Quella cosa lì [di Marcello Fois]
Il Fatto Quotidiano 31/03/2014. E poi ci sarebbe da dire quella cosa. Sì insomma quella cosa lì. Quella che non piace dire a nessuno perché viviamo tempi in cui ogni faccenda ineluttabile è solo passeggera. Per questo ogni volta che viene in mente quella cosa uno dice: Passerà! E lo dice un po’ perché oramai ne è convinto, un po’ perché se ne vuole convincere, che poi è proprio lo stesso. Io per esempio adesso dovrei dire quella cosa lì a Riccardo, mio figlio, perché se la dicessi, se la pronunciassi potrei risparmiare un sacco di giri di parole. Direi quello e basta non certo tutto il resto che mi viene in mente pur di non dirlo. Ok, facciamoci un bell’esame di coscienza: quanti anni sono che, piano piano, cediamo su faccende ritenuti irrinunciabili? Venti? Venticinque? Mah, comunque dire quella cosa lì significa ammettere che ci hanno fregato. Insomma io ora devo parlare con mio figlio che ha quattordici anni e un’idea della vita che ha a che fare con la certezza che suo padre, cioè io, è una sicurezza assoluta contro ogni rovescio, contro ogni difficoltà. E che sua madre, cioè mia moglie, è una delle donne più fortunate del mondo perché ha me come marito. A differenza della sorella, cioè la mia secondogenita, lui pare non percepire il cambiamento di stile della nostra famiglia, ma questo può dipendere dal fatto che Riccardo, così si chiama mio figlio, l’ho già detto?, è sempre stato, come dire, un po’ spartano. Cioè uno di quelli che portano tutto l’anno lo stesso paio di calzoni, la stessa maglietta, le stesse scarpe. Anche se ha due cellulari, un tablet, un piccì. Cose che, dal suo punto di vista, nemmeno si comprano, ma crescono spontaneamente in casa. Fanno parte della sua vita e del suo corpo come i brufoli, i capelli unti e tutto l’armamentario esistenziale di quell’età terribile che lo attraversa o lo investe, fate voi. Sua sorella no, Lavinia come tutte le donne ha una marcia in più. Lei è donna, perfetta in tutto, un essere votato alla continuazione della specie. A lei non credo proprio sia necessario dire quella cosa lì. Perché lei ha già capito benissimo che la mamma, cioè mia moglie, ha smesso di fare i massaggi un volta al mese, o di rinnovare periodicamente la tinta dal parrucchiere o di andare a fare la ceretta dall’estetista. Da qualche tempo tutte quelle operazioni, tranne i massaggi, si fanno in casa, anche se per amor di battuta, mia moglie dice che non sarebbero affatto necessarie visto che non usciamo più. Riccardo nemmeno se n’è accorto che non usciamo più. Insomma è anche per questo che a lui quella cosa lì è talmente difficile da dire. Lui, per aggiungerne una, non ha mai chiesto niente. A proposito del filippino per esempio. Per quanto lui possa saperne, Bong, così si chiamava il filippino, continua a venire a casa ogni lunedì, mercoledì e venerdì. E invece no. Ora è possibile che questo dipenda dal fatto che mia moglie a suo tempo gli aveva detto che era del tutto inutile mettere in ordine la camera di Riccardo, che tanto Riccardo viveva come lo scienziato de La Mosca, quando comincia a diventare mosca, e cioè in una specie di tana con tutte le sue cose ammucchiate, a tal punto che proprio perché non sa nemmeno che cosa ha da mettersi, indossa sempre le stesse due, tre magliette e pantaloni finché l’ennesima centrifuga non le sfalda, e qualche volta le mette persino sfaldate. Insomma il filippino sono quattro mesi che l’abbiamo licenziato. E una cena fuori non la facciamo da una vita. Uff, Riccardo, che non si capisce nemmeno in quale famiglia sia nato, visto che noi siamo sempre stati due genitori a posto, ben messi, dignitosi, con