Dall’Estonia all’Azerbaigian: la strategia americana dopo l’Ucraina [di Conflittiestrategie]
Il problema fondamentale che l’Ucraina pone per la Russia, oltre a rappresentare una minaccia geografica nel lungo termine, è una crisi di legittimità interna. Il presidente russo Vladimir Putin ha trascorso i suoi anni al potere a ricostruire l’autorità dello Stato russo in Russia e l’autorità della Russia all’interno della ex Unione Sovietica. Gli eventi in Ucraina minano la seconda strategia e potenzialmente anche la prima. Se Putin non riesce a mantenere almeno la neutralità dell’Ucraina, la percezione che il mondo ha di lui come uno stratega professionista andrà in frantumi, e la legittimità e l’autorità che ha costruito per lo stato russo, nella migliore delle ipotesi, vacillerà. Qualunque sia l’origine degli eventi in Ucraina, ora gli Stati Uniti sono impegnati ad affrontare la Russia. I russi credono che gli Stati Uniti siano stati i principali fautori del cambio di regime in Ucraina. Come minimo, i russi vogliono invertire gli eventi in Ucraina. Al massimo, i russi hanno raggiunto la certezza che gli Stati Uniti vogliono minare il potere della Russia. E resisteranno. Gli Stati Uniti hanno la possibilità di rinunciare allo scontro, impegnandosi in futili sanzioni contro singoli individui e lasciando che gli eventi seguano il loro corso. In alternativa gli Stati Uniti possono scegliere di scendere in campo direttamente e andare allo scontro con i russi. La scelta di disimpegnarsi a questo punto potrebbe portare tutti i paesi della periferia russa, dall’Estonia all’Azerbaijan, alla conclusione che, con gli Stati Uniti in ritirata e un’Europa frammentata, essi devono raggiungere un accomodamento con la Russia. Ciò contribuirà ad accrescere il potere russo e a estendere la sfera l’influenza russa alla stessa penisola europea. Gli Stati Uniti hanno combattuto tre guerre (la Prima Guerra Mondiale , la Seconda Guerra Mondiale e la Guerra Fredda) per impedire una dominazione egemonica della regione. Rinunciare alla partita ora rappresenterebbe il rovesciamento di una strategia secolare . Il dilemma americano è come affrontare il contesto strategico in un quadro globale in cui gli Stati Uniti sono meno coinvolti nel Medio Oriente e stanno continuando a lavorare per un “pivot in Asia“. Né essi possono semplicemente permettersi che gli eventi facciano il loro corso. Gli Stati Uniti hanno bisogno di una strategia economica e coerente dal punto di vista militare, politico e finanziario. Hanno due vantaggi: primo, alcuni paesi della periferia della Russia non vogliono esserne dominati; secondo, a dispetto di alcuni punti di forza, la Russia è intrinsecamente debole e affrontarla non richiede sforzi dell’ordine di quelli che gli Stati Uniti hanno compiuto per le due guerre mondiali, la guerra fredda o anche solo il loro coinvolgimento in Medio Oriente negli ultimi dieci anni. Le posizioni russe e statunitensi. Ho discusso le opzioni russe sull’Ucraina la scorsa settimana. Putin è ora nella posizione in cui, per riuscire a mantenere con certezza la sua autorità interna, deve agire con decisione per invertire il risultato. Il problema è che non esiste una singola azione decisiva che potrebbe invertire gli eventi. Solo le divisioni intrinseche in Ucraina potrebbero invertire gli eventi. Tuttavia, un’invasione diretta dell’Ucraina orientale finirebbe col compattare l’opposizione di Kiev alla Russia e innescherebbe reazioni a livello internazionale che Putin non può prevedere. Alla fine, diventerebbe evidente che i russi, dopo aver detenuto una volta una posizione dominante in tutta l’Ucraina, si riducono a controllarne meno della metà. Nel lungo periodo questa opzione – così come le altre opzioni a breve termine – non risolverebbe il dilemma russo . Qualunque cosa Putin faccia in Ucraina, ha due alternative. La