Verdi sacro [di Franco Masala]
Discutere ancora se il Verdi della Messa da requiem sia religioso o no è questione ormai superata che porta direttamente a individuare la posizione del musicista che privilegia il rapporto tra l’uomo e la morte. Morte spesso terrifica come sottolinea il celebre Dies Irae attraverso un clangore che impegna timpani e grancassa, chiedendo ausilio ai fiati delle trombe, opportunamente collocate nella prima loggia del Teatro Lirico di Cagliari, quasi a fare da eco alla compagine sul palcoscenico. A questa esecuzione ci si riferisce infatti per salutare il ritorno della Messa, grandiosa partitura scritta per onorare Alessandro Manzoni, il sommo scrittore italiano dell’Ottocento ammiratissimo da Giuseppe Verdi. Si dipanano così i numeri canonici della liturgia con un alternarsi di pezzi solistici e d’insieme che vedono impegnati orchestra e coro (istruito da Giovanni Andreoli) in un crescendo emotivo. Il direttore americano John Axelrod ha governato la partitura mettendo in evidenza soprattutto i momenti più concitati pur concedendo spazio e cura alle parti più cantabili. È apparso riuscito anche l’equilibrio tra masse orchestrali e solisti mai sopraffatti. Il quartetto vocale è sembrato ben amalgamato con una punta di eccellenza per le due donne. Il soprano Marigona Qerkezy ha rivelato una voce potente e anche capace di mezzevoci di grande efficacia che ha trovato l’acme nel Libera me finale. Il mezzosoprano Anastasia Boldyreva ha sfoggiato un bel timbro quasi contraltile, distinguendosi nel Recordare con la collega. Il tenore Davide Giusti ha una voce robusta che dall’iniziale Kyrie è sfociato nell’Ingemisco con una baldanza un po’ troppo sbilanciata sul versante operistico mentre il basso Rafal Siwek ha dato un buon apporto all’impegnativa parte di basso. Successo decisamente caloroso per un pubblico ancora una volta non numerosissimo che ha applaudito orchestra, coro e solisti in ugual misura. |