Giganti gitanti [di Carlo A. Borghi]
Sardegna. Gli ormai celebri giganti nuragici di Monti Prama hanno messo il naso fuori dalla loro clinica di restauro e se ne sono andati in gita. Alcuni hanno raggiunto Cabras dove furono riesumati da sottoterra e rimessi in luce per un totale di 6000 pezzi e frammenti. Cabras è terra di mezzo, in Sardegna. Altri giganti hanno raggiunto Cagliari e la sua Cittadella dei Musei per sistemarsi nelle stanze della mostra L’Isola delle Torri, dedicata a Giovanni Lilliu. Cagliari (Karales) nella geografia isolana è il centro del cosiddetto Capo di Sotto. Sassari, dove i giganti sono stati ricoverati e restaurati, è il centro del cosiddetto Capo di Sopra. Tutta l’isola è ripiena di resti e torri della civiltà nuragica. I giganti lavati e stirati come per una cerimonia si sono divisi tra il Museo Civico di Cabras, affacciato sulla pescosa laguna e il Museo Nazionale di Cagliari affacciato a strapiombo sulla città bassa che corre verso il mare e gli stagni salinieri. Hanno scelto le giornate primaverili e benculturaliste del FAI per la gita fuori porta e fuori dalle mura del Centro di Restauro di Li Punti, borgata sassarese. Arcieri, pugilatori, lottatori e opliti tutti allenati al combattimento fin dalla loro nascita tra il IX e l’VIII secolo avanti Cristo. Si sono portati appresso i loro giocattoli preferiti: turriti modellini di nuraghe. Sono come plastici ante litteram, una rappresentazione apotropaica del nuraghe ideale nella città nuragica ideale. A Cabras e a Cagliari fanno la fila per vedere le mega statue dal vero e la loro versione in 3 o 4 D. Sono tutti giganti. Nessuna gigantessa. Quelli esposti a Cabras sono proprio tornati a casa, anche se 3000 anni fa una vera e propria abitazione non l’avevano. Tutta l’area dove si ergevano statuari era un santuario con necropoli. Mangeranno i prelibati muggini cabraresi, bottarga compresa. I giganti ospitati a Cagliari non sanno se e quando rivedranno la loro terra natale e le loro amiche palme di Monti Prama. Cabras è anche famosa per la bellezza delle sue donne. Intanto un geo-radar esplora il sottosuolo d’intorno alla collina dove furono ritrovati. Rileva presenza sepolta di altra arenaria in pezzi e blocchi. Altri giganti da riassemblare per ricostituire l’intero manipolo di quei sacri guardiani?! Le memorie dal sottosuolo sardo sono memorabilia nuragiche, megalitiche e imparentate con Dedalo. A Casteddu (Cagliari) i giganti mangeranno fritto misto del Golfo e gran premio di cavallo in salsa di olio, prezzemolo e aglio. Passata la festosa e gratuita domenica FAI si pagherà un biglietto di 5 euro per visionarli a tu per tu e cercare di fissarsi nei loro occhi spiraliformi, risolti in un tutt’uno con naso e bocca. Colpi da maestro scultore. In altezza superano i due metri. Sarebbero piaciuti a Costantin Brancusi e a modo loro sono adoratori della Colonna Infinita dello scultore rumeno. Sulle loro teste di pietra vola la Maiastra. I giganti ora aspettano visite con orario da museo. Giovanni Archeologo Lilliu sosteneva che tra di loro non c’era un capo tribù, così come si usava tra i bronzetti. Il Sardus Pater della civiltà dei Sardi quella volta si sbagliava. Il capotribù c’è e si chiama Urgurù. Urgurù è stato a tu per tu con me che sono arteologo. Dice: io Urgurù ho condotto i miei compagni quaggiù, partendo da lassù con tutti i nostri equipaggiamenti al seguito, perché c’è da lottare anche nei beni culturali e per dire a Francesco Pigliaru, nuovo governatore regionale, che io Urgurù capotribù lo chiamerò Pigliarù e se volete saperne di più chiedete a Battista e a Sisinnio i due braccianti cabraresi che ci hanno arati e dissodati nel campo che gli dava da campare e che era un terreno di proprietà della Confraternita del Rosario. Era il 1974, 40 anni fa, l’anno del treno Italicus. Ancora oggi in Sardegna, passano lenti i treni per Toser e per Terranova (Olbia), a vapore o tutt’al più a gasolio. Sardus Pater et Sarda Mater, semper. |