Il valore (economico) del passato [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione Sarda 6/08/2014 (La città in pillole – Il Museo di Marsiglia registra un milione di visitatori all’anno). Il vicino Oriente ci riguarda oggi come nel passato. Alla fine del II millennio il Mediterraneo orientale vide coinvolti in guerre epocali i Sardi. Erano pastori, metallurghi, navigatori, guerrieri. Protagonisti in occidente, eldorado per Micenei e Fenici che dall’oriente si spinsero nell’estremo Mediterraneo e nell’Atlantico. Più tardi da Focea, città greca della Turchia, altri mercanti seguirono le stesse rotte. Fondarono Marsiglia e nel 565 Aleria in Corsica, dirimpetto agli Etruschi. Gli equilibri mediterranei mediati per secoli da epiche e miti, di cui Omero registra l’eco, vacillarono. L’emporio di Aleria, ingombrante per aver accolto i profughi cacciati dalla Turchia da Ciro il grande, fu il casus belli. I Fenici di Cartagine, dopo la fallita invasione della Sardegna, e gli Etruschi ebbero la meglio (540/535 av. C.) sui Greci, nel mare prospiciente. Era la prima vera grande guerra in occidente. I primi si presero il Mediterraneo meridionale e la Sardegna. Gli Etruschi il Tirreno. E Cagliari? Gli eventi ne valorizzarono irreversibilmente topografia e geografia. Ricchi materiali, dall’abitato e dalle necropoli, confermano, per i secoli V e IV av. C., nuovi assetti e dinamismo. Cartagine, vettore di merci e di risorse da e per la Sardegna, attua vistosi investimenti in città giustificati dai ruoli delle città dell’Etruria meridionale, del Lazio, e di Roma con cui firma accordi sulla testa della Sardegna. Ed oggi? Affossato il Betile, Museo d’Arte Contemporanea e d’Arte Nuragica del Mediterraneo, e ridicolizzati i Giganti, Cagliari e la Sardegna a tanto passato non danno valore. Marsiglia, grazie ai Focei, è stata Capitale europea della cultura ed il MuCEM, Museo delle Civiltà d’Europa e del Mediterraneo, registra un milione di visitatori all’anno e rifonda l’economia della città e della Provenza.
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Ottima riflessione. Presto raccoglieremo i pezzi di certe politiche culturali sbagliate, e ne trarremo le dovute conclusioni. A chent’annos!