un’idea del decoro estremamente precisa. E questo suo essere un incrocio tra un homeless, quindi un barbone, e un nerd della Silicon Valley, quindi uno sfigato, rende ancora più paradossale che sia così difficile dirgli quello che devo dirgli. E sarebbe dire quella cosa lì. I suoi occhiali per esempio: quanto cavolo costano un paio di occhiali? Plastica e vetro dico io. E questo cristiano che più costano gli occhiali e più mi diventa miope! Per cui l’altro giorno si presenta come se fosse appena uscito dal cassonetto della spazzatura e bel bello mi dice che fanno un’operazione che elimina la miopia, che due suoi compagni di scuola l’hanno fatta, che costa, tre, quattromila euro. “Tre, quattromila euro” come se la differenza fra le due cifre fosse zero tondo. Io chiedo che ci fosse che non andava negli occhiali e lui fa di spalle rispondendo che nulla, ma che in ogni caso per tre, quattromila euro l’operazione conveniva. In quel caso Lavinia, la luce dei miei occhi, interviene per dire che l’occhiale è diventato talmente must, talmente status symbol che li portano anche quelli che non ne hanno bisogno, e lui, cioè il fratello, quindi mio figlio, vorrebbe eliminarli definitivamente? Chi ha pane non ha denti commenta. E questa cosa dei denti fa venire in mente a mia moglie che avevamo dato la caparra per l’apparecchio, ma che forse sarebbe il caso di chiamare per disdire. Infatti chiamo per disdire e a lui, a Riccardo, si illumina lo sguardo e come se mi stesse chiedendo che cosa ha fatto il Milan, o l’Inter, mi domanda se per caso ho perso il lavoro. No, quello no per fortuna. Chissà se fortuna è la parola giusta considerato che con lo stesso lavoro con cui fino a qualche tempo fa campavo una famiglia oggi stento ad arrivare a fine mese. Questa riflessione Riccardo non la coglie proprio a lui le cose bisogna proprio dirgliele. Comunque alla notizia che no, il lavoro non l’ho perso, ha una reazione moderatamente entusiastica delle sue. E anche un gesto di sollievo. Infatti si era dimenticato di passarci una circolare del suo liceo in cui di avverte che la gita scolastica a Barcellona della classe costerà solo seicento euro ad alunno. Ora io chiedo: quanti hanno aderito? E lui risponde quasi tutti tranne quello sfigato di Corradi e la figlia di Siniscalchi. Il papà di Corradi è un ottimo avvocato dico io, e Siniscalchi lavora da una vita alla USL. Riccardo fa di spalle, dice che a scuola dicono che tirano la carretta. E quindi? Incalzo io. E quindi? Ripete Riccardo.
Non hanno perso il lavoro, ma vivono un momento di difficoltà ed è proprio di questo che volevo parlarti proprio a proposito della gita scolastica. Aspetto perché voglio con tutto me stesso che capisca che non ce la possiamo permettere. E lì Lavinia interviene: Riccà non ci puoi andare in gita, siamo diventati POVERI. Silenzio, Riccardo guarda la sorella e poi guarda la mamma e poi, solo alla fine, guarda me. Eh sì, confermo, ma tentando il minimo di enfasi possibile, siamo diventati quella cosa lì. |
Ho conosciuto Marcello Fois il 13 di Ottobre 2018 al Search, a Cagliari, alla presentazione del libro” L’infinito non finire “. Sono rimasto fortemente colpito, oltre che per le sue poesie (magistralmente lette da Valentino Mannias), anche dai suoi commenti sulla memoria storica che noi sardi, ma in generale gli italiani, sembra abbiamo perso, riferita in particolare al nostro recente passato di emigrati. Oggi, 14Ottobre, cioè il giorno successivo all’incontro con Marcello, ho letto, cercando altre informazioni sulla sua persona, questo articolo (“Quella cosa lì”) del 2014: trovo sia bellissimo nella sostanza e magistrale nella forma.