Laudatio di Mareya Bashir [di Sergio Vacca]

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L’otto ottobre, con una solenne cerimonia, celebrata nell’aula magna dell’Università di Sassari, è stata conferita la laurea honoris causa in “Pianificazione e Politiche per la Città, l’Ambiente e il Paesaggio”. Questa la Laudatio, forma di presentazione del laudando, pronunciata da un docente del Dipartimento che l’ha proposta (NdR).

Il conferimento della Laurea Magistrale honoris causa a Mareya Bashir in “Pianificazione e Politiche per la Città, l’Ambiente e il Paesaggio” non è cosa usuale, né si attaglia in modo diretto alla professione giuridica della Signora; il significato è tuttavia quello di riconoscerne i meriti per la Sua azione costante nel contribuire a costruire – come recita la motivazione della “Laurea Magistrale ad honorem” – una “Città dei diritti, nella Sua ricerca di una società e di una città più giuste, che permettano pari dignità di accesso ai servizi primari; tra i quali l’istruzione”.

Una città come quella rappresentata da Plutarco nelle Vite parallele, quando parla di Alessandro e ne descrive la vita nelle terre della Battriana, l’odierno Afghanistan occidentale, forse ad Artacoana, l’antica capitale, o forse ad Alexandria Aria, l’odierna Herat. “Egli sempre più si conformava nel modo di vivere alla gente del posto – scrive Plutarco – perché riteneva che, dovendo partire per un lungo viaggio, avrebbe consolidato il potere fondendo i due popoli in una identità concorde mediante la benevolenza più che con il ricorso alla forza”. E, con grande attenzione verso l’integrazione delle culture – è sempre Plutarco che riferisce – “Per questo scelse trentamila giovani e ordinò che si insegnasse loro la lingua greca”.

Perché questa Laurea Magistrale al Procuratore