Università e Politica, una convivenza difficile [di Giuseppe Pulina]
Il bel commento di Sante Maurizi, apparso su questa pagina in occasione del 25 aprile, mi trova in accordo su quasi tutti i temi trattati, ad eccezione di quello relativo all’asservimento dell’Università al potere politico. Poiché non ho assistito alla proiezione del film né in platea e nemmeno in loggione (ordine che amo frequentare fin da ragazzo), non posso essere annoverato fra coloro (potentati o presunti tali) che sono stati destinatari dell’applauso sferzante innescato dalle parole di Enrico Berlinguer il quale, nella famosa intervista del 1981, si scagliò contro l’occupazione delle istituzioni manu militari da parte dei partiti. Maurizi insiste nel considerare le università carne da bojardi utilizzando, non virgolettate, le parole che Berlinguer rese a Scalfari nell’intervista del 1977 che diede avvio alla ben nota stagione della “questione morale”. Berlinguer sbagliò allora come Sante sbaglia oggi. L’Università è una delle istituzioni alle quali la nostra Costituzione garantisce la più ampia autonomia e questa prerogativa è stata nel passato, e sarà nel futuro, conservata gelosamente dal corpo accademico. Mi rendo conto che la tentazione per i sistemi di potere, che si chiamino partiti, oppure lobby, oppure ancora congregazioni di varia natura e confessione, di mettere le mani sull’Università è forte. Nello specifico, partiti e governi non riescono a concepire come sia possibile che una istituzione pubblica (quale l’Università, ma per certi versi anche la Magistratura), possa sottrarsi alla volontà politica di chi comanda “in nome del popolo”. L’equazione che partiti e governanti fanno è di una semplicità sconvolgente: io ti do i soldi (sbagliato! I soldi sono dei cittadini contribuenti), quindi tu (Università) rispondi a me; ergo, devo mettere il naso nella designazione (e non elezione) di Rettore e altre cariche accademiche. Inoltre, dicono ancora costoro, non ti azzardare a criticarmi, altrimenti ti chiudo il rubinetto del gas. Grezza analisi? Leggiamo cosa dice in proposito Paolo Prodi nel bel saggio “Università dentro e fuori” (Il Mulino, 2014): esiste una relazione inversa nel rapporto fra università e potere politico ed economico in quanto “..più le università sono deboli e incapaci di autogoverno, più si espandono le scuole e le istituzioni di ricerca legate al potere; più il potere economico e il potere politico sono forti, più diventano insofferenti nei riguardi della funzione critica dell’Università e tendono a controllarla o a marginalizzarla”. Stia tranquillo Sante Maurizi, l’Università di Sassari non sarà serva di nessun potere esterno, conserverà gelosamente la propria autonomia di critica e di organizzazione, coltiverà i talenti degli studenti della Sardegna che le si affidano, darà risposte vere e non piegate da interessi alle domande che la società le porrà. L’Università di Sassari terrà la schiena dritta davanti a tutti i poteri, quello regionale in primis, per ricordare a tutti che lo studio e la libertà di espressione sono i capisaldi della nostra democrazia e sceglierà il proprio rettore senza tenere in alcun conto gli incanti delle sirene della politica o, peggio ancora, dei poteri economici o delle congregazioni (questo tema è, per quanto mi consta, percepito allo stesso modo dai colleghi Carpinelli, Montella e Sanna Passino, candidati come me alla carica di Rettore). Per il governo della nostra Università, ci manterremo ben lontani dallo spoil system alla amatriciana a cui ci hanno (indecorosamente) abituato governi vicini e lontani. *Direttore dipartimento di Agraria
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