prima è semplicemente quella di accettare il capovolgimento di fronte, cosa che direi non può fare. La seconda è intervenire là dove potrebbe ottenere rapide vittorie diplomatiche e politiche contro l’Occidente – nei Paesi Baltici, in Moldavia o nel Caucaso – costringendo il governo dell’Ucraina al collasso e sviluppare relazioni bilaterali lungo la linea Estonia – Azerbaigian. Ciò ostacolerebbe una strategia americana di contenimento – una strategia che ha funzionato durante la Guerra Fredda ma che gli europei sono incapaci di attuare in proprio. Questo ci porta agli americani. Gli Stati Uniti hanno sviluppato, in maniera quasi per esclusione, una strategia non di disimpegno ma di impegno indiretto. Tra il 1989 e il 2008, la strategia americana predefinita è consistita nell’invio di truppe per affrontare le questioni estere. Da Panama alla Somalia, al Kosovo, all’Afghanistan e all’Iraq, gli Stati Uniti hanno condotto una politica che prevedeva il coinvolgimento diretto delle loro forze militari. Tuttavia, questa non è stata la strategia americana nel periodo 1914-1989. Allora la strategia era quella di fornire sostegno politico agli alleati, seguito da aiuti economici e militari, come l’invio di consiglieri e limitati contingenti militari, in alcuni casi a fare da forza di interposizione. Gli Stati Uniti hanno mantenuto le loro principali forze di riserva per i casi in cui (come nel 1917 e nel 1942 e, in misura minore, per la Corea e il Vietnam) gli alleati non potevano affrontare alla pari l’avversario. L’uso della forza militare era l’ultima risorsa. Questa è stata soprattutto una strategia di mantenimento dei rapporti di forza. Il contenimento dell’Unione Sovietica ha comportato la creazione di un sistema di alleanze comprendente paesi a rischio di attacco sovietico. Il contenimento rappresentava una strategia di equilibrio nei rapporti di forza che non cercava la capitolazione dell’Unione Sovietica ma piuttosto aumentava i rischi di un’azione offensiva usando i paesi alleati come prima barriera. La minaccia di un intervento diretto degli Stati Uniti, che includesse potenzialmente l’uso delle armi nucleari, insieme alla struttura dell’alleanza, costringeva i sovietici ad assumersi dei rischi. Poiché l’attuale Federazione Russa è molto più debole di quanto l’Unione Sovietica fosse al suo apice e poiché il principio geografico generale della regione rimane lo stesso, è probabile che una strategia analoga all’equilibrio dei rapporti di forza emerga dopo gli eventi in Ucraina. Analogamente alla politica di contenimento del 1945-1989, sempre in linea di principio, se non nei dettagli, tale strategia potrebbe combinare risparmio di forze e finanziamenti per limitare lo sviluppo della Russia come potenza egemone, esponendo gli Stati Uniti a un rischio limitato e controllato. Ho previsto lo sviluppo di questa strategia in due libri, Il prossimo decennio e I prossimi 100 anni, dove ho chiamato tale concetto Intermarium. L’Intermarium era un piano perseguito dopo la prima guerra mondiale dal leader polacco Jozef Pilsudski per una federazione dei paesi dell’Europa centrale e orientale, sotto l’egida della Polonia. Quello che oggi va emergendo non è proprio l’Intermarium, ma ci è vicino. E si sta ormai trasformando da una previsione astratta a una concreta realtà, seppure ancora in fase di costruzione. Forze che portano alla nascita dell’Alleanza. Un intervento militare diretto degli Stati Uniti in Ucraina è impossibile. In primo luogo, l’Ucraina è un grande paese, e la forza necessaria per proteggerlo supera le capacità statunitensi. In secondo luogo, fornire una tale forza richiederebbe un sistema logistico che non esiste e che avrebbe bisogno di tempi lunghi per la sua costruzione. Infine, tale intervento sarebbe inconcepibile senza un forte sistema di alleanze esteso a ovest del