L’ Empòrion sulle rive di Santa Gilla [di Maria Antonietta Mongiu]

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L’Unione Sarda  22 aprile 2021. La città in pillole. In queste note si fa spesso riferimento al concetto di “lunga durata”. Ragionamenti e riflessioni nel tentativo di declinarlo, attenendosi al senso dell’espressione francese “longue durée” la cui traduzione semplifica e banalizza.

Non a caso quando scriviamo che Cagliari è “città di lunga durata”, per significare l’antica fondazione e soprattutto che da millenni persiste nello stesso spazio geografico, non diciamo tutte le implicazioni sottese alla definizione. Intanto si dovrebbe premettere la difficoltà a precisare il momento che nella topografia antica è definito “fondazione” – per antonomasia quella urbana – insieme di riti che trasformano un’area da luogo in balia della natura ad insediamento determinato dalla pianificazione e in cui si costituisce una civitas.

Per tabulas una comunità generativa di regole e di consuetudini e fondativa della differenziazione dei poteri – nelle società tribali in una persona – e la cui distinzione oggi è garanzia di democrazia. Interroga il fatto che l’antropizzazione nello spazio abitato dal toponimo Cagliari insiste negli stessi luoghi da almeno 3500 anni prima del fenomeno urbano.

Questo lo attribuiamo allo sviluppo di un empòrion fenicio sulle rive di S. Gilla, nell’area occultata dal cavalcavia e dall’ex mattatoio; nel suo spazio d’uso reperti di VIII e VII secolo a. C., emersi negli anni 70/80/90 del Novecento, lo connettono alla dialettica tra Mediterraneo orientale e occidentale, nelle rotte già di micenei e nuragici.

Gli empòria fenici, come prima quelli micenei, sono fondaci in territori di intensa antropizzazione nuragica che a Cagliari la scarsità di rinvenimenti la narrano rarefatta ma solo per l’ininterrotta frequentazione. Registriamo poderose interfacce nei territori di Sarroch, Assemini, Quartu, Quartucciu che conservano manufatti nuragici di assoluto rilievo.

Se dal VI secolo a. C. il colle di Tuvixeddu con le suntuose tombe a pozzo, racconta una compiuta transizione al fenomeno urbano e l’archeologia urbana aggregati a macchia di leopardo, la “longue durée” di 7000/6000 anni, fa venire le vertigini quando si confronti nello stesso luogo l’attimo fuggente dell’oggi col tempo sconfinato.

Fernand Braudel e Marc Bloch lo definiscono un campo linguistico in cui agiscono varie discipline spesso porose tra loro. Una scienza nuova che si interroga sulle trasformazioni. Uno spazio dove deve agire il discorso pubblico, oggi ancor di più partecipato. Nella città tra le più antiche d’Europa manca. E’ tempo di costruirlo.

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