L’arte sarda e la lezione di Adorno [di Maria Antonietta Mongiu]

L’Unione Sarda 30 dicembre 2021. La città in pillole.  In esordio un ringraziamento a Jonathan A. Antico che, in una lettera, precisa che fu Anouk Van De Velde, la fondatrice della galleria Duchamp che, è noto, ebbe diverse case e fasi. Due verità che non si smentiscono. Danno il destro, tuttavia, per evidenziare quanto siano state generative alcune donne che, tutt’altro che ancillari, già dagli anni Sessanta, sono protagoniste di fenomeni complessi.

Artiste, organizzatrici culturali, galleriste, critiche e storiche dell’arte, fino a ruoli e funzioni attuali che oltrepassano angustie localistiche. Gioco facile citare il Museo di Orani o il MAN di Nuoro, e il respiro diverso che i Musei statali della Sardegna hanno intrapreso. La sfida è tematizzare il Contemporaneo come focus di rifondazione. Non diversamente, affidare gli allestimenti a creativi per oltrepassare la percezione di negozio di utensili di molti musei e riconoscere che in Sardegna la vicenda del Contemporaneo dalle arti figurative al design, all’architettura, alla musica, al teatro, è fondante.

Si tratta di ribaltare paradigmi e indagare i percorsi che hanno affollato la scena artistica della Sardegna del Novecento. Negli anni si è prodotta un’imponente bibliografia. Banche, enti pubblici, e la stessa Regione, già dagli anni Cinquanta – si pensi all’acquisizione della Collezione Biasi esposta a Sassari nel 2008 – hanno acquistato centinaia di opere d’arte, finanziato studi e edizioni di lusso.

Ma ora è tempo di un Corpus del Contemporaneo della Sardegna. Il contenitore digitale doveva essere la Sardegna Digital Library con gli archivi documentali su protagonisti/e, loro opere e giorni. È noto come è finita: conculcata dal disconoscimento di obiettivi istituzionali e di una storia di comunità, altra da quella densa di irriducibili stigmi di minorità. Una storia generata da commistioni, non ultime, con le personalità che, nel secondo dopoguerra, affollarono l’Università di Cagliari.

Provenienti da ogni altrove in una terra che sembrava di frontiera, si meticciarono, entrando in dialettica con chi rielaborava il sostrato senza esserne schiacciato; lontani dall’attuale etnocentrismo. Oggi, fuggendo da ininfluenti dispute, si tratta di introdurre complesse capacità investigative e, insieme, aggregative per non scivolare nell’ossessione della verità perché l’arte, per dirla con Adorno, è “magia liberata dalla menzogna di essere verità”. Placido Cherchi, lo citava per sottrarsi dal prendere parte “per verità del non vero”. Appropriato pensiero. Anche ora.

Lascia un commento