Mar Nero e intorno a esso. Gli Stati Uniti possono fornire sostegno economico e politico, ma l’Ucraina non può sostenere il confronto con la Russia e gli Stati Uniti non possono arrivare fino al punto di mettere in campo le proprie forze. L’Ucraina è un campo di battaglia in cui le forze russe sarebbero avvantaggiate e una sconfitta degli Stati Uniti diventerebbe possibile. Se gli Stati Uniti scelgono di affrontare la Russia anche militarmente, lo devono fare lungo un fronte ben definito e il più ampio possibile per costringere i russi a diradare le loro forze e diminuire la probabilità di attacco russo in qualsiasi punto per paura di ritorsioni altrove. Il meccanismo ideale per una tale strategia sarebbe la NATO, che contiene quasi tutti i paesi critici tranne l’Azerbaigian e la Georgia. Il problema è che la NATO non è un’alleanza funzionale. E ‘stata progettata per combattere la Guerra Fredda su una linea molto più a ovest di quella corrente. E cosa ben più importante, c’era un accordo unanime sul fatto che l’Unione Sovietica rappresentava una minaccia per l’esistenza stessa dell’Europa occidentale. Tale consenso oggi non esiste più. Paesi diversi hanno percezioni diverse della Russia e preoccupazioni diverse. Per molti, una nuova Guerra Fredda, anche di fronte a un intervento russo in Ucraina, sarebbe peggio di un accomodamento. Inoltre, la fine della guerra fredda ha portato ad un massiccio ritiro di forze armate dall’Europa. Semplicemente la NATO non dispose di forze sufficienti a meno che esse non vengano incrementate rapidamente e massicciamente. Questo non avverrà, tra le altre ragioni, anche a causa della crisi finanziaria. La NATO richiede l’unanimità per agire, e l’unanimità non c’è. I paesi che erano a rischio nel periodo 1945-1989 non sono gli stessi che sono a rischio oggi. Molti di questi paesi facevano parte ai tempi dell’Unione Sovietica, mentre altri erano stati satelliti sovietici. Il vecchio sistema di alleanze non è stato costruito per questo scenario. La linea Estonia-Azerbaigian ha come suo principale scopo il mantenimento della sovranità di fronte alla potenza russa. Il resto dell’Europa non è in pericolo, e i suoi paesi non sono disposti a sostenere sforzi finanziari e militari per un problema che credono possa essere gestito con pochi rischi per loro. Pertanto, qualsiasi strategia americana deve aggirare la NATO o perlomeno creare nuove strutture per organizzare la regione. Caratteristiche dell’Alleanza. Ciascuno dei vari paesi coinvolti è unico e tale deve essere considerato. Ma questi paesi condividono tutti il comune pericolo che gli eventi in Ucraina possano diffondersi e incidere direttamente sui loro interessi di sicurezza nazionale, compresa la stabilità interna. Come ho osservato, i Paesi Baltici, la Moldavia e il Caucaso sono aree dove i russi potrebbero cercare di compensare la loro sconfitta. Per questo motivo, e anche a causa della loro importanza intrinseca, Polonia, Romania e Azerbaijan devono essere i perni attorno ai quali costruire questa alleanza. Il promontorio Baltico, 145 km (90 miglia) da San Pietroburgo in Estonia, potrebbe essere un obiettivo per la destabilizzazione da parte dei russi. La Polonia confina con i Paesi Baltici ed è la figura di spicco nel gruppo di Visegrad, un’organizzazione interna all’Unione Europea. La Polonia è ansiosa di stringere rapporti militari più stretti con gli Stati Uniti, dal momento che la sua strategia nazionale è stata a lungo basata sull’appoggio di potenze straniere contro gli aggressori. La Polonia non può difendere ne se stessa ne i paesi baltici, date le forze militari necessarie per questo compito. Il fiume Dniester si trova a 80 chilometri da Odessa, il principale porto sul Mar Nero per l’Ucraina e uno dei più importanti per la Russia. Il fiume Prut si trova a 200 km circa da Bucarest, capitale