Percezione e rappresentazione dei rischi da incendio boschivo. Valutazione delle pratiche locali sostenibili di prevenzione in un contesto mediterraneo (2) [di Benedetto Meloni e Antonello Podda]

Abstract: I rischi ambientali possono essere analizzati (e gestiti) con maggiore efficacia all’interno di specifici contesti territoriali per aree socioeconomiche omogenee. Nel campo del rischio ambientale lo studio delle correlazioni contestualizzate consente di ragionare sui meccanismi sociali generativi, di individuare scenari di interazione tra fattori endogeni del sistema locale.

L’analisi del fenomeno incendi nella regione Sardegna dal 1951 al 2012, per regioni agrarie, mostra una correlazione elevata con comportamenti sociali poco attenti alle modalità di utilizzo delle risorse, legati a trasformazioni profonde e all’apparenza inarrestabili (addensamento urbano, insediamento costiero, abbandono agricolture collinari). La nostra ricerca ha posto al centro dell’attenzione il venir meno delle regole che governano un territorio. Più che macro-progetti tendenti a perfezionare l’apparato di lotta e di spegnimento viene alla luce che le soluzioni più durature e meno costose sono la prevenzione e le regole d’uso dei suoli utili.

La ricerca si pone inoltre l’obiettivo di verifica della percezione e dell’accettabilità sociale di alcuni strumenti di policy (interni al Piano Paesaggistico, Piano di Sviluppo Rurale, al Piano Antincendio) ai fini della creazione di forme di governance condivise, in riferimento al ruolo delle comunità locali, degli operatori agricoli e dei volontari della Protezione Civile.

4.Percezione, comportamenti e cause

La survey ha mirato ad acquisire informazioni sulla “percezione soggettiva del rischio”, a partire dagli elementi sovraesposti, ovvero superfici e numero, territori interessati, tipo di vegetazione (pascolabile o bosco), rurale, urbano, costiero, interfaccia.

Molte ricerche si pongono l’obiettivo di misurare lo scarto tra indicatori oggettivi calcolati con i numeri e rischio soggettivo e percepito, utilizzando questo scarto come metro di misura della percezione, individuando quindi il rischio oggettivo come variabile indipendente e le reazioni delle persone come variabile dipendente (Douglas, 1985).

Questo può essere un elemento utile ai fini della misurazione, ma non costituisce il focus di una ricerca finalizzata al progetto: abbiamo invece assunto che il rischio è una costruzione sociale, per cui esiste una relazione tra percezione e comportamenti contestualizzati (Hannigan 1995). Il concetto di rischio, infatti, si lega a quello di riflessività (Giddens, 1994), come capacità da parte degli individui, ma soprattutto delle popolazioni, di soppesare, valutare e riconoscere le circostanze.

Ciò che interessa, dunque, è prestare attenzione a come “la gente percepisce” e rappresenta il rischio incendi e assumere questa percezione e rappresentazione come “costruzione sociale”, come fatto sociale connotato territorialmente, ai fini delle azioni di prevenzione e di formazione e informazione, per la gestione del rischio e dei comportamenti attesi.

La ricerca ha indagato la percezione dei comportamenti sociali generatori degli incendi, le azioni dirette, dolose e colpose, che provocano incendi. Oltre ai fattori ambientali predisponenti (che influiscono sulle possibilità di accensione e agevolano la propagazione) esistono fattori determinanti, azioni umane necessarie per l’attivazione della combustione.

La percezione del rischio incendi focalizza che l’origine delle cause involontarie degli incendi è dovuta a una presenza umana diversificata, non solo pastorale e agricola, ma anche fatta di nuove presenze, quelle legate al tempo libero, al turismo, all’attività extra agricola, connesse con la scarsa educazione, scarsa attenzione, negligenza e disinformazione.

