Toponomastica femminile nelle strade della seta nell’isola di Sardegna [di Agnese Onnis]

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Topografia femminile. Nella sua Relazione sull’isola di Sardegna l’ammiraglio inglese William Henry Smith, inviato in missione nell’isola nel 1823-24, cita l’abbondante coltura dei semi di lino e la tessitura, insieme ai manufatti realizzati anche con la lana di pecora ‘orbacci ‘e panneddu’; sulla seta, al contrario, scrive che “è ancora prodotta solo come passatempo”, probabilmente ignorando l’esistenza di gelseti, di bachicolture già consolidate, e produttive fin dalla metà del Settecento, giunte, per intensità di raccolto, filatura e tessitura, a primati di qualità riconosciuti.

Quale seta dunque nella Sardegna del Settecento? I ricordi e le storie si legano al notevole progetto diretto da una nobildonna, Francesca Sanna Sulis, imprenditrice sarda che, nei territori di sua proprietà nei comuni di Muravera e di Quartucciu, impianta gelseti e dà vita ad attività collegate alla produzione serica.

Francesca Sulis, nata a Muravera nel 1716, appartiene ad una ricca e nobile famiglia del Sarrabus; dopo il matrimonio vive nel quartiere di Castello a Cagliari. Spesso riceve gli ospiti nella sua casa, frequenta ambienti colti sia cittadini sia continentali, a Torino soprattutto, dove accompagna il marito, il giureconsulto Pietro Sanna reggente di toga del Supremo Consiglio, e dove vive a contatto col mondo politico e culturale nazionale.

L’intraprendenza di Francesca, prima donna in Sardegna a cimentarsi nell’attività produttiva serica, cresce grazie al pregio della qualità dei filati prodotti; l’apprezzamento raggiunto anche nel continente la sollecita a considerare l’utilità di interazioni commerciali con altri operatori italiani, in particolare i con imprenditori comaschi e piemontesi con i quali avvia interessanti affari. È una proprietaria terriera attenta e dinamica, controlla in prima persona le sue attività sia nei territori di Muravera sia in quelli di Quartucciu, dove risiede, segue da vicino la produzione ed il commercio anche fuori dall’isola. Francesca è anche una donna di fede e una vera benefattrice, frequenta gli ambienti della Chiesa e, alla sua morte, lascia molta parte dei suoi beni ai poveri.

Avvia un’intensa attività lavorativa inserendo telai moderni nei suoi opifici e preferisce assumere manodopera femminile; ritiene un principio fondamentale quello di prendersi cura delle operaie tessili e, incuriosita dalle idee illuministe, introduce il pensiero innovatore nella sua attività imprenditoriale. Crea una vera e propria scuola di formazione professionale, con piani scolastici adatti e con esperti insegnanti piemontesi, garantendo l’istruzione alle giovani maestranze attraverso una vera scuola e attività di laboratorio.

È quindi una donna decisamente precorritrice di nuove formule d’impresa che accoglie e forma, nella sua scuola professionale, i numerosi giovani e soprattutto le giovani donne dell’isola. Consapevole del progresso che avanza, ma anche dell’assenza di scuole, dell’analfabetismo in Sardegna e del valore dell’istruzione, esprime la sua forza educatrice nei fatti: istituisce corsi di filatura e di tessitura, da lei promossi e finanziati in piena autonomia e, a conclusione del corso, a ciascuna operaia dona in dote un telaio. Guarda con particolare attenzione l’impegno sociale della comunità degli operai e delle tessitrici, attua in Sardegna modelli lavorativi che anticipano quelli di Owen nelle filande inglesi del primo Ottocento, preannuncia l’esempio italiano di scuola e fabbrica che l’imprenditore Olivetti realizza ad Ivrea nel Novecento.

Negli anni crescono le sue esperienze creative: grazie ai suoi tessuti pregiati Francesca Sulis diventa un’apprezzata creatrice di moda e propone, in varie città italiane, le sue collezioni di sartoria, gradite dall’aristocrazia di casa Savoia e dalla stessa Caterina di Russia, una delle sue più raffinate clienti.

L’odonomastica ricorda oggi la Sulis nelle strade di Quartucciu dedicandole alcune targhe: una è affissa sulle mura della sua casa in via Nazionale, dove visse e morì, un’altra le intitola il vico stradale dietro la sua abitazione e, infine, le viene intestata la Biblioteca del paese; anche nel quartiere di Castello a Cagliari, al numero civico 63 di via Lamarmora, la facciata del palazzo accoglie la scritta Francesca Sanna Sulis, imprenditrice, educatrice e benefattrice. Infine il comune di Muravera ha intitolato il Museo a questa protagonista dell’indipendenza imprenditoriale sarda.

È una creatura geniale” Francesca Sanna Sulis, la cui modernità viene colta dallo scrittore Antonio Romagnino che testimonia: [ …] in una Sardegna, sempre o spesso in ritardo, è già notevole che Francesca Sulis sembra raccogliere quanto di più stimolante producono i secoli XVII e XVIII e, cioè, di Galileo Galilei, di Paolo Sarpi, dell’Arcadia e dell’Illuminismo […] un personaggio che non cercava lustro per sé né con i suoi studi né con le sue attività economiche”.

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