Non è data la città senza la memoria anche dei misfatti [di Maria Antonietta Mongiu]

L’Union Sarda 20 gennaio 2022. La città in Pillole.  Che relazione c’è tra una città e la Giornata della Memoria? Nessuno la può ignorare dacché le Nazioni Unite decisero, il primo novembre 2005, che il 27 gennaio il mondo avrebbe commemorato l’Olocausto. Piace pensare che quest’anno le scuole possano farlo in presenza; possibilmente, ricordando Anna Frank il cui Diario è stato per molti la chiave per capire cosa significhi la libertà. Se questo è un uomo di Primo Levi e La banalità del male di Hannah Arendt, sono venuti dopo.

Una trilogia che con le Lettere di Antonio Gramsci dovrebbe essere oggetto di lettura in classe, perché non c’è memoria senza conoscenza. Se la scuola, con la trasmissione dei contenuti, è il fulcro dell’educazione alla cittadinanza e alla memoria della stessa, la città è, per antonomasia, il sacrario di quella collettiva e del suo continuo restauro. La città, dal primo apparire, è, infatti, tale per un’inesausta capacità di renovatio loci ovvero ripristino, recupero, conservazione e, naturalmente, manutenzione.

Non solo dell’edilizia quanto dei luoghi simbolici. Una solida storiografia francese, derivata dalle Annales, insiste sulla necessità di allargare la nozione di patrimonio culturale – monumenti, paesaggi, manufatti – e di interconnettere luoghi reali e simbolici a quelli della memoria. Compresa la “memoria senza testimoni”.

Ciò interpella anche Cagliari. Tre sardi, di diverse età e opposti orientamenti politici, ebbero contezza nel 1922 della dittatura che incombeva. Si chiamano Antonio Gramsci, Emilio Lussu, Francesco Cocco Ortu. Cagliari gli ha dedicato la toponomastica d’obbligo. Ma, richiamando gli storici francesi P. Nora e J. P. Vallat, non ne ricostruisce geografie e quanto la democrazia gli debba.

Questa, senza manutenzione della memoria, deperisce.  Che dire poi della damnatio memoriae su Doro Levi, cacciato da Cagliari con le Leggi razziali. Senza di lui non avremo luoghi diventati simbolici dell’archeologia sarda: la necropoli neolitica di Anghelu Ruju ad Alghero, scoperta nel 1904 da A. Taramelli; i bronzi nuragici di Bolotona; Serra Orrios a Dorgali; Cabu Abbas ad Olbia e di Monte a Telti; i pozzi sacri di Su Trabuccone, Sa testa, Milis a Golfo Aranci; le necropoli punico-romane ad Olbia; l’ipogeo di San Salvatore di Cabras; il ponte romano presso Oristano; l’Anfiteatro e il tempio di Via Malta a Cagliari, distrutto dopo la sua cacciata, avvenuta nel silenzio assordante. Sono certa che la Municipalità abbia già pensato ad un degno, ancorché tardivo, riconoscimento.

 

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