A titolo esemplificativo tra i vari indicatori di percezione emerge grande attenzione alla prevenzione a scala locale. È significativo che accanto ai Comuni e ai volontari, una percentuale significativa di intervistati individua negli abitanti e nei proprietari dei terreni un ruolo specifico di prevenzione (tabella 1).

Tab. 1- Chi dovrebbe realizzare le azioni preventive?
 

Stato

Regione

CFVA

Provincia Comune Enti pubblici Tutti

compresi  cittadini

Privati

proprietari

7,4 26,3 0,0 12,6 28,4 13,7 11,6

Lo strumento e il modo di intervenire specifico per la prevenzione è in prima istanza l’educazione, soprattutto scolastica, e l’informazione alla popolazione, a partire dall’infanzia (54%), seguito da controllo/vigilanza/pene certe (40%). Il ruolo delle comunità locali la loro responsabilità nel controllo delle condizioni di propagazione e messa in sicurezza dei centri abitati diventa perciò fondamentale.

Innanzitutto risulta centrale per gli intervistati il rapporto sinergico da stabilirsi tra comunità locali, Volontariato e Protezione Civile (72% di elevata condivisione, 18% abbastanza). Questo dato è seguito da un’alta attenzione che gli intervistati pongono sul ruolo dei comuni nelle campagne di informazione rivolte ai fruitori degli spazi rurali, del bosco in particolare, come i ragazzi delle scuole e i dipendenti comunali. 

4.1. Comportamenti attesi, pratiche locali e ruolo della comunità

Un approccio meramente tecnico alla prevenzione presenta in questo caso forti limiti perché in primo luogo si concentra esclusivamente sulle cause di ordine naturale/tecnico (siccità, vento, esposizione, etc…); ed esclude il fattore umano/sociale (come variabile indipendente) eccetto nel rilevare le colpe del singolo individuo; e perché considera il territorio come un tutt’uno indistinto, senza specificità che non siano quelle ambientali e geomorfologiche (Saba, 2004; Leone, Lovreglio, 2004).

Il miglioramento dell’apparato difensivo mira a far fronte a un comportamento emergenziale e deviante ma non influisce sulle azioni da porre nelle attività di prevenzione più direttamente connesse ai comportamenti sociali e alla gestione del territorio. Anche l’individuazione degli autori e l’individuazione delle cause dolose e colpose fornisce un’interpretazione utile per una strategia di tipo difensivo (in termini di repressione e dissuasione) ma non incide sui comportamenti futuri e non mette a fuoco le cause sociali interne ai sistemi locali e di contesto.

È necessario affrontare una via alternativa che porti alla riduzione del numero degli eventi attraverso un’accurata individuazione delle cause e dei comportamenti a livello locale e ad una maggiore gestione territoriale del rischio. L’impostazione di una efficace attività di prevenzione deve poggiare su un’approfondita conoscenza delle cause a scala locale per tentare di comprendere e incidere sui comportamenti generativi degli incendi.

Il rischio ambientale legato agli incendi riguarda le società, non le singole persone, in questo senso la questione si trasferisce dalla dimensione naturale delle cause e dai comportamenti dei singoli individui (dolo e colpa), alle implicazioni della relazione “uomo-ambiente” e quindi ai comportamenti dovuti alla carenza di pratiche e regole di governo di un territorio.

È necessario ridare un ruolo alle comunità locali e ai territori, ponendo al centro le regole dell’attuale presenza umana, compresa l’attività agricola, a partire da una serie di punti di forza e buone pratiche.

A titolo esemplificativo segnaliamo che, chiesto ad ogni intervistato di indicare una sola pratica da realizzare in ambito rurale e di interfaccia per prevenire gli incendi ne emerga una gerarchia di rilevanza delle rappresentazioni sociali utili ai fini delle azioni di prevenzione. La tabella 2 ne sintetizza i risultati e aggrega categorie congruenti le singole risposte, anche se non dà ragione della varietà delle risposte e delle indicazioni emerse dalla ricerca.

