Domenicani a Villanova [di Franco Masala]

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Tra le perdite più gravi causate dai bombardamenti del 1943 a Cagliari è certamente quella della chiesa tardogotica di S. Domenico, impiantata dal secondo Duecento nel quartiere di Villanova. Per l’importanza dell’edificio e per la presenza della comunità domenicana attiva, Raffaello Delogu, allora Soprintendente ai Monumenti della Sardegna, affrontò immediatamente il problema della ricostruzione con progressivi ripensamenti che vanno da una ricostruzione simile all’originale fino alla decisione di una costruzione ex novo.

Fu l’architetto fiorentino Raffaello Fagnoni (1901-1966) a risolvere il caso in modo intelligente, usando l’unica aula della chiesa originaria quale base della nuova che la sovrasta, e riprendendo gli spazi dell’antica struttura.

La chiesa superiore, infatti, ha una sola navata, ristretta in corrispondenza del presbiterio affiancato da due altari, che seguono lo schema gotico catalano del primitivo impianto. Un profondo coro, necessario per l’esigenza di preghiera comunitaria dei padri domenicani, completa lo spazio dominato dalla grande cupola ogivale, con evidenti suggestioni gotiche, mentre il tradizionale rosone è sostituito da una finestratura lunga e stretta che conclude la facciata ad andamento orizzontale. Un alto campanile, staccato rispetto alla chiesa, è la novità più significativa e ha sostituito l’antico, modesto campanile a vela.

L’esterno utilizza un materiale tipicamente cagliaritano, il calcare, impiegato a vista anche nell’interno dove si impongono le straordinarie strutture in cemento armato che sorreggono la copertura. Due fasci di nervature ricordano quelle antiche del chiostro gotico, innalzandosi a formare un intreccio secondo gli schemi delle volte a crociera distrutte. L’aggiunta delle stelline in terracotta, non previste in origine, ha lo scopo di nascondere le inevitabili fenditure dell’intonaco.

Tutti i dettagli – il corrimano della scala per il coro, il ballatoio di accesso alla vetrata nella controfacciata – sono studiati con una attenzione ed una cura che ritornano nell’aula inferiore (detta impropriamente cripta, in realtà resto dell’aula originaria rimasta priva di copertura). Qui, accanto alle parti antiche rimaste, si può osservare la ricostruzione semplicemente sagomata e priva della decorazione gotica originaria, in perfetto ossequio alle regole della Carta del Restauro già utilizzata nell’anteguerra.

Dal Terrapieno la veduta della chiesa consente di osservare la grande cupola ogivale che meriterebbe un buon intervento di manutenzione per riportare il bianco del rivestimento di un tempo al pari della facciata, deturpata da scritte vandaliche.

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