della Romania. La Moldavia si trova tra questi due fiumi. Questa regione è un campo di battaglia, perlomeno a livello di fazioni politiche rivali. La Romania deve essere armata e sostenuta per proteggere la Moldavia e per organizzare il sud-est Europa. In mani occidentali, la Moldavia minaccia Odessa, porto principale dell’Ucraina sul Mar Nero utilizzato anche dalla Russia. In mano ai russi, la Moldavia minaccerebbe Bucarest. All’estremità della struttura dell’alleanza che sto immaginando sta l’Azerbaigian, sul Mar Caspio al confine con Russia e Iran. Nel caso in cui il Daghestan e la Cecenia diventassero instabili, l’Azerbaigian – che è islamico a maggioranza sciita ma laico – diventerebbe fondamentale per limitare la diffusione degli jihadisti nella regione. Inoltre l’Azerbaigian potrebbe sostenere le posizioni dell’alleanza sul Mar Nero attraverso il sostegno alla Georgia e fungere da ponte per le relazioni (e l’energia) nel caso in cui le relazioni tra i paesi occidentali e l’Iran continuassero a migliorare. A sud-ovest, l’Armenia fortemente filo-russa – dato che vede una presenza di truppe russe e ha un trattato a lungo termine con Mosca – potrebbe aggravare le sue tensioni con l’Azerbaigian nel Nagorno – Karabakh. In precedenza, questo problema non era tra i più urgenti per gli Stati Uniti. Ora lo è. La sicurezza della Georgia e dei suoi porti sul Mar Nero richiede l’inclusione dell’Azerbaigian nell’alleanza. L’Azerbaigian serve a uno scopo più strategico. La maggior parte dei paesi dell’alleanza sonopesanti importatori di energia dalla Russia; per esempio, il 91 per cento delle importazioni di energia della Polonia e l’86 per cento di quelle dell’Ungheria provengono dalla Russia. Non esiste una soluzione a breve termine per questo problema, ma la Russia ha bisogno dei proventi di tali esportazioni tanto quanto questi paesi hanno bisogno di energia. Lo sviluppo di shale gas europeo e l’importazione di energia dagli Stati Uniti è una soluzione a lungo termine. Una soluzione a medio termine, basata sullo sviluppo di un gasdotto che la Russia ha cercato di bloccare in passato, è quella di trasportare il gas naturale dall’Azerbaigian in Europa. Fino ad ora, si è trattato di un problema commerciale, ma ora è diventata una questione strategica fondamentale. La regione del Caspio, di cui l’Azerbaigian rappresenta l’asse centrale, è l’unica grande alternativa alla Russia per l’approvvigionamento energetico. Pertanto, la rapida espansione dei gasdotti fino al cuore dell’Europa è essenziale tanto quanto fornire l’Azerbaigian delle capacità militari di difendersi (capacità che è disposto a pagare e che, a differenza di altri paesi alleati, non richiedono un trattato scritto). La chiave per il gasdotto sarà la disponibilità della Turchia a consentirne il passaggio. Non ho incluso la Turchia come membro di questa alleanza. La sua politica interna, le sue complesse relazioni insieme alla sua pesante dipendenza energetica dalla Russia rendono difficile tale partecipazione. Considero la Turchia in questa struttura di alleanza come la Francia nella Guerra Fredda. E’ stato un paese allineato anche se indipendente, militarmente autosufficiente ma dipendende dall’effettivo funzionamento di altri. La Turchia, che sia all’interno o all’esterno della struttura formale dell’alleanza, gioca questo ruolo perché il futuro del Mar Nero, del Caucaso e dell’Europa sud-orientale è essenziale per Ankara. Questi paesi, per quanto siano diversi, condividono lo stesso desiderio di non essere dominati dai russi. Tale comunanza di interessi è la base per forgiarli in un’alleanza militare funzionale. Non si tratta di una forza offensiva, ma progettata per scoraggiare l’espansione russa. Tutti questi paesi hanno bisogno di moderni equipaggiamenti militari, in particolare di difesa aerea, anticarro e fanteria mobile. In