L’assalto alla CGIL e la crisi [di Clio Pizzingrilli]

http://www.leparoleelecose.it/. L’assalto fascista alla sede nazionale della CGIL pone un problema – il fatto che l’edificio fosse chiuso, chiuso come ogni ufficio o istituto resta chiuso il sabato e la domenica, e vigilato, come ogni altro ufficio o istituto, da un sistema di allarme, collegato agli uffici di polizia.

All’indomani dell’assalto, i dirigenti della CGIL hanno dichiarato che né il commissariato di polizia, né la prefettura, né tanto meno il MINT avessero indicato la CGIL come un punto sensibile in concomitanza di manifestazioni di gruppi anti-gpass. Personalmente sono rimasto sorpreso nel sapere che la CGIL affidi la protezione dei propri edifici, la dignità dei propri simboli allo Stato, in pari tempo che abbia smobilitato un suo proprio sistema di vigilanza e di intelligence, ciò che tradizionalmente ha costituito un aspetto fondamentale delle organizzazioni dei lavoratori.

Quanto rilevo non intende insinuare pregiudizialmente alcuna diffidenza nei riguardi degli apparati dello Stato, cui è demandato il compito di difendere gli istituti democratici; ciò che è in questione è invece l’intelligenza politica di un sindacato, così come di qualunque aggregato pubblico-politico; in altre parole, la capacità di interpretare i fenomeni, le situazioni, l’evoluzione dei conflitti.

Se si fosse avuta questa intelligenza politica, una tale manifestazione di squadrismo non sarebbe potuta mai accadere. Invece per i fascisti dev’essere stato fin troppo facile impadronirsi dell’edificio, sapendo che il sindacato chiude bottega il sabato per riaprirla il lunedì mattina ovvero pratica la settimana corta come è consuetudine di gran parte degli uffici pubblici; di conseguenza hanno avuto ogni agio di filmare l’assalto, persino di autofilmarsi.

Tutto questo è avvenuto nel mezzo della crisi pandemica, mentre alcune migliaia di persone stavano manifestando contro il gpass, giudicato uno strumento utile, più che a garantire protezione sanitaria alla popolazione, a porre la medesima sotto un più stringente controllo poliziesco, oltre che a mettere in atto una procedura discriminatoria, anticostituzionale.

Si tratta di uno schema di ragionamento che appartiene al pensiero liberaldemocratico, di orientamento comportamentista, non inappropriato, ma largamente insufficiente a comprendere la crisi nella quale il virus ha gettato le popolazioni di qualsiasi parte del mondo. Il pensiero di coloro che agitano lo spettro dell’autoritarismo, di una dittatura in corso, benché probabilmente non improprio sotto il profilo giuridico, appare tuttavia ottuso, cieco nei riguardi delle molte antecedenze e conseguenze correlate alla presente crisi.

L’assenza di una visione complessa, criticamente complessa della crisi, rende questo schema di ragionamento uno strumento del quale in vero stanno servendosi non solamente gli squadristi fascisti, i media reazionari, le strutture manipolatorie che operano in rete, soprattutto quello che è stato definito il partito unico dei padroni, essi che di procedure discriminatorie sono stati e restano i maestri riconosciuti.

Questa formazione, recentemente riconsolidatasi per effetto del ‘piano liscio’ che il capitalismo sta dimostrando di saper agire anche in una congiuntura come la presente, deve allarmare assai più dell’assalto alla CGIL.

Ciò che appare preoccupante è infine l’assenza di una lettura critica della crisi, che consenta di comprenderne le multiformità – credo che, quando di ciò si sia capaci, si sarà anche capaci di palesare la miseria di schemi di ragionamento comportamentista, originati per lo più da propositi individualistici e calcoli angusti.

 

 

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