Sei miliardi [di Franco Meloni]
Sei miliardi! Non se ne può più. Sarà pure una associazione simbolica, è nato a Sarajevo, ma è sempre il seimiliardesimo. Troppi. Certo che i tempi sono cambiati. Da pochissimi, a tantissimi. Questa terra sembra nonbastare per sfamarli tutti. E parlano di equilibrio e di sviluppo sostenibile. Da che mondo è mondo, sempre la stessa musica. Il grande rricchisce e il piccolo deperisce. Non ci vogliono grandi economisti per capire come vanno e come andranno le cose. La storia insegna. Comunque il lavoro è troppo. Sono sul punto di stancarmi. Sempre in giro. Nessuno sta più fermo. Confusione incredibile. E gli aerei. Li odio. Poco spazio, fumo negli aeroporti, puzza di cherosene e servizi inaccessibili. Tutto stretto. Non ci si può girare. Con la mania dei cellulari sembra di assistere alle ultime scene di Fahrenheit 451 dove gli uomini – libro giravano per i boschi raccontando se stessi. Tutti gesticolano e sembrano pazzi fino a quando non si vede la protesi orecchio-bocca in cui sputacchiano frasi inutili. E io sento. Come se già non avessi un’idea della stupidità circolante. Tutti danno ad intendere di essere buoni, specie quando le nuvole e i fulmini precedono la partenza. Col tempo buono, le arie aumentano e i piccoli onorevoli, i piccoli imprenditori, i piccoli uomini d’affari che non distinguono una buona azione da un’altra, e guardano il giornale per capirlo, ignorano le code e vogliono sempre far rimarcare la propria tronfia esistenza. Ed io devo stare calmo. Quasi per definizione. Certo che in altri tempi ho menato le mani e annerito qualche occhio, ma ora, mi dicono, i tempi sono cambiati. In gioventù ne ho combinato delle belle. Anche qualche guerra. La Prima la ricordo bene. Mai visto un pandemonio simile. Star Wars sembra un nido d’infanzia, al confronto. Altro che raggi ß al largo dei bastioni di Orione! Lungi da me dire che ora la Struttura è cambiata, ma il tempo, anche se lentamente, si fa sentire. Non mi piace lamentarmi, ma veramente il lavoro è troppo. Di sindacato non se ne parla, e la concorrenza è sempre in agguato. Non si smette di inventare nuove campagne di promozione, ma non sempre funzionano. E qualcosa va quasi sempre storto. Ma è il numero, sei miliardi, e in continua crescita, che mi spaventa. Solo di archivio si potrebbe riempire il mare. Controllare tutto, ricordare tutto, non confondere i clienti. Ricordo con terrore quando sono entrati nel sistema da un terminale incustodito. Abbiamo sudato cento camicie per ricomporre le liste e riassegnare i bonus che spettavano ad ognuno. C’era poco da scherzare. Le alte gerarchie non avrebbero tollerato errori. Magari, per punizione, ci avrebbero mandato in Iran. Prima c’era l’URSS per i distratti, ora sembra tranquillo anche Iì. Credo che comunque inoltrerò una nota. Anche perché non è chiara la progressione di carriera. Lavoro praticamente da sempre, ma mai un avanzamento. Quello che ho mi basta, non è una questione di orgoglio, ma se mi venisse affidato qualche cliente promettente, non mi lamenterei certo. In quel caso avrei da arginare gli attacchi di chi me lo vorrebbe strappare via, ma qualche trucco l’ho imparato. Chiamano il nostro volo. Devo stare vicino al mio cliente. Ormai lo conosco bene e so che al decollo è un po’ nervoso. Spero che non smoccoli come tre voli fa. È tranquillo, la conferenza sul caos è brillante. Farà bella figura a Berkeley. Certo insiste un po’ con i legami arte-scienza, ma la parte su Melancolia viene sempre bene. A me, poi fa sempre piacere apparire. Almeno si potesse permettere la business. Ripiegare le piume diventa sempre più difficile. Buon volo! *Fisico. Università di Cagliari |