L’aquila di Brancaleone Doria nel bacino interno alla chiesa di santa Chiara di Oristano [di Maria Laura Ferru]

PTDC0002 - Copia

Questo bacino ceramico è l’unico del genere pensato per  essere collocato sin dalle origini, probabilmente entro il primo decennio del Quattrocento, all’interno della chiesa di santa Chiara ad Oristano. Ed anche l’unico che, dovendo diventare  bacino murario, sia stato fatto in Sardegna, ad Oristano per la precisione.

Infatti la moda dei bacini posti all’esterno delle chiese, che si diffuse in epoca medievale in molte parti della Sardegna, prevedeva appunto che ciotole e scodelle di ceramica provenienti dall’estero venissero collocate  come bacini ceramici all’esterno delle chiese, nelle facciate e nei muri laterali, come rivelano molte ceramiche ancora in  situ ed anche molti “nidi” rimasti vuoti. In qualche caso si è potuto constatare che i rimaneggiamenti delle strutture murarie hanno portato al riposizionamento dei bacini anche all’interno degli edifici sacri  ma sempre e solo di riposizionamento si trattò.

Il bacino collocato dentro la chiesa di santa Chiara non rientra perciò in quella logica ma, per le modalità di confezione e per il contesto in cui è stato collocato, è da considerare come rappresentazione araldica di Brancaleone Doria.

L’aquila ad ali spiegate  dello stemma gentilizio del Doria è riscontrabile nell’animale tracciato a graffito nella ceramica dove, pur tra vari errori, si riconosce un volatile dal becco potente, col capo piumato e soprattutto voltato  a destra ( in araldica la destra è quella che l’osservatore vede a sinistra e viceversa). Sicuramente la sagoma fu tracciata direttamente dal figolo oristanese all’impronta, senza intermediazione di disegno d’artista, col risultato di un’ala diversa dall’altra,  cosa che fa credere  che il figolo adattò la sua pratica consuetudinaria  alla richiesta eccezionale senza cioè calcolare prima  lo spazio necessario al reale  dispiegamento dell’immagine dell’ animale.

Tuttavia quella ciotola ad orlo pizzicato, anche per la rifinitura di cui si hanno pochissimi riscontri,  si rivela prodotto di  ceramica a destinazione signorile. Era il meglio che si poteva avere all’epoca nella città di Oristano dove operavano maestranze che si valevano  di argilla locale ma anche delle argille caoliniche della zona di Laconi-Nurallao da usare quale ingobbio sul quale tracciare disegni a graffito  e della galena di Villa di Chiesa quale coperta vetrosa.

Località tutte detenute o riconquistate in nome e per conto della casa di Arborea proprio dall’impegno militare di Brancaleone Doria che, dal momento della sua liberazione  dalla prigionia aragonese del primo gennaio del 1390 affiancò il figlio Mariano V dirigendo di fatto la riscossa militare dei Sardi, come attestato in più opere dallo storico Francesco Cesare Casula. Giungendo il 3 ottobre  del 1391   a soccorrere Villa di Chiesa, che si era apertamente schierata con gli Arborea,  liberandola  e permettendo così la ripresa dei lavori riguardanti i minerali,  necessari  per la fornitura  di galena e, ancor di più,  del litargirio  indispensabile ai figoli oristanesi per le  stoviglie graffite destinate alle mense signorili.

La vicenda del bacino di santa Chiara, tuttavia, ha anche un altro risvolto. Dall’opera preziosa di suor Celina Pau sul convento e sulla chiesa di santa Chiara emerge che il bacino in questione, posto in una parte del presbiterio durante i lavori di restauro dei primi del Novecento,  veniva considerato di recupero. Tuttavia proprio il contesto in cui è inserito porta a considerarlo come reinserito in posizione originaria e lo rivela ancor di più  la cornice di muratura a forma di rosetta polilobata che lo circonda. 

Ora se si fa caso al fatto che  rosette polilobate stanno anche nel fregio che sovrasta la scultura di Eleonora nella chiesa di san Gavino Monreale bisogna dedurre che il bacino-aquila circondato dalla  cornice -rosetta allude al rapporto coniugale di Brancaleone con Eleonora. Ed allora paiono ancora più comprensibili le orgogliose  parole di Brancaleone : “Noi signoreggiamo per conto della casa di Arborea. Questa signoria non l’abbiamo né l’abbiamo avuta da un re o una regina ed a loro non siamo tenuti ad obbedire come i baroni di Sicilia dal momento che la signoria  e il dominio ci vengono da parte di madonna Eleonora, figlia e succeditrice , tramite il padre, nel giudicato di Arborea. La qual casa di Arborea detiene da cinquecento anni questa signoria nell’isola“.

Giustificato, quindi, il desiderio di Brancaleone Doria di entrare in qualche modo nel pantheon degli Arborea, la chiesa di santa Chiara. Di farsi “adottare” da una famiglia tanto antica, lui che solo a vent’anni riuscì a farsi dichiarare figlio legittimo. Quanto al momento in cui riuscì a far mettere il bacino nella chiesa si possono solo avanzare delle ipotesi: il momento più probabile appare quello successivo alla morte di Mariano V, suo figlio, avvenuta nel 1407, quando ancora non risultava palese che non sarebbe stato lui il nuovo giudice dei Sardi. Sardi dei quali tuttavia conosceva  bene l’ ydiomate sardisco,  per i quali aveva trascorso lunghi anni di prigionia e a capo dei quali  aveva trascorso lunghi anni di guerra.

*Esperta di ceramica sarda e perito in argenti antichi

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