Fra il dire e il fare c’è di mezzo il governare [di Raffaele Deidda]

povertà

Nel novembre 2011, un mese dopo essersi insediato, Il governo Monti incassò, all’unanimità alla Camera e al Senato, l’approvazione del DDL che introduce nella Costituzione il pareggio di bilancio. Con larga maggioranza, anche la manovra fiscale “anticrisi” che prevedeva un gettito di 30 miliardi di euro in tre anni. A gennaio passò alla Camera la risoluzione unitaria sullo stato della giustizia e le misure di liberalizzazione in vari settori. A febbraio la Legge Comunitaria 201, il provvedimento “svuotacarceri”, il DDL “Milleproroghe 2012”; al Senato il DDL sulle liberalizzazioni, la nascita dell’Authority sui trasporti, il riordino delle tariffe sull’energia. A marzo la riforma del mercato del lavoro, ad aprile la riforma del catasto. Provvedimenti saggi o no, utili o inutili? Dipende dai punti vista e soprattutto dalle valutazioni dei soggetti che hanno tratto vantaggio o svantaggio dai provvedimenti del Governo.

Il governo Letta, insediatosi il 28 aprile 2013 ha bloccato il pagamento della rata di giugno dell’Imu ed erogato i fondi per la cassa integrazione ordinaria e straordinaria. A maggio ha incassato l’approvazione del DDL per l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti ed il decreto legge su alcuni bonus fiscali. A giugno il decreto sul pagamento dei debiti della pubblica amministrazione. Pochi giorni dopo il “ Decreto del fare”, con misure anticrisi per il rilancio dell’economia e lo sviluppo del paese. A giugno è arrivata la (per molti famigerata) Riforma Fornero, il decreto che bloccava temporaneamente l’aumento dell’Iva e la presentazione del disegno di legge sull’occupazione giovanile grazie allo sblocco di 1,5 miliardi di euro dal fondo europeo.

A luglio il DDL costituzionale per l’eliminare le Province e l‘impegno a portare in Parlamento ogni decisione per le spese militari. Inoltre, passarono alla Camera le misure economiche d’urgenza proposte dal governo, approvate anche dal Senato ai primi di agosto insieme all’annuncio dei tagli per 50 milioni sulle auto blu della Presidenza del Consiglio e sugli aerei della flotta di stato. A seguire, il DDL sul femminicidio ed un altro su pubblica amministrazione e precariato. A settembre quello sul welfare dello studente, con agevolazioni sui libri di testo e provvedimenti per la tutela alla salute a scuola. Idem come sopra: Interventi utili o inutili? Vantaggi o svantaggi per i cittadini? In ogni caso è difficile affermare che sia stato un Governo immobile.

Il governo Renzi, autodefinitosi “Del fare” si è insediato il 22 febbraio 2014. Dopo 5 mesi, quali i risultati? Sicuramente gli 80 euro nella busta paga di 10 milioni di lavoratori alla vigilia delle elezioni Europee. Incerta, però, la copertura finanziaria o se in autunno si renderà necessaria una manovra. Le riforme costituzionali sono ancora inattuate mentre Renzi ammonisce che queste “non sono il capriccio di un premier autoritario ma l’unica strada per far uscire l’Italia dalla conservazione, dalla palude, dalla stagnazione”. Anche la legge elettorale, l’Italicum, non vede la luce. Per Renzi sarà “Modello legge elettorale dei sindaci: un vincitore – eventualmente con ballottaggio – che ha i numeri per governare. Se non governa è colpa sua, non ha alibi”. Se ne riparlerà dopo la pausa estiva, una volta valutate le possibilità di modifica del Patto del Nazareno.

Rispetto alle dichiarazioni del “fare”, sono attese risposte chiare: Che fine hanno fatto i 60 miliardi di debiti della PA che dovevano essere ripagati entro metà marzo? Che fine ha fatto la legge sul conflitto di interessi da fare entro i primi 100 giorni di governo? Che fine ha fatto il Job Act? Che fine hanno fatto i 3,5 miliardi per l’edilizia scolastica che dovevano essere disponibili entro aprile? Che fine hanno fatto le 15 mila nuove assunzioni nella PA? Che fine ha fatto quell’aumento del PIL dello 0,8%? Che fine hanno fatto gli sconti sulle bollette per le imprese dal 1° maggio?

Se queste risposte continuassero a non esserci a stretto giro, la preoccupazione che il premier “del fare” possa fare meno dei suoi predecessori Monti e Letta non sarebbe infondata. Per i sardi si porrebbe un’ulteriore domanda: E’ a questo Governo del “non riuscire a fare” che si sta cedendo l’autonomia speciale ottenuta nel 1947 ed i denari che lo Stato deve alla Sardegna rinunciando ai contenziosi confermati persino dalla precedente giunta di centrodestra? In cambio di cosa? Di un neocentralismo non meglio definito che comporterà il potere di controllo su entrate, ambiente, energia, territorio, infrastrutture? Anche queste domande attendono risposte..

One Comment

  1. Antonello Farris

    Grazie per questo articolo preciso e puntiglioso. Se ne trae la sensazione che Renzi stia deludendo. Ogni giorno, oramai da maggio, mi capita di rilevare nelle persone che incontro la delusione per un uomo che sembrava chissà che e che non sembra all’altezza della situazione. Era meglio Letta? Forse sì. Era meglio Monti? Forse sì. Era meglio Prodi? Sicuramente sì. Insomma l’Italia è in un pantano… E ne usciremo col nuovo senato? Certamente no!

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