Una cuffietta di Desulo per Maria Josè [di Maria Laura Ferru]
Più un omaggio alla bella principessa che alle donne di Sardegna Il bustino in ceramica, prodotto dalla Essevi su modello di Sandro Vacchetti nella seconda metà degli anni Trenta, rappresenta il costume di Desulo indossato da una giovane donna il cui volto riproduce, senza ombra di dubbio, la fisionomia della principessa Maria Josè di Savoia, all’epoca moglie del principe ereditario e oggetto di particolare attenzione da parte dei media e ben conosciuta in tutta Italia. Sandro Vacchetti aveva imparato alla Lenci a trarre ispirazione dalle figure celebri del tempo: a partire già dall’epoca in cui alla Lenci si creavano solo bambole dalla prestigiosa manifattura torinese, sotto il suo impulso, uscivano bambole dal volto imbronciato come il famoso “grugnetto” ma anche figure ispirate a modelli reali quali Rodolfo Valentino e Josephine Baker. Le novità rappresentate dal bustino di Maria Josè sono due: per primo risulta evidente la scelta di non riprodurre una figura reale ( non ha neanche uno degli attributi tipici del potere:corona, manto scettro); per secondo altrettanto evidente appare la scelta di “vestire” la principessa con abito sardo. Un omaggio, quest’ultimo, ispirato al costume femminile di Desulo, come rivela soprattutto la cuffietta, resa famosa all’epoca dalle creazioni ceramiche di Francesco Ciusa, Federico Melis, Alessandro Mola. Si rivela così l’intenzione di Sandro Vacchetti di non perseguire gli intenti etnografici dell’operazione Lenci sul folklore, che pure proprio in quegli anni si veniva consolidando. Quanto piuttosto quella di voler sfruttare la scia dell’interesse sul soggetto sardo creato all’epoca dalla presenza sul mercato di ceramiche a soggetto sardo della Lenci, della Ars Pulchra, della CIMA, e della stessa Essevi. Per quanto le foto delle principesse di casa reale vestite in costume sardo non mancassero nelle pubblicazioni, anche locali (si veda quella della principessa Giovanna di Savoia vestita in abito di Quartu Sant’Elena fotografata nel maggio del 1926, foto pubblicata da Amerigo Imeroni nel suo Piccole industrie sarde del 1928), è probabile però che l’iter della creazione del piccolo quanto perfetto bustino di Maria Josè avesse seguito tutta un’altra strada: quella dell’imitazione-rielaborazione di un prodotto locale inventato a Cagliari. Infatti sia la forma stessa di piccolo bustino che la cuffietta di Desulo ricordano i modellini che, ai primi degli anni Trenta, lo scultore sardo Alessandro Mola inviava da Cagliari proprio a Sandro Vacchetti perché li trasformasse in colorate ceramiche rifinite a caldo. Tanto vero questo precedente che Sandro Vacchetti non impiegò molto tempo a passare dalla creazione del bustino di donna, avente sempre le sembianze della principessa ma con le braccia tese a contenere un cestino, ancora una volta sotto la suggestione di un modello simile inventato da Alessandro Mola per la Essevi anni prima. Ma- infine- in questo bustino di Maria Josè trionfano giovinezza e bellezza, espressi dai lineamenti delicati, dal candore appena rosato della carnagione, dal celeste degli occhi, dal taglio corto dei cappelli ricci, esaltati dalla cromia rosso-blu dell’abito desulese. Anche l’assenza totale di qualunque gioiello (i bottoncini di filigrana sono da intendere parte integrante del costume sardo) depone a favore dell’intento tutto estetizzante di Sandro Vacchetti e del suo grande talento impiegato a dare corpo alle sue fantasie. Ancora una volta la “sardità “, come già notato per l’intrigante gruppo plastico “Idillio a Teulada” , è solo un pretesto per potere esprimere in piena libertà il proprio personale omaggio ai miti del suo tempo. *Esperta di ceramica sarda e perito in argenti antichi
|