Produzioni agroalimentari: un prodotto è sardo se lo è…dalla nascita [di Pietro Tandeddu]
La Commissione Attività Produttive del Consiglio Regionale è, in questa fase, impegnata nella discussione di 5 proposte di legge da collocare, secondo la volontà espressa dai suoi componenti, entro una nuova, organica, legge quadro in materia di agricoltura. Due delle proposte si riferiscono all’istituzione di un marchio regionale che serva ad identificare nel mercato le produzioni agroalimentari di qualità della Sardegna e, indirettamente, l’origine, visto che gli attuali orientamenti comunitari – tuttora in vigore anche se in fase di revisione a seguito della definizione della nuova politica comunitaria per il periodo 2014/2020 – sia quelli per gli aiuti di stato nel settore agricolo e forestale ( 2006/C 319/01 ), sia quelli riferiti alla pubblicità dei prodotti ( 2001/C 252/03 ), rimarcano che nelle azioni pubblicitarie dei prodotti il richiamo all’origine debba essere “ messaggio secondario”. Si vedrà più avanti come si tradurranno le maggiori aperture verso i marchi territoriali, “funzionali per un adeguamento alla globalizzazione” che registriamo nella Proposta di Risoluzione del Parlamento Europeo sui marchi territoriali del 26 luglio 2013. Nella passata legislatura la Giunta Cappellacci ha affrontato la questione limitandosi, tuttavia, all’identificazione di un logo, senza affrontare, come ci sembra invece doveroso, la definizione di specifici disciplinari produttivi per le singole produzioni e la costituzione di un efficace sistema di concessione del marchio e di controllo. Il dibattito che si è aperto sull’istituzione del marchio regionale ha già mostrato una diversità di vedute tra le organizzazioni professionali agricole e le componenti commerciale e industriale, le quali, queste ultime, vorrebbero utilizzare il marchio regionale anche in presenza di produzioni ottenute da materie prime prodotte fuori dell’Isola. Una simile ipotesi contrasta con il concetto di qualità che si è particolarmente evoluto negli ultimi anni. Lasciando da parte le produzioni a marchio DOP, IGP o BIO, regolate da specifiche norme comunitarie, la qualità di un prodotto agricolo è data oggi non solo dalla sua salubrità, dal suo aspetto, dal gusto ma sempre più dal legame con il luogo, territorio, con il paesaggio in cui esso è prodotto. Lo stesso Parlamento Europeo, come sopra rimarcato, giudica l’origine e la distintività delle produzioni come fattore determinate per affrontare la globalizzazione del mercato. Nessuno può dire che un prodotto industriale nato dall’utilizzo di materie prime non locali, faccia male o non possa essere apprezzato dai consumatori che lo giudicano, ma il fatto che sia semplicemente “ prodotto in Sardegna” lo lascia fuori dal concetto di qualità che si è andato affermando. Né assume significato l’affermazione che spesso non si trovano le materie prime in Sardegna; può essere in parte vero per le carni suine , certamente non per la pasta alimentare, per l’olio, per il vino ed altro. Il consumatore non può essere tratto in inganno con l’utilizzo di un marchio regionale che richiama anche l’origine del prodotto, quando l’origine delle materie prime è extra regionale. E poi va detto che interesse primario dei sardi dovrebbe essere quello di favorire lo sviluppo delle risorse locali, elemento funzionale, si ripete da lungo tempo, ad una crescita dell’economia isolana nel suo complesso. Vi è poi un principio sancito dalla normativa comunitari e nazionale, mai concretizzato, che imporrebbe ai trasformatori che utilizzano abbondantemente le risorse pubbliche di “garantire il trasferimento di un adeguato vantaggio economico alla produzione agricola “. In definitiva ciascuno di noi dovrebbe farsi parte attiva per l’affermazione di una piena trasparenza nei confronti dei consumatori oggi vittime di lobby industriali e commerciali ancora coperte da una burocrazia europea supina verso interessi di parte. |
In realtà è possibile definire in maniera categorica sia prodotti alimentari industriali che quelli tradizionali. Mentre quelli industriali sono fondamentalmente frutto di ricerca applicata e sviluppo, quelli tradizionali sono integralmente connessi al territorio ed intrisi di aspetti culturali e saperi locali. Posti questi pochi elementi discriminatori diventa estremamente semplice sia definire quali prodotti possono fregiarsi del marchio della tipicità, che studiare in che maniera, attraverso il loro impatto armonico, possono implementare l’economia delle reti e filiere locali.