Quali le scommesse di LAMAS e di S’ischola de su trabagliu per l’Edizione 2014? La quarta edizione de S’Ischola de su Trabagliu, organizzata dall’Associazione culturale LAMAS e patrocinata dal Fondo Ambiente Italiano, candida Pattada ad essere pensatoio delle politiche per lo sviluppo della Sardegna. Come creare lavoro? Quale e come? è il titolo scelto per la due giorni di seminario d’incontro e ascolto che coinvolgerà importanti decisori sociali, amministratori, economici e culturali della Sardegna.
L’appuntamento è presso l’Hotel La Pineta nel Parco La Pineta – Salvatore Pala oggi,Venerdì 12 settembre, e domani Sabato 13. L’iniziativa, che mira ad individuare soluzioni reali per lo sviluppo occupazionale in Sardegna, è strutturato per interrogativi (cinque in tutto) che stimolino il dibattito e la ricerca di strumenti attorno ai cardini tematici di industria, accoglienza, agricoltura ed acquacoltura, artigianato, cultura.
La partecipazione è libera a chiunque ritenga di poter dare il proprio contributo o sia interessato alle soluzioni che si proporranno.
C’è ancora spazio per l’industria? Per quale?
Il secondo dopoguerra sardo ebbe tra i suoi simboli i Piani di rinascita e come figli i cinque bacini industriali di Porto Torres, Ottana, Portovesme, Sarroch. Industria chimica di base , calata sui territoriche ha finito per spezzare consuetudini sociali, agricole e pastorali ritenute terreno di coltura privilegiato delbanditismo e del disagio. Fu la ricerca della seconda nuova via, dopo la strada delle miniere e della colonizzazione economica di intere aree dell’isola. A un secolo e due lustri dalle fucilate che uccisero tre minatori a Buggerru, a cento anni dalla prima grande guerra e dal sacrificio di migliaia di ragazzi sardi, a qualche decennio dall’emigrazione di massa dai piccoli centri, ha ancora senso legare il concetto di industria alle ciminiere spente ed a migliaia di cassintegrati? Che significato ha dipingere di verde dei ferri e far credere che si tratti del nuovo miraggio industriale?
L’accoglienza è il lavoro di una stagione?
È di pochi giorni la dichiarazione del ministro Franceschini per cui occorre superare il concetto di grande albergo e ospitalità industriale, per collegare l’accoglienza ai territori ed ai differeti paesaggi italiani (e sardi), rendendo le stanze vuote degli italiani camere di un albergo diffuso la cui hall siano le piazze dei paesi. Parole importanti, giacché, pur non sconfessando le grandi strutture, obbligano ad una riflessione su come finalmente incrociare il patrimonio culturale, materiale ed immateriale, con l’esistente senza l’intermediazione di catene o investitori rapaci. Ciò significa investire e d agire operativamente sull’autoimpiego di migliaia di cittadini e cittadine, sulla continuità di vita dei piccoli centri, sulla costruzione comunitaria di percorsi turistici di nicchia e
qualità. Tante tessere fanno un mosaico. Bisogna trasferire l’attrattività turistica dalla contingenza ludica al vissuto storico, artistico, antropologico, emotivo.
Dalla terra e dal mare quale lavoro?
L’agri-coltura e l’acqua-coltura sono l’investimento di tempo ed intellettualità per produrre alimenti,energia, abbigliamento, arte più importante che le comunità posseggono. Il lavoro dei campi e del mare si connette col tema dell’accoglienza sostenibile. Oggi sembra normale che un frutto compia decine di migliaia di chilometri per arrivare sulle nostre tavole. Riprendere le produzioni locali connettendole come in passato al consumatore è la sfida più intensa che possiamo avere in termini di posti di lavoro e di qualità della vita: attenzione al patrimonio marino, promozione e conoscenza delle specie ittiche minori contro l’allevamento a pezzatura fissa, affidamento degli spazi coltivabili pubblici a giovani imprenditori, difesa degli ambienti dal geneticamente modificato, riscoperta delle specie vegetali tipiche.
C’è ancora spazio per il sapere delle mani?
La desertificazione industriale è il secondo capitolo di una tragedia che portò all’abbandono ed alla riduzione a folklore delle produzioni del legno, terra, pelle, ferro, edilizia, tradizionali e locali. La componente d’intellettualità presente ai mestieri artigianali ha subìto un costante disconocimento, sino a rappresentare un sopravvivenza regionalistica; errore strategico, prima ancora che etico: le esportazioni di tipicità, a dispetto della crisi economica, crescono di anno in anno. Quali sono i luoghi della produzione artigianale in Sardegna? Quanti gli operatori? Dove espongono? Quali gli strumenti di marketing e promozione ? Quanto interviene il decisore pubblico nella loro esistenza?
Con la cultura si mangia?
L’insieme della produzione artistica, letteraria, architettonica, tradizionale e popolare delle comunità costituisce un patrimonio che può essere fonte di economie rinnovabili e sostenibili; ciò significa che le comunità stesse devono farsi parte attiva del recupero di quanto posseduto in termini di elaborazione intellettuale . Questa elaborazione non è svincolabile dal dato storico: considerare quello culturale un bene improduttivo ha generato l’idea che non possa essere fonte di reddito. Le dimensioni del patrimonio italiano, e sardo nello specifico, sono tali da dover prevedere il coinvolgimento dei privati (enti o imprenditori) ritenendo il profitto positivo, se permette di preservare e diffondere il bene stesso. Ciò non per sostituire l’intervento pubblico, ma per amplificarne gli effetti grazie ad una grande iniezione di realismo: come intendiamo, nel medio termine, valutare e rimodulare le linee di finanziamento per la gestione dei siti di interesse storico, artistico, archeologico in Sardegna? Quanto si spende nell’isola in cultura? Quanto si ricava
dall’investimento?
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condivido molto di quanto espresso e molte sono le riflessioni stimolate dall’articolo. Non poche questioni, almeno quelle relative all’ambiente, in tutto il suo complesso significato, potrebbero trovare risposta negli strumenti di politica economica che si stanno approntando (vedasi PSR per quanto attiene alle possibilità di accesso a risorse economiche per interventi forestali; messa in sicurezza del territorio anche da rischi idraulici; innovazione in campo agrozootecnico; qualità, tutela e valorizzazione della cultura alimentare ecc) e che dovrebbero essere attentamente monitorati dagli amministratori locali e dagli stessi utenti/cittadini, ecc. ecc..
Ma perchè le notizie relative a momenti importanti di incontro come questo non trovano adeguata eco? Io ne ho avuta notizia assai in ritardo. Mi picerebbe esserne informata per tempo, per potervi eventualmente partecipare qualora possibile.
Buon lavoro per quanto fate.
P.S.: con la cultura si mangia eccome!