L’antiamericanismo della sinistra italiana [di Pier Giorgio Testa]
L’abbiamo sempre potuto verificare, noi ventenni negli anni ’70; era così diffusamente proposto da caratterizzare in modo netto chi se ne faceva portavoce, per cui almeno fino a pochi anni fa, una dichiarazione antiamericana collocava il suo autore tra i comunisti e, siccome i comunisti appartenevano al partito egemone della sinistra, si realizzava la facile equazione, secondo cui essere antiamericano significava essere militante di sinistra. Tale posizione che ha riguardato all’incirca un cinquantennio del secondo dopoguerra si basava su tre caposaldi dottrinari e politici: la critica al Liberismo economico, l’evidenziazione della grave ingiustizia sociale vissuta dal popolo americano e l’esistenza, allora molto contestata, di quello che veniva definito “imperialismo guerrafondaio” USA. Ed in effetti la pretesa libertà di manager e proprietari di aziende di decidere sui propri dipendenti, allora in auge negli USA, soprattutto nell’ impresa privata, essendo l’occupazione nei servizi pubblici abbastanza ridotta, perché sono pochi i servizi pubblici, lasciava i lavoratori privi di difese e di diritti e sempre facilmente licenziabili. La mancanza, allora come adesso, di una Medicina gratuita, per esempio, contribuiva di molto a mantenere snello l’impegno dello Stato nel settore pubblico. Riguardo alle discriminazioni sociali nessuno potrà negare quanto le disuguaglianze allora presenti negli USA fossero evidenti: nello stesso Stato… (Stato o consorzio d’interessi economici?) si potevano trovare molte persone tra le più ricche del mondo, in grado di condizionare, attraverso il loro potere economico, tutte le scelte politiche, anche quella di dichiarare una guerra e, al contrario, persone fra le più povere al mondo: prive di diritti, marginalizzate e prevalenti tra il novero dei condannati a quella che spinge gli USA fino ai vertici mondiali: la pena di morte. Sul cosiddetto imperialismo guerrafondaio di allora, c’era molta materia, se risulta che solamente dalla fine della II Guerra Mondiale, gli USA sono entrati in guerra con Filippine, Corea del Sud, Guatemala, Vietnam, Haiti, Repubblica Dominicana, Afghanistan, Panama, Iraq, Bosnia, Kossovo, Yemen, Siria: fu soprattutto la guerra in Vietnam a giustificare l’accusa di essere una Nazione imperialista e guerrafondaia rivolta agli USA, attraverso slogan urlati in manifestazioni della sinistra di tutto il mondo. Con la caduta del Muro questi tre macigni, che nelle analisi della sinistra nostrana, pesavano sulla politica USA, sono si direbbe, improvvisamente scomparsi: c’è da temere che, con la resa del 1989 l’Unione Sovietica avesse smesso di diffondere la propria propaganda antiamericana e che quindi, la sinistra non avesse più da proporre gli slogan di altri, piuttosto che un’attenta analisi sociologica, come quella proposta da molti intellettuali di spicco e che sembrava pescare direttamente dagli scritti di Marx. Peggiore figura farebbe la sinistra se si scoprisse che con la caduta dell’URSS fossero venuti meno non solo gli slogan, ma anche i robusti finanziamenti per le sfide elettorali che avrebbero finalmente portato il PCI a governare. Ancora peggio se fosse vera l’ipotesi secondo cui, con il crollo del corrotto centrosinistra, il PCI si poteva finalmente candidare a governare l’Italia, grazie al placet USA, subordinato, però, alla rinuncia, per quel partito, dell’aborrito aggettivo “comunista”. Altrimenti ci resta da credere che gli USA non siano più quelli di prima e che la sinistra lo abbia capito; quindi per la nostra sinistra è vero che il capitalismo permetterà l’arricchimento delle classi sociali più povere, che la deregulation, permettendo maggiori profitti anche attraverso lo sfruttamento di persone e dell’ambiente, sarà comunque un bene anche per chi di profitti non ne fa e che l’espressione imperialismo guerrafondaio può essere più correttamente trasformata in “esportazione della democrazia”. Beh allora è possibile spiegarsi l’idillio di Renzi con Obama, che aveva preceduto il tentativo di stravolgere la nostra Costituzione, fino ad allora la più bella o Formigli che, nel corso di una sua trasmissione, aveva dichiarato gli USA “la più grande democrazia del mondo” o qualcosa del genere. |