Cagliari, città profondissima e di lunga durata [di Maria Antonietta Mongiu]

L’Unione Sarda 11 maggio 2022. La città in Pillole. Ogni tanto bisogna fare il punto della storia dell’insediamento della città e della dimensione spaziale, a macchia di leopardo, dei suoi fulcri insediativi. Lo si è visto, inaspettatamente, nei filmati, dei vari corpi di polizia, nel lockdown; preziosa testimonianza dell’attuale forma urbis, summa delle precedenti.  È incontrovertibile che il territorio, ricompreso dal poleonimo Cagliari, sembri sovradimensionato rispetto all’intensità demografica.

L’analisi diacronica evidenzia, fin dal Neolitico antico – VI/V millennio a. C. – la non soluzione insediativa. Ciò interroga sulle caratteristiche di questa parte di Sardegna. Indiscusso il protagonismo dei colli di bianco calcare, origine del poleonimo Cagliari, con cavità naturali e artificiali, dovute queste all’attività di cava che ha perdurato oltre i Settanta del secolo sorso.

Grotte e ripari sotto roccia, hanno consentito qualità di vita, finanche nei ripetuti riusi, in cui sono state baricentriche le acque interne, oggi ridotte nella dimensione e nel ruolo. Sale e pescato da queste; bosco e suoi prodotti, di cui si è persa memoria, nei colli, hanno consentito accumulazione e, di conseguenza, la possibilità di produrre cultura materiale di prestigio; visibile, per queste fasi, nelle prime vetrine del Museo archeologico nazionale.

A datare dall’affermarsi dell’agricoltura, la complessità dei cospicui insediamenti capannicoli, specie a corona del Molentargius e di Santa Gilla, fa intendere che, come in altri luoghi del levante Mediterraneo e del Vicino Oriente Antico, ma anche nella restante area urbana, si mischiano habitat trogloditi e villaggi di capanne; raccolta, caccia, agricoltura, allevamento, e pesca. Un’economia mista e mezzi di produzione sempre più sofisticati con geografie connotate da lagune e rii. Esiti e profili del processo, sono restituiti dalle culture del Neolitico recente e dell’Eneolitico.

A questa si annette la Cultura di Monte Claro, dall’omonima collina; tra le più stratificate della città. Un laboratorio per gli studenti del Pacinotti che lo abitano. Antonio Taramelli, arrivato in Sardegna nel primo Novecento, rinnovando metodi di scavo e interpretazioni, vi scavò una necropoli ad inumazione con suntuosi corredi, rinvenuti, in seguito, anche in altre contrade dell’isola.

Da allora fu chiaro che ogni cultura, si prospettava come un patrimonio insulare. Si possono registrare paesaggi differenti ma denominatori comuni. Si chiama Sardegna ovvero irriducibile coesione tra i territori.

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