ogni caso, la disponibilità da parte degli Stati Uniti di fornire queste armi, a pagamento o a credito secondo come la situazione lo richiederà, rafforzerà le forze politiche favorevoli agli USA in ogni paese e creerà una cortina dietro alla quale poter effettuare gli investimenti occidentali. Ed è una organizzazione a cui altri paesi possono aderire, a differenza della NATO dove ogni membro ha il diritto di veto. La praticità della strategia statunitense.C’è qualcuno che critica questa alleanza per l’inclusione di membri che non condividono tutti i valori democratici del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti. Questo può essere vero. E ‘ anche vero che durante la Guerra Fredda gli Stati Uniti furono alleati dell’Iran dello scià, della Turchia e della Grecia sotto la dittatura e della Cina di Mao dopo il 1971. Avendo incoraggiato l’indipendenza dell’Ucraina, gli Stati Uniti – nel tentativo di proteggere la sua indipendenza e l’indipendenza degli altri paesi della regione – stanno creando la struttura di un’alleanza che includerà paesi, come l’Azerbaigian, che sono stati criticati. Tuttavia, se l’energia non arriva dall’Azerbaigian, arriverà dalla Russia, e così le vicende ucraine si risolveranno in tragica farsa. Il Dipartimento di Stato deve confrontarsi con le forze aggressive che le sue stesse politiche hanno scatenato. Ciò suggerisce che una mentalità guidata solo da buoni principi, che ora si sono rivelati illusioni, deve lasciare il posto ai calcoli della realpolitik. La strategia di equilibrio dei rapporti di forza permette agli Stati Uniti di utilizzare la naturale inclinazione degli alleati a rafforzare la propria posizione e graduare le diverse contromisure, delle quali l’intervento militare è l’ultima, non la prima. Tale strategia riconosce che gli Stati Uniti, in qualità di paese detentore di quasi il 25 per cento dell’economia mondiale e di potenza marittima egemone a livello mondiale, non può sottrarsi a un suo coinvolgimento. La sua stessa dimensione e la sua stessa esistenza li coinvolgono. Né gli Stati Uniti possono limitarsi a gesti come le sanzioni a 20 individui. Queste non vengono viste come prova di determinazione quanto come segno di debolezza. Occorre invece che sia chiaro che, dal momento che gli Stati Uniti affrontano questioni come l’Ucraina e devono prendere decisioni strategiche, ci sono alternative all’intervento – come le alleanze. In tal caso, è naturale che si delinei una struttura di alleanze – come discendente della NATO, ma adattata a questa crisi, proprio come l’alleanza che ho previsto in precedenza . La potenza russa è modesta e ha prosperato mentre gli Stati Uniti erano distratti dalle guerre in Medio Oriente e mentre l’Europa lottava contro la sua crisi economica. Questo non significa che la Russia non sia pericolosa. Essa gode di vantaggi a breve termine, e la sua insicurezza significa che prenderà dei rischi. Gli stati deboli e insicuri con vantaggi temporanei sono pericolosi. Gli Stati Uniti hanno interesse ad agire presto, perché agire tempestivamente è più conveniente che farlo come ultima risorsa. Questo è una situazione da trattare con i missili anti-aerei, gli elicotteri d’attacco, i sistemi di comunicazione e la formazione del personale, tra le altre cose. Sono elementi di cui gli Stati Uniti dispongono in abbondanza. Non è invece il caso di truppe da dislocare sul terreno, che scarseggiano. I polacchi, i rumeni, gli azeri e certamente i turchi possono difendersi. Hanno bisogno di armi e di formazione, cosa che terrà la Russia impegnata nel suo calderone mentre si gioca l’ultima mano come grande potenza. *http://www.conflittiestrategie.it/Traduzione di Redazione da: “From Estonia to Azerbaijan: American Strategy After Ukraine republished with permission of Stratfor”.
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