Ce lo chiede l’Europa [di Raffaele Deidda]

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Che cosa davvero ci chiede l’Europa? Al momento: “Agire, Reagire, Decidere”. E’ lo slogan per stimolare gli europei a votare il 22/25 maggio 2014 nei 27 paesi dell’UE. E’ più uno spot. Il Parlamento Europeo ed i singoli stati sono in campagna elettorale con un obiettivo: convincere gli europei che il Parlamento non è un organo burocratico ma ha il potere di cambiare le cose, di determinare le condizioni per un futuro migliore. Una forte astensione è però molto reale.

Questa volta è diverso”. E’ un altro slogan per il voto, gigantesca prova di democrazia, con 400 milioni di elettori di 28 Paesi per scegliere 751 eurodeputati. E’ diverso il contesto, per la crisi economica e per il divario tra paesi “virtuosi” e “non virtuosi”, per l’euroscetticismo emerso nei referendum di uscita dall’euro, per il tentativo di far ricadere sull’Europa le inefficienze dei politici degli stati membri. A fronte di un’Europa delle banche e della finanza che ha messo in disparte l’idea portante del bene comune, vero motivo ispiratore dei padri fondatori dell’UE.

Dal Trattato di Lisbona, alla fine del 2009, l’Europarlamento ha comunque assunto poteri nuovi in campo legislativo e di bilancio. La maggioranza delle leggi sono decise a livello europeo e il Parlamento ha gli stessi poteri di qualsiasi parlamento nazionale. E’ pertanto importante conoscere quali decisioni vengono prese e, soprattutto, come si può influire su tali decisioni. L’UE è entrata nella vita di tutti i giorni con direttive, fondi strutturali, programmi per la coesione sociale e territoriale, tutela dei consumatori. Alla domanda “Per quali motivi un cittadino europeo dovrebbe recarsi alle urne a fine maggio?” il portavoce dell’Assemblea UE, Jaume Duch, dice: “Perché l’UE ha una grande rilevanza per la vita di ogni giorno. E poi per le stesse motivazioni che valgono per le elezioni nazionali: perché è un diritto e una responsabilità di ogni cittadino prendere parte agli indirizzi politici che poi influiranno sul lavoro, sulla moneta, sulle pensioni, sulla salute pubblica”.

Per quanto riguarda l’Italia, il problema discende dalla complessa vita, sociale e politica, per le crescenti apprensioni di tanti cui vengono meno occasioni e presupposti per la ripresa nei più importanti settori produttivi. Può l’Europa aiutare a fugarle? E’ sufficiente dire che i Paesi europei sono interdipendenti e ciò che succede in uno ha ripercussioni sugli altri? E’ implicito in questa affermazione il concetto di solidarietà? E’ sufficiente avere rappresentanti al Parlamento Europeo per essere certi di non essere destinatari passivi di politiche calate dall’alto? Quali le pratiche di democrazia partecipativa che valorizzano il ruolo dei cittadini attivi? Queste le domande che attendono risposte chiare, specie stavolta che “è diverso”. Se le risposte sono attese dall’Italia, a maggior ragione dalle Regioni. Che fine ha fatto l’Europa delle Regioni mentre, almeno in Italia, sembra consolidarsi un nuovo centralismo statale? In tutta evidenza oggi c’è l’Europa degli Stati e siamo altresì di fronte ad una contrapposizione fra un’Europa federale e un’Europa delle Nazioni.

In particolare la Sardegna, a cui il Parlamento italiano nega il diritto a una circoscrizione che consentirebbe di eleggere propri rappresentanti, come potrà “prendere parte agli indirizzi politici che poi influiranno sul lavoro, sulla moneta, sulle pensioni, sulla salute pubblica”? A cosa serve il pannicello caldo della Direzione nazionale del Pd che candida l’ex presidente della Regione Renato Soru nella circoscrizione Sardegna-Sicilia dopo la capolista siciliana Chinnici, sapendo che la sua elezione è improbabile se non quasi impossibile? Si tratta di un tentativo del Pd nazionale di convincere i sardi che hanno voce in capitolo e rappresentanza. Al solo scopo di tentare di arginare il fenomeno delle urne disertate, in primis dai militanti Pd che manifestano rabbia e delusione.

Intanto l’Europa continuerà a chiederci qualcosa. Qualsiasi cosa. I sardi, con il proprio rappresentante siciliano, continueranno a dare. Come sempre, ieri come oggi

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