La grande bellezza di Palabanda [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione sarda 2/04/2014- (La città in pillole – I patrioti congiurarono per strappare pane e dignità alla corte). Chissà se percepivano la bellezza del paesaggio archeologico i patrioti che nel 1812 a Palabanda, congiuravano per strappare pane e dignità a cortigiani e intermediari e alla famelica corte. A monte l’anfiteatro che Vittorio Angius nel 1833 definirà “preziosa anticaglia [..] nel seno della valletta di Palabanda tra il convento dei cappuccini e lo spalto della cittadella”. Cavità e cisterne nel Convento e ambienti intonacati e mosaicati e sfingi nell’Orto Botanico, “covo” dei patrioti. A qualche metro, nel campo Viale e nel giardino Millo, il complesso che la mitopoietica chiamò Villa di Tigellio. In realtà domus signorili, soprattutto del II-III sec., prossime al luogo da cui fu strappato, nel XVIII sec., il Mosaico di Orfeo portato a Torino nel 1762 ed esposto nel 2013 a Milano nella Mostra “Costantino 313 d. C.”. Mai in Sardegna. Giovanni Spano dopo il 1865 scavò la Casa degli Stucchi, con atrio a quattro colonne e stucchi dorati. Negli anni 1963-64 Gennaro Pesce ne individuò altre due e una piccola terma. La domus di maggior prestigio è detta del Tablino dipinto, per la ricchezza degli affreschi. La seconda prosegue sotto via Tigellio, inizialmente, distinta dalla Casa degli Stucchi che racconta anche riusi. Spano notò che, ormai in declino, fu abitata da “povera gente”. La cultura materiale degli scavi degli anni 1982-83 lo conferma come pure l’opera africana, tecnica edilizia perdurata nel medioevo in ristrutturazioni e differenti destinazioni. La presenza funeraria (Orto Botanico, Anfiteatro) narra le mutazioni urbanistiche quando, dal IV sec., la nuova ideologia religiosa elimina la cesura tra urbs e suburbio e le tombe “invadono” la città fino all’Editto napoleonico di Saint Cloud del 1804. I martiri di Palabanda pagarono per aver creduto che la rivoluzione riguardasse soprattutto i vivi.
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Il berretto frigio di Orfeo è commovente