Le memorie della menta piperita [di Elena Morando]
Pubblichiamo un racconto lungo in diverse puntate tra loro autonome ma legate da un filo rosso. Le prime due parti sono state pubblicate il 13 maggio (NdR). III-La benedizione dei cani 3.1. Io ho una sorella; un’altra bambina più grande che è nata prima di me e ha un nome diverso dal mio. Per questo siamo al sicuro, nel senso che siamo una famiglia anche noi due senza mia madre, mio padre e senza neanche nonno e nonna. E siccome stiamo imparando a fare tutto, da grandi non avremo bisogno di nessuno. Anche se stare soli con una sorella non è sempre facile dal momento che bisogna andare d’accordo nei giochi. Ma qui c’è molto spazio e se ci stufiamo di giocare insieme allora giochiamo da sole, io sull’astronave di pietra e lei con i fogli di carta. Lei mi dice che non devo dimenticare che non staremo per sempre in campagna che mamma tornerà dalle lotte e che papà invece rimane con noi, anche durante le lotte di mamma. L’estate dura il tempo dell’estate e c’è un tempo anche per le lotte così ha detto. 3.2. Per questo ho deciso con lei che prima di andare via dobbiamo benedire tutti i cani, e questo della benedizione l’abbiamo letto sul vangelo di nonna che tiene sul comodino e che non apre mai. Lei dice che non lo apre perchè lo sa a memoria e le preghiere si dicono a memoria dentro di sè, così dio ascolta con le orecchie che ha nel cuore e sorride come fa nei ritratti dove è felice e non sta soffrendo sulla croce. Sul vangelo c’è scritta una preghiera dove il fratello di Dio benedice il pane e poi lo fa rotolare sulla tavola come fosse un sasso tondo su e giù più volte fino a che non è benedetto con le mani di tutti quelli che cercano di prendere il pane per mangiarselo, e di questo ne sono sicura perchè la scrittura era piccola e mia sorella si è messa a leggere e poi dopo che ha capito mi ha spiegato che dovevamo procedere a benedire i cani. 3.3. Li abbiamo benedetti tutti con l’acqua santa che sta nelle conche di granito tonde e piene di muschio dietro casa, l’acqua più pulita delle conca liscia e perfetta che abbiamo chiamato il secchio del cielo, lei faceva il sacerdote che sa le parole e io l’aiutante che tiene le cose da benedire, dato che tenere un cane per la testa fermo non è come prendere un pane per mangiarselo, la testa del cane a differenza del pane scivola tra le mani perchè si muove e perchè non ama l’acqua e vuole andarsene. Ma non possono morsicarmi e non ho paura perchè loro sanno che io posso portargli via il cibo dal piatto e mangiare la pastasciutta al posto loro anche ranicchiata quando nessuno mi vede. Ho imparato a difendermi bene e anche se loro pensano che io li accarezzo e basta, certe volte devo picchiarli un po’ sulla testa per farli piangere e poi abbracciarli. Sono due femmine e un maschio, e la femmina ha fatto i cuccioli dentro il fienile; i cuccioli che sanno di latte e di pipì e cacca molle. 3.4. Nel fienile ci vado tutti i giorni a toccarli per sentire l’odore e portarmelo via appiccicato quando me ne vado, perchè io sono la mamma dei cani quando li tengo tutti e sei in braccio insieme e li stringo per farli stare al caldo, non ho il latte da dargli ma ho l’amore che serve per benedire ogni cosa quando è morbida come il pane del fratello di dio. E la mamma dei cani conosce i cuccioli dall’odore che hanno e che si porta appresso quando esce dalla cuccia e va a correre fuori a quattro zampe sentendo la terra sotto ferma. 3.5. Mio padre dice che mi prenderò le zecche e mi verrà la febbre e allora dovranno tagliarmi a zero tutti i capelli come ai bambini dei campi di concentramento, che hanno sofferto moltissimo il freddo nelle stanze buie dove nemmeno i cani volevano stare. Mio padre mi dice questo perchè devo imparare che non è tutto sempre un gioco ma io non ci credo, io credo che se continuo ad abbracciare i cuccioli allora ne farò anche io e se li farò allora non sarò più la sua bambina. IV- Il mantra segreto della vecchia strega 4.1. Esiste dentro di me una strega, mi parla quando sono sola e sto pensando a cose cattive, arriva quando sono arrabbiata o stanca e non ho forza per essere io.Essere io è complicato perchè non so quale io devo preferire e quale rifiutare, quale io è giusto e quale no. La strega lo sa e mi disturba. A lei piacciono le parolaccie, il sesso e tutti i dolci. 