La Basilica di Bonaria e Delessert [di Maria Antonietta Mongiu]

delessert

L’Unione Sarda 1/01/2014. La città in pillole. Cambiano i luoghi a seconda dello sguardo che li immortala.
Roland Barthes in La camera chiara. Nota sulla fotografia sottolinea narrazioni e responsabilità di una foto. Quanta maggiore consapevolezza in un’epoca in cui contenuti e circolazione sono virali e fotografo, fruitore, fotografato spesso coincidono. Ma che accade se spectator e spectrum ovvero fruitore e oggetto fotografato non coincidono con chi fotografa? Se il distanziamento trasforma l’immagine in archeologia? Se chi fotografa viene da un altrove e vede i luoghi come archeologici?

La questione si pone con le immagini Île de Sardaigne. Cagliari et Sassari. 40 vues photographiques di Édouard Delessert (1854) o di Max Leopold Wagner (1906/1909), visibili nella Sardegna Digital Library. L’emozionalità perdura anche con un approccio problematico se sono l’unica fonte iconografica di un luogo.
Due esempi. La Basilica di Bonaria ripresa da Delessert, prima delle riconsacrazioni del 1885 e del 1926, ed a poca distanza da san Bardilio immortalata da Wagner. Il Santuario, domina una collina in cui emerge dimensione rurale e rupestre che giustifica il toponimo de gruttis della chiesa di santa Maria o de portu salis, in seguito san Bardilio, demolita nel 1929.

Anche Wagner intravede le cavità riferibili ad una vasta necropoli riconosciuta già nel 1587 e nell’Ottocento nella messa in opera del Cimitero e nei successivi ampliamenti, progettati da Gaetano Cima. Gli interventi del Novecento ne hanno eroso unitarietà e dimensione eppure fu in uso dal periodo punico all’alto medievo tra collina e via Cimitero.

C’è un’altra città in Europa dove persistano due colline non diversamente stratificate: una dal Neolitico e l’altra dal IV secolo av. C. con un bellissimo Cimitero monumentale annesso? La prima si chiama Tuvixeddu. Per fortuna furono fotografate con la camera oscura e senza selfie.

One Comment

  1. Michele

    Edouard Delessert, pioniere della fotografia francese, giunge in Sardegna nel 1854 con tutto l’attrezzatura primordiale che doveva essere particolarmente complessa e costosa. Le 40 foto scattate nell’isola furono fatte conoscere al pubblico sardo da L.Piloni in una pubblicazione edita da Fossataro. Il loro contenuto riguarda soprattutto l’architettura sarda del tempo, non tanto l’archeologia o il paesaggio. La Sardegna allora non era ancora italiana ma soltanto piemontese. Prima di venire in Sardegna Delessert aveva fatto un viaggio in Palestina, dove aveva rischiato di essere rapito da predoni arabi.Trova da noi qualcosa di orientale ma soprattutto un’apparteneza europea di tono minore ma pur sempre europea. Cosi il palazzo Ducale dove viene ospitato dai Manca è un edificio di tutto rispetto, ma l’unico interessante in tutta Sassari.E la basilica di Bonaria, come vuol significare Maria Antonietta Mongiu, ma addirittura quella di san Gavino a Porto Torres, sorgono nel deserto. Un secolo più tardi, André Pieyre de Mandriargue, un altro francese venuto a esplorare da noi in epoca preturistica, “mutatis mutandis” dirà più o meno la stessa cosa.

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