Tab. 2 – Può suggerire una pratica da realizzare in ambito rurale e rurale/urbano di interfaccia per prevenire gli incendi?
  %
Informazione e formazione degli abitanti 18,1
pulizia/ potatura 45,8
controllo/ responsabilizzazione 18,1
politiche di gestione delle aree e ripopolamento del territorio e aiuto agli operatori agricoli 15,3
abbruciamento selettivo 2,8

La prevenzione è vista sia dal punto di vista tecnico – pulizia/potatura 45,8% – sia in egual misura dal punto di vista sociale – informazione 18.1% e responsabilizzazione 18.1% – che dal punto di vista politico – gestione del territorio 15.3 %.

Inoltre è significativo che le azioni previste non facciano riferimento allo spegnimento e alla lotta attiva, ma alla prevenzione, non solo prima della stagione estiva (66%) ma costantemente durante tutto l’arco dell’anno (34%), attraverso la pulizia e il decespugliamento (43%), l’informazione e la sensibilizzazione (30%), al fine di migliorare la prevenzione e di salvaguardare l’ambiente partire da questo dato gli intervistati mostrano un buon grado di accettazione della necessità attuale di un nuovo ruolo delle comunità locali nel governo del territorio e anche nella prevenzione incendi (39% abbastanza e 33% molto).

Emerge soprattutto che (Tabella 3) le comunità locali dovrebbero promuovere nuove attività economiche compatibili, legate alla produzione del bosco (49% molto e 31% abbastanza) e favorire lo sviluppo del turismo naturalistico (51% molto e 25% abbastanza).

Tab. 3 – Ruolo delle comunità locali: è d’accordo con le seguenti affermazioni?
Per niente Poco Abbastanza Molto Nessuna risposta
Le comunità locali sono state progressivamente private di un ruolo nella prevenzione, controllo del territorio e primo intervento
15,4 18,0 37,6 14,5 14,5
Oggi è possibile individuare un nuovo ruolo delle comunità locali di governo del territorio anche nella prevenzione degli incendi
0,9 12,8 38,5 33,3 14,5
Occorre promuovere nuove attività economiche compatibili legate alle produzioni del bosco e della macchia
0,0 7,7 30,8 48,7 12,8
Bisogna promuovere il turismo naturalistico
0,9 11,1 24,8 51,3 12,0

4.2 Responsabilità dei volontari e ruolo degli agricoltori

A livello nazionale in alcune realtà, come nel Parco nazionale dell’Aspromonte, è stato applicato con successo il Contratto di Responsabilità (Perna, 2002). Esso prevede l’assegnazione e l’affido del territorio, diviso in lotti, a cooperative, associazioni, imprese sociali, con un contratto che incentiva la sorveglianza e la cura e premia chi riesce a preservare il territorio, in particolare quello boschivo. Lo strumento fa riferimento alla responsabilità perché gli oneri delle attività di vigilanza affidate ai privati (nel caso del parco ad associazioni di volontariato) vengono corrisposti solo se gli incendi non colpiscono oltre una certa percentuale del territorio affidato.

Ai fini della valutazione è stata proposta la possibilità di estendere le funzioni di presidio, cura e manutenzione, svolte dalle Associazioni di Volontariato che operano a livello di lotta attiva. La maggiore accettazione (tabella 4) si manifesta nei confronti delle funzioni già oggi svolte, in particolare le funzioni di avvistamento 81% e le funzioni di spegnimento 80%. Esiste, tuttavia, una buona condivisione anche di altri elementi caratterizzanti il Contratto di Responsabilità: le funzioni di presidio per 24 ore al giorno (69%), la manutenzione preventiva (68%), l’assegnazione puntuale per singole aree e per squadre (64%) e le funzioni di manutenzione post-incendio (63%).

