La prima volta di Efisio e di Stampace [di Maria Antonietta Mongiu]

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L’Unione Sarda 7/05/2014 (La città in pillole- La passerella di Federico Visconti, Legato Pontificio). Come era Kalari il 9 aprile del 1263 quando Federico Visconti, Legato pontificio da Santa Maria de Portu gruttis raggiunse santa Maria di Castellum de castro?

Era cosi pessimo il clima da fargli dire, rientrato a Pisa il 27 giugno, di essere come Giuditta in fuga dall’accampamento di Oloferne? E della Sardegna che era “una terra di orrore e di smisurata solitudine». Malata anzi “ la malattia personificata, perché persino coloro che se ne allontanano si portano addosso la malattia contratta”.

Che impressione gli fece quel quartiere ad ovest della cittadella pisana? E la sua popolazione che si unì allo sfarzoso corteo che lo attraversava e visitava la civitas sacra di chiese, sub divo e rupestri? Sapeva che fu sede del municipium romano e di antichi culti salutiferi tra cui Esculapio? Era Stampace quel luogo. Federico Visconti il primo che lo cita. Raccoglieva i profughi di Santa Igia che i pisani distrussero con le ultime velleità autarchiche.

Capì il 25 aprile, festa di San Marco, che era inutile abolire le processioni pagane dei Robigalia contro la  ruggine? I sardi già praticavano «sa die de letania maiore». Proseguivano l’arcaico rito, in versione cristiana, compresa la benedizione a campi ed animali. Non sapeva che in un tempio ridotto a calcara, in via Malta, aveva casa Adone e che Efisio andava raccogliendo in se tutte le narrazioni.

La chiesa da lui visitata, oggi conservata sotto il pavimento, perpendicolare all’attuale e al piede dell’altare, era connessa tramite un calataio a forno con l’impianto rupestre, risistemato a partire dal IV secolo. Il complesso, già luogo pellegrinale, aveva ed avrebbe visto cadute e resurrezioni della città a prescindere da chi si mette a testa del corteo.

Federico Visconti ne ignorava la lingua ed il vescovo di Sulci, suo traduttore, forse non fu all’altezza.

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