Cyber war e reti sociali [di Nicolò Migheli]

 

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La verità è la prima vittima di ogni guerra. Una constatazione diventata luogo comune. Oggi più che mai quell’adagio pare dimenticato. Il web dà l’illusione di potersi costruire il proprio palinsesto informativo. Si può accedere a giornali internazionali, a tv e blog di controinformazione, a spazi dove le notizie non sempre sono verificabili. Le reti sociali poi, agiscono da amplificatore di quelle informazioni. Chi voglia farsi una opinione trova difficoltà a discernere il vero dal verosimile.

Per gli specialisti della guerra psicologica influenzare l’opinione pubblica per creare consenso sulle proprie azioni non è stato mai così facile. “L’abilità del comandante consiste nel piegare le forze del nemico senza alcun combattimento, nell’impadronirsi delle città senza assalirle, nel conquistare lo stato nemico senza lunghe operazioni militari” recita il Sun Tzu. L’antico testo cinese consiglia un insieme di minacce e blandizie, dove gli stratagemmi sono fondamentali. Ingannare  per poi colpire. Quel che sta accadendo oggi in Ucraina, dove si confrontano in uno scontro geopolitico Usa e Ue da una parte e Russia dall’altro. Paese dove è in atto una rivolta contro un potere corrotto, su cui si sono innestate rivalità nazionali mai sopite. Scontri che hanno già provocato centinaia di morti, dove è ipotizzabile l’intervento di servizi segreti occidentali da una parte e di quelli russi dall’altra, con presenza di contractor e di specialisti in doppi e tripli giochi.

L’orrore massimo lo si è raggiunto il 2 di maggio con l’incendio della sede dei sindacati ad Odessa dove decine di persone, compresi bambini, sono morte bruciate o asfissiate. La responsabilità della strage è stata data subito agli ultras di una squadra di calcio e ai neonazisti di Pravy Sektor, un gruppo distintosi negli scontri della Majdan di Kiev  determinanti per la caduta del governo di Janukovyč. Le immagini che sono state diffuse in rete non lascerebbero alcun dubbio. Anche gli articoli riportati su molta stampa internazionale e sui blog di controinformazione concordano, quasi tutti, nell’attribuire le responsabilità ai nazionalisti. Avvenne un comportamento simile l’estate scorsa, quando si ebbero attacchi con i gas nervini sulla popolazione siriana e subito imputati ad Baschar al-Assad.

Oggi una indagine indipendente del MIT di Boston ha dimostrato che furono invece i ribelli a  attaccare la popolazione civile per costringere gli Usa a bombardare le truppe leali al dittatore siriano. Una operazione sotto falsa bandiera ma Obama non ci cascò. Nel caso della strage di Odessa il sospetto che si tratti di una false flag è legittimo. Cui prodest  è una domanda che può aiutare a capire. Ora come ora è la Russia di Putin, che sta cogliendo i vantaggi di quell’atto tremendo. “Solcare il mare all’insaputa del cielo” recita uno dei trentasei stratagemmi dell’Arte cinese di vincere.  Joseph Conrand nel romanzo l’Agente segreto, racconta di una spia del servizio zarista Ochrana  che convince il suo cognato anarchico a compiere un attentato. La finzione letteraria descriveva vicende russe molto comuni ai primi del Novecento. La stessa ascesa di Vladimir Putin è costellata di episodi misteriosi. Nell’estate del 1999 a Buinaksk, Mosca e Volgodonk, saltarono in aria dei palazzi con centinaia di morti.

Degli attentati furono accusati i terroristi ceceni  e determinarono la causa della seconda guerra cecena. Aleksandr Litvininenko, ex agente KGB, diede la responsabilità ai servizi russi che usarono il terrore per impadronirsi del potere. Secondo Anna Politkovskaja le stragi del teatro di Mosca e quella dei bambini di Beslan, furono fatte da gruppi radicali ceceni infiltrati dai servizi russi. Sia l’ex agente che la giornalista pagarono con la vita le loro rivelazioni. Le infiltrazioni di gruppi radicali e la false flag  non è praticata solo dai russi. Nel 1939, l’invasione tedesca della Polonia cominciò con un attacco ad un posto di frontiera del Reich fatto da soldati tedeschi in divisa polacca. L’incidente del Tonchino nel 1964, fu una operazione americana di falsa bandiera per intervenire in Viet Nam. Dell’incendio del Reichstag nel 1933, venne accusato l’ebreo olandese  van der Lubbe; ora si sa che fu ordito dai nazisti per imporre la loro dittatura. 

La stessa stagione del terrorismo italiano, compreso il rapimento Moro, ha rivelato aspetti oscuri che portano ad operazioni coperte dei servizi con infiltrazioni di gruppi terroristici di destra e di sinistra.  Oggi in Ucraina probabilmente, stiamo assistendo a fatti simili. La verità se c’è, la conosceremo tra anni o forse mai. Non stupisce che il web e le reti sociali in particolare, proprio per il meccanismo di rapidità irriflessiva che le contraddistingue, diventino il luogo perfetto per le manipolazioni e per le diverse propagande delle parti in conflitto. Uno spazio in cui l’utente coglie la prima interpretazione, normalmente  quella che conferma le proprie idee, ed ad essa si affida.

L’uso emotivo dell’immagine fa il resto, rafforzando le proprie convinzioni. In questi ultimi anni le forze armate più avanzate hanno aggiunto la guerra cibernetica alle quattro dimensioni operative classiche: terra, mare, aria e spazio. Gli obiettivi: danneggiare la rete del nemico ed inviare nel mondo un numero alto di informazioni manipolate in modo da poter  conquistare l’opinione pubblica globale. Viviamo dentro una cyber war costante, siamo oggetto di guerra psicologica. Esserne consapevoli aiuta.

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