Tab. 4 – Contratto di responsabilità. Elementi condivisi
  Per niente Poco Abbastanza Molto Nessuna risposta
Assegnazione puntuale delle aree
6,0 8,6 37,6 26,5 21,4
Funzioni di manutenzione preventiva
6,0 8,6 35,0 33,3 17,1
Funzioni di presidio h24
5,1 8,6 35,9 33,3 17,1
Funzioni di avvistamento
3,4 7,7 29,1 51,3 8,6
Funzioni di spegnimento
0,9 4,3 24,8 56,4 13,7
Funzioni di manutenzione post incendio
7,7 11,1 24,8 38,5 18,0

Gran parte degli intervistati (55%) inoltre esprime parere favorevole al coinvolgimento diretto delle aziende agricole e pastorali nelle funzioni di prevenzione degli incendi. Forme d’occupazione direttamente legate alla difesa del territorio sono previste anche nelle politiche europee e nella normativa nazionale (Legge n. 228 del 2001), attraverso l’affidamento alle imprese agricole di attività in materia di tutela dell’ambiente e manutenzione del territorio comunale. Le pubbliche amministrazioni possono, su questa base, stipulare convenzioni con gli imprenditori agricoli.

Emerge pertanto una indicazione di accettazione nel coinvolgimento più strutturato delle Associazioni di Protezione Civile, tramite il Contratto di Responsabilità, e sul ruolo delle aziende agricole, tramite forme convenzione di vario tipo con i Comuni o la Protezione civile. Ciò rimanda al ruolo dei territori e a modalità di coinvolgimento diretto degli attori locali nella gestione del rischio incendi, perché in grado di garantire una presenza costante e capillare.

5.La gestione territoriale del rischio e le policy

Poco sopra abbiamo sostenuto che è necessario ridare un ruolo alle comunità locali e ai territori, ponendo al centro le regole dell’attuale presenza umana, compresa l’attività agricola. Tutto ciò rimanda non tanto a petizioni di principio o a una mitizzazione del ruolo dei territori e delle comunità locali quanto ad attività di policy specifiche, che adeguatamente integrate da forme di governance potrebbero avere un ruolo specifico nella gestione del rischio incendi.

In questa ricerca sono stati individuati una serie di atti regolativi della Pubblica Amministrazione, di politiche di indirizzo, di piani di sviluppo, che declinano prescrizioni o azioni finanziabili e/o attuabili in relazione al rischio incendi, in particolare il Piano di Sviluppo Rurale 2007-2003, le misure di Condizionalità e il Piano Paesaggistico.

I risultati empirici della ricerca, attraverso numerosi indicatori, confermano una forte accettabilità sociale delle azioni previste dalle policy sopraindicate. Proponiamo, più che i risultati quantitativi relativi ai singoli indicatori, una declinazione di singole policy, focalizzando il loro ruolo nella prevenzione del rischio incendi.

In primo luogo, possiamo menzionare la condizionalità. A partire dagli anni ‘90, la crisi del modello di sviluppo agricolo settoriale si accompagna all’emergere e al consolidarsi di politiche che assumono la centralità dei territori rurali nella loro dimensione ampia, ovvero attraverso la valorizzazione delle specifiche potenzialità-risorse (umane, fisiche, ambientali ecc). L’agricoltura, da settore solamente produttivo, fornitore di materie prime e rivolto a soddisfare i bisogni in campo alimentare, diventa anche – e più strategicamente – lo strumento principale per disegnare un modello di sviluppo rurale e territoriale.

Questi obiettivi generali sono declinati anche tramite l’applicazione del principio della condizionalità, che può rappresentare una nuova possibilità di regolazione delle risorse agricole e ambientali. La politica attuale dell’Unione Europea, infatti, stimola chi opera sul territorio a preservare e gestire il territorio stesso e le risorse ambientali e paesaggistiche che ne fanno parte.

Il principale incentivo per l’introduzione di regole è condizionato al sostegno erogato alle aziende non più esclusivamente alla produzione di beni agricoli, ma alla produzione di una serie di servizi sul territorio: la custodia e la gestione ambientale e paesaggistica, il rispetto di standard agroalimentari, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio ambientale e della regione (Podda, 2010).

