Il significato della memoria ritrovata [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione Sarda 27 gennaio 2022. La città in pillole-Per J. L. Borges la storia è “misterioso gioco di scacchi [..] la cui scacchiera e i cui pezzi cambiano come in un sogno”. Forse cercava di fugare i sospetti circa i suoi presunti silenzi sulla dittatura argentina. Complessità e intensità di quei versi consentono, nella Giornata della Memoria, di tematizzare il labirintico alternarsi delle pratiche di recupero della memoria e della sua cancellazione. Procedimenti faticosi che interpellano singolo e collettività. Eventi privati e storici. Non vi è dubbio che le rimozioni fugano dalla coscienza quanto alla stessa pare inaccettabile e deprecabile. Si deve a Sigmund Freud l’inizio della formalizzazione dello scavo per riportare in luce quanto di insopportabile è auto occultato. La nuova disciplina fu messa in relazione, dallo stesso Freud, con l’archeologia che, da diversi decenni, a sua volta, veniva codificata. Perché per riportare a livello di coscienza la densità di qualsiasi rimosso, privato o collettivo, sono necessarie precise regole e una cassetta degli attrezzi, assai ben fornita. Non diversamente da quanto è necessario per la ricostruzione della memoria narrata da un oggetto che venga “scoperto” e dai metodi necessari per “portalo in luce”. Le due discipline hanno, più volte, messo in discussione i propri paradigmi, per non cadere in comportamenti più traumatici di quelli derivati dalle cancellazioni, parziali o totali, del vissuto personale e storico. Ma se la rimozione nel singolo è affar suo, ancorché gli effetti possano investire il profilo storico-sociale, come sosterrà Carl Gustav Jung, quella operata dai decisori politici, per le implicazioni che oltrepassano le individualità, è sempre devastante. Perché il nazifascismo, in tutte le variegate declinazioni, è la nullificazione del corpo dell’altro; la cancellazione della sua cultura materiale e immateriale; la rimozione delle sue geografie affettive, relazionali, storiche e antropologiche. Non ci sono attenuanti. Ancor meno per la rimozione degli effetti. Ecco perché la Giornata della Memoria, dacché istituita, corrisponde a collettive e democratiche sedute psicanalitiche o a uno scavo archeologico, pianificato e pubblico. Mai più damnatio memoriae che anche nella Roma antica colpiva con la cancellazione di nome, iconografia, opere. Non ci stupisca che, da oggi, nell’ex Regio Museo, che era porta d’accesso alla summa della memoria della Sardegna, la Rotonda d’ingresso si chiamerà Ianua Doro Levi. Segna un nuovo inizio della memoria ritrovata. |