La mia opzione è federalista [Franco Mannoni]
Riprendo il filo dei ragionamenti seguiti recentemente nell’incontro alla Mediateca del Mediterraneo il 17 scorso per richiamare alcuni miei punti di vista sui temi trattati, a partire dal libro di Pietrino Soddu. Per ribadire innanzitutto l’apprezzamento e l’interesse che il libro suscita, ancor più di altre produzioni dello stesso autore, segno, questo, di una fertilità e ricchezza culturale in crescendo. Anche la forma adottata,quella della discussione a tre voci, tra un autonomista, un federalista e un autonomista, conferisce alla narrazione la forza del confronto, che Soddu modula tuttavia con imparzialità ricercata e quasi conseguita. Infatti credo di poter dire che la propensione federalista dell’autore traspaia qua e la, senza pesare sul corso delle argomentazioni. Personalmente tenderei a non prendo partito, nella circostanza. Focalizzandosi la mia attenzione non tanto sulla forma giuridica della soluzione optata, quanto sulle motivazioni e sugli obiettivi delle scelte di indirizzo che si intende adottare. L’ancoraggio va trovato nella condizione e nelle prospettive di vita del popolo sardo. L’attuale stato delle cose denuncia un mutamento profondo e repentino delle condizioni del vivere e del progettare il futuro in Sardegna. Come altrove in Italia e nel mondo, più che altrove per la nostra dipendenza economica, istituzionale e politica, ma per una crisi demografica tendenzialmente drammatica. Viviamo in una fase di decrescita infelice, che si sovrappone a una modernità più ricevuta che costruita. Si è inceppato un meccanismo generale/nazionale nel quale, per quanto imperfetto, si attuava un percorso di espansione e tutela dei diritti e nel quale si attivava una dialettica periferia centro di rivendicazione di poteri e mezzi. Una parte di questo schema trovava alimento nelle politiche pubbliche di deficit spending, collocate però in un contesto nel quale la crescita prevista era in grado di rendere affidabile il far fronte al debito. E’stato l’humus nel quale sono stati possibili i piani di rinascita, la revisione del regime delle entrate, l’attività dell’intervento straordinario del Mezzogiorno. Tutte cose ritenute fallimentari dai palati fini. La realtà è però che gli ultimi significativi interventi infrastrutturali nell’Isola risalgono a quei programmi, per esempio. Oggi il meccanismo generale di crescita si è inceppato, per lo meno in Italia e, in misura differenziata, in Europa, perché in altre parti del mondo la globalizzazione ha innescato processi di crescita e di emersione di popoli fino a pochi anni prima esclusi. Da noi ha però rotto gli equilibri che avevano garantito la supremazia euro occidentale. E’ un processo travolgente nel suo mix di progresso tecnico e finanza, che deprime i paesi deboli, a basso tasso di crescita demografica e culturale. Noi sardi ci troviamo fra questi, in declino senza aver vissuto a pieno il portato positivo della modernità. Lo Stato nazionale, indebolito nel suo potere normativo ( la globalizzazione ne ha sfondato i confini) perde il ruolo di regolatore e di attore dei processi di redistribuzione e perequazione sociale. Abbiamo bisogno di aprire una fase nuova della vita della nostra comunità regionale, in cui si progetti un futuro di crescita lenta, chè tanto tale sarà, ma ricca di elementi di qualità sociale, culturale e di solidarietà. Non per ritirarsi in un guscio comunitari sta , perché non dovremo rinunciare alla competitività con altre aree, ma per fondare quest’ultima su valori antichi e nuovi, miranti allo sviluppo e non solo alla crescita. Sicuramente qualità del territorio, identità linguistica, tradizioni, ma anche modernità e cosmopolitismo. L’idea forza proiettata nel futuro non deve avere caratteristiche difensive, come talvolta traspare dai discorsi dei tre interlocutori. Deve esserci molto di più, e cioè l’idea di promuovere in questa nostra Isola, competitività di sistema, come pure correlativamente, solidarietà e equità sociale. La traduzione sul piano istituzionale comporta il superamento degli attuali limiti dell’autonomia per poter organizzare con mezzi idonei il futuro, per tirarci fuori dal binario indirizzato verso il declino. Trovo che questa strada sia assai ardua e rischiosa, ma inevitabile. Tre considerazioni finali, non conclusive peraltro. Prima. Penso che occorra una forte motivazione politica , ma anche etica, per una campagna di ampio coinvolgimento popolare, dal quale siamo assai lontani. Come si può ambire alla rivendicazione di nuovi poteri che abbiano come cornice l’articolazione federale dello stato, pretendere di avviare una rivoluzione con una così generale assenza di interesse? Con una astensione dal voto che non risparmia neppure le forze che pretendono di intestarsi il malcontento? Seconda. Molti, ed io fra questi, hanno difficoltà a concepire l’abbandono della Costituzione della Repubblica Italiana proclamando una Repubblica Sarda di cui si ignora il fondamento e le garanzie democratiche. La Repubblica Italiana è nata nel nome della democrazia e della libertà emergendo dalla lotta antifascista e poggiando sul pensiero dei cattolici popolari, dei comunisti, dei socialisti e degli azionisti. Terza. L’Europa e l’Italia sono attraversate dai populismi, dai nazionalismi, dai tentativi di secessione. Alla crisi degli stati nazionali succederà lo sgretolamento nel nome dei comunitarismi? E chi può dimostrare che la soggettività statuale in crisi nella sua attuale configurazione funzionerebbe invece al meglio nella parcellizzazione? O non sarà più coerente con la stessa esigenza di tutelare la nostra soggettività prendere atto che lo stato così come è non si regge e che quindi occorre un nuovo patto federativo che conservi la tutela dei diritti della costituzione e ridisegni la ripartizione dei poteri? Con il che,smentendo le premesse, la mia opzione federalista è resa palese. *Vice presidente Fondazione Banco di Sardegna. Intervento temuto nel corso dell’Iniziativa organizzata da LAMAS, Fondazione Sardinia, Terra pace solidarietà, Art. 21 e della rivista on line www. sardegnasoprattutto.com. Lunedì 17 Marzo 15:30 alla Mediateca per la presentazione del libro di Pietrino Soddu Sardegna. Il tempo non aspetta tempo
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