4.2. Io so che il sesso si fa con i denti come fanno i cani quando giocano a morsicarsi, non ho visto ma ho sentito e la strega era con me, mamma dire tante volte haia per i morsi perchè le orecchie non si possono chiudere come gli occhi e io sento tutti i rumori e riconosco i passi al buio e la voce della strega quando mi viene a trovare; é molto brutto pensare che entra dentro di me. 4.3. Tutti pensano che sono sempre io mentre invece l’io è diviso in parti è un pezzo ce l’ha la strega. Così ho deciso di fare uscire da me tutto l’io quando cammino sotto il sole vicino al muretto e ripeto cento volte “io sono io”. L’io vola via e dentro rimango vuota. Poi decido cosa metterci dentro. Anche se non funziona e lei viene sempre, perchè l’io è incollato come una caramella nei denti; allora ho deciso di costruire per lei una casetta piena delle cose brutte e puzzolenti che trovo in giro. La casa della strega è sotto la mia astronave di pietra e non ha porta ma all’ingresso c’è un bicchiere rotto che uso per scavare e seppellire le sue cose preferite. La prima delle sue cose preferite è una pianta velenosa che non si può toccare e che sembra un fungo e puzza come un teschio di morto e infatti si chiama così, teschio di morto, poi ci sono foglietti con tutte le parolaccie: merda, troia, stronzo, coglione, figa, cazzo, vaffanculo, culo, merda, e anche se si scolora non importa perchè lei le sa tutte a memoria, poi c’è un oggetto rubato a mia nonna, anche rubare è una cosa brutta e alla strega piace il solletico che fa la colpa sotto ai piedi, questo oggetto è una borsa vecchia che nonna non usa più ma qualche volta chiede dove è finita, dentro la borsa c’è una amantide religiosa secca che quando è viva fa ancora più paura e per questo viva non sono riuscita a prenderla. La strega non si stanca di dirmi schifezze ma credo che il suo tempo finirà non si può stare sempre nelle lotte e io lotto con lei, e mi stanco moltissimo a fare spazio all’io buono che è il pezzo più grosso di me. 4.5. Ho sentito dire che chi parla da solo vuol dire che è mezzo scemo per questo non parlo a voce alta sennò mi abituo e il vizio poi è difficile da togliere, ma se prima avevo paura di lei ora non più da quando sono capitano dell’astronave di pietra. V-L’astronave 5.1. Io sono stata nominata da mia sorella capitano dell’astronave di pietra e l’astronave si trova vicino al muretto dove Bianchina ha sbattuto e perduto metà corno.Ho sentito dire che le astronavi volano in alto e si possono vedere le cose molto piccole da sopra, seduti al posto di comando. Io infatti dalla mia astronave, al posto di comando, vedo nonno più piccolo di come è davvero e non distinguo bene il colore del latte mentre munge la mucca, la schiuma ad esempio non la vedo e questo vuol dire che sopra l’astronave io sto volando. 5.2. Del volo so che è un gioco per gli uccelli, ma non per tutti gli animali che hanno le ali; le galline ad esempio non possono volare anche se sbattono le ali molte forte, e questo perchè sono troppo pesanti a causa delle uova che hanno nella pancia, e che crescono di continuo come i capelli o le unghie; e delle uova non si possono mai liberare, le galline non sono come la mia astronave che è vuota e dentro ci sono solo io che sono il capitano. Se chiudo gli occhi poi vado ancora più in alto e sento il vento che va sempre in una direzione, e questo si capisce dal verso dei capelli e dal rumore che fa la casa della strega sotto l’astronave. Infatti alla strega piace molto il vento e lo intrappola per farsi fare i massaggi alla schiena e per far ronzare le orecchie come gli insetti, e questo è da mettere nel pezzo di io buono, perchè è qualcosa che non può dispiacere a nessuno. 5.3. La pietra del mio posto di comando non è liscia ma è fatta apposta della mia misura ed è per questo e nessun altro ci sta tanto giusta come me, anche se dopo lunghi viaggi il posto di comando lascia i segni sulle gambe e nel culo e allora è il momento che bisogna atterrare, un capitano non può stancarsi e deve essere pronto a scendere a terra quando il volo è finito. 5.4. Tutte le altre pietre invece sono ancora nuove e non possono volare perchè io e mia sorella non abbiamo ancora deciso a cosa servono. Decidere a cosa servono le pietre non è facile; prima bisogna esplorarle e capire se si può passare sopra e dentro e se dai buchi entra la luce per guardare fuori o se nei buchi si possono solo infilare delle cose che rimaranno là per sempre. Una volta infilata una cosa dentro un buco di pietra troppo piccolo per entrarci si decide di dimenticare per sempre come è fatta quella cosa, perchè il ricordo ha bisogno ogni tanto di rivedere quella cosa oppure si inventa qualcosa come pensiamo che è, ma non è la stessa cosa di prima. *Performer, sceneggiatrice, scrittrice |