La Sardegna che cambia la Costituzione [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione Sarda 30 giugno 2022. La città in pillole. 2Accadono cose sotto il cielo di Sardegna. Spesso apocalittiche e, come è nel significato della parola, rivelatrici. Per palesarle compiutamente, è meglio richiamare, ancora una volta, Dante del XXII Canto dell’Inferno con gli irraggiungibili, per poca etica, Michele Zanche e frate Gomita: “quel di Gallura, vasel d’ogne froda”. Colui che ricevette mazzette dai nemici del suo signore, per liberali senza processo. Dante aggiunge che fu un sommo barattiere anche nelle altre faccende: “e ne li altri offici anche/ barattier fu non picciol, ma sovrano”. Si premura di far dire a Ciampòlo di Navarra, compagno dei sardi nella dannazione, che il gallurese proveniva non dall’Italia ma da un luogo vicino. Michele Zanche e frate Gomita sono campioni esemplari di ogni logorroica retorica che, come ognuno sa, nullifica l’oggetto che declama. Blaterano, senza tregua e all’infinito, di Sardegna per meglio tradirla:” a dir di Sardigna le lingue lor non si sentono stanche”. Non percepiscono la tragedia personale e, soprattutto, quella della terra che dicono di amare e che svendono. Si autostordiscono con le parole. Pur essendo barattieri, persone che occupano un ruolo pubblico come fosse un luogo privato, sembra che vogliano convincersi e convincere che fanno il bene collettivo. Come avesse fatto Dante a percepire un’attitudine, quasi resiliente, di certa classe dirigente della Sardegna, stupisce non poco ed interpella chiunque abbia come oggetto di studio l’isola. Secoli dopo Dante, Sigismondo Arquer descrisse la tendenza di parte della classe dirigente, sua contemporanea, laica e religiosa, a stare nella superficie o meglio sull’uscio del latino.Il tanto per farsi gli affari propri, scrive. Si potrebbe continuare, inanellando citazioni, spigolando qua e là tra i tanti che non hanno tradito l’etica pubblica. Ad oggi manca un’indagine sulla mentalità delle classi dirigenti che si sono succedute in Sardegna. Su chi siano, su come siano state selezionate e formate. Ciò per le tante genealogie passate. Sulle presenti, basta la cronaca. Che si parli di istruzione, sanità, trasporti. Per stare all’essenziale. Di converso, un’opinione pubblica consapevole, variegata e articolata, e un esercito di cittadini, senza etichette partitiche, che firma una proposta di legge e che porta dalla sua un’intera classe politica, cambiano la Costituzione. A prova che in Sardegna, ci sono competenze e dibattito pubblico. Tutt’altro che carsici. Ecco l’apocalisse che rivela la via d’uscita. |
Professoressa Móngiu, custu l’azis iscritu “a scanso di equivoci” pro distínghere pessones e responsabbilidades che a bois personalmente e de sa zente chi, siscura!, no ischindhe prus a inue iscúdere sa conca e in ite isperare pro rimediare a sos males mannos de sa Sardigna, at postu una frimma pro sa proposta “l’insularità in Costituzione”, ca est de cussiderare “barattata”?
O pro cudhos políticos chi “a dir di Sardigna le lingue lor non si sentono stanche” barattieri chi si prenant sa buca de peràulas e carchi àtera cosa de àteru “fuorché l’0nore” in su títulu?
A mie sos «barattieri» chi nos bendhent a istracu baratu, chentza los assemizare a Michele Zanche e a frate Gomita (e Deus ndhe campet chi che finant in s’Iferru: pregamus menzus de los connòschere in su Chelu!!!) mi parent, senza fare di ogni erba un fascio, ma própriu fatos a una sola fasche manna cun totu sos colores, sos políticos ‘sardos’ “aggiornati”.