La componente verde, il così detto greening sarà la vera novità della Pac 2014-2020, ossia una nuova forma di pagamenti diretti, i “pagamenti all’agricoltura verde” o componente “ecologica”. Le pratiche agricole che dovrebbero ricevere maggior sostegno riguardano la copertura vegetale; la diversificazione produttiva (rotazione delle colture); i pascoli e prati permanenti; il set aside ecologico e l’agricoltura biologica. Tutte pratiche che si sposano con l’identificazione di un nuovo ruolo per gli operatori agricoli, che preveda un impegno diretto nella cura ambientale e che perciò potrebbe unirsi agli incentivi per la cura del territorio nell’ottica della prevenzione antincendio.

Il secondo luogo dobbiamo menzionare il PSR. Nel PSR 2007-2013 troviamo l’Asse II “Miglioramento dell’ambiente e dello spazio rurale” che predispone, almeno a livello programmatorio, le linee di intervento generali nella lotta contro gli incendi. Gli interventi dell’Asse 2 concorrono, nel loro insieme all’obiettivo generale di “valorizzare l’ambiente e lo spazio naturale sostenendo la gestione del territorio”.

L’obiettivo prioritario della tutela del territorio viene declinato, nell’ambito del PSR, in tre obiettivi specifici: promuovere la permanenza di attività agricole sostenibili nelle aree svantaggiate; tutelare gli elementi caratteristici del paesaggio rurale; promuovere sistemi agricoli e forestali finalizzati alla tutela della risorsa suolo, contrastando in particolare i fenomeni di erosione e di desertificazione. All’interno di questo asse esistono alcune misure (225, 226 e 227) che promuovono l’utilizzo sostenibile delle superfici forestali.

Un ulteriore strumento da utilizzare è il PPR. Anche il piano paesaggistico prevede per la Sardegna interventi di tipo regolativo per aree seminaturali, aree a utilizzo agroforestale, aree caratterizzate da insediamenti storici, reti ed elementi connettivi, edificato rurale sparso, centri storici rurali, insediamenti e spazi periurbani.

Sia il PPR che il PSR pongono enfatizzano il ruolo delle comunità rurali nella salvaguardia e nella prevenzione del territorio, e perciò sulle conseguenze positive che l’antropizzazione può avere in alcune aree per quanto riguarda la gestione sostenibile del territorio e la lotta verso tutte le forme di dissesto a cui esso può venire incontro, compreso gli incendi.

Il fenomeno incendi riguarda sicuramente la regolazione del paesaggio, le strutture abitativa e residenziali dei contesti coinvolti; ma per comprenderne le cause dobbiamo guardare anche alla struttura e al sistema economico-produttiva del territorio, e in primo luogo al primo settore (agricoltura e allevamento) e all’impatto che questo comparto ha sia sulla gestione dell’ambiente, che sulla popolazione che vive da quella risorsa produttiva. In questo contesto, il ruolo dell’agricoltura è molto più ampio rispetto alla sola funzione produttiva: produce paesaggio, sostiene la biodiversità, contribuisce alla difesa del suolo.

Nel caso da noi trattato, quello degli incendi, tali strumenti dovrebbero prevedere la capacità di adattarsi ai contesti, e questo potrebbe avvenire esclusivamente tramite politiche territoriali integrate, politiche di governance multilivello che, a partire dal territorio e in un ottica di integrazione, arrivino a comprendere tutti i soggetti implicati (la popolazione e gli operatori agricoli che operano nel territorio), gli enti amministrativi (il comune, la provincia, la regione) e gli altri attori ed enti pubblici (la Guardia forestale, l’Ente Foreste, le compagnie barracellari, la Protezione Civile): tutti attori che vengono, anche se con ruoli diversi, fortemente chiamati in causa nella prevenzione e la gestione del rischio incendi.(fine).

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