Monte Claro, leggere e sognare [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione Sarda 2/07/2014 (La città in pillole – La Biblioteca Lussu in un posto che è parte del Sistema dei colli]. Quanto sia terapeutico credere che “siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni” lo sa chi frequenta le biblioteche. Luoghi in cui i sogni hanno domicilio privilegiato. Se poi sono belle ed in luoghi belli come Monte Claro non c’è incubo che tenga. Il luogo è parte del Sistema dei Colli la cui unitarietà è stata alterata nell’ultimo cinquantennio, rapace e speculativo. Nella Carta Dimostrativa de’ contorni di Caliari, (XVIII sec.), triangola con Tuvixeddu e Tuvumannu e con san Michele. Il toponimo proviene dal culto a santa Maria Chiara (o de Clara o de Claro) cenobio del XIII sec.. Fu parte del suburbio romano declinato in fattorie schiavili che, con il cristianesimo, seguirono il destino delle donazioni fino a quelle dell’XI sec. ai monaci di Marsiglia. Sostituirono gli eremiti bizantini insediati anche nel colle di San Michele, custos civitatis, a significare, come a Stampace, la civitas. La morte a Clairvaux, a metà del XII sec., di Gonnario, giudice di Torres, pellegrino a Gerusalemme – forse interlocutore di Bernardo di Chiaravalle – portò in Sardegna e sul colle i Cistercensi. Ebbero anche santa Maria di Cluso, in canale de Tuvu, apice settentrionale della Villa di S. Igia. Dopo la sua distruzione nel 1258 furono parte di uno stesso compendio con lo Stagno di santa Gilla. Antonio Taramelli chiamò Monte Claro una cultura eneolitica e Villa Clara fu sinonimo di matti. I due destini s’incrociarono ai primi del Novecento quando la Provincia di Cagliari vi costruì il manicomio la cui messa in opera mise in luce una vasta necropoli e strepitosi vasi rosso corallo. Frequentare la biblioteca Emilio Lussu di Monte Claro significa essere abitati da sogni più rassicuranti degli arabeschi di Jorge Louis Borges de “La biblioteca di Babele”.
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