco (2010-18) |