Launeddas, Händel & Co. [di Franco Masala]
Il passaggio dalle launeddas a Georg Friedrich Händel appare meno bizzarro dell’immaginabile quando si guardi alla rassegna La musa Euterpe nei luoghi della memoria ritrovata, organizzata dal Museo Archeologico Nazionale di Cagliari e in corso fino a tutto il mese di ottobre. È capitato, infatti, che nello stesso pomeriggio si siano potuti seguire la conferenza dal tema Launeddas, storia del nome e degli usi sociali e poi il recital di canto Dolce Fiamma, rispettivamente nell’ex Regio Museo e nel Museo Archeologico, assecondando il filo rosso della musica. Nella prima occasione il glottologo Giulio Paulis, partendo dal notissimo bronzetto raffigurante il Suonatore da Ittiri, ha affrontato gli aspetti tecnici e linguistici dello strumento aerofono, confrontandolo con esempi diffusi dall’Egitto antico agli odierni stati dell’Africa settentrionale. Il tutto completato dalle riflessioni dell’antropologa Susanna Paulis che ha sottolineato l’importanza sociale, economica, pubblica delle launeddas, particolarmente presenti in tutto il Campidano fin da tempi non recenti. Il concerto vocale ha visto invece il debutto cagliaritano del sopranista Federico Fiorio, nato a Verona ma residente nel Cagliaritano da qualche tempo. Accompagnato dal clavicembalo di Walter Agus ha eseguito alcune arie del canto barocco nel quale è specializzato, incantando con una vocalità sicura ed incisiva. Basti ricordare la “messa di voce” sull’attacco di “Ombra mai fu” di Händel o le fioriture nei “da capo”, sempre espressive e mai meccaniche, fino alla straordinaria aria del Piacere da Il trionfo del tempo e del disinganno, ancora di Händel (del 1707, che avrà tre anni più tardi un “travestimento” nell’aria del Rinaldo con i versi differenti di “Lascia ch’io pianga”). Un tuffo attesissimo in un repertorio a Cagliari mai considerato tanto che l’unico ricordo è, nel 1985, un allestimento della Rodelinda händeliana, peraltro in una improbabile edizione priva di ogni requisito filologico. La voce angelica del sopranista rivela un timbro dolce che si traduce in un canto estremamente delicato ma capace anche di prove di forza come ha dimostrato nell’aria di furore, sempre händeliana, “Crude furie degli orridi abissi”. Fiorio appartiene alla nuova generazione di interpreti storicamente informati capaci di grandi prodezze vocali non disgiunte da soavità. A quando un’opera intera? *foto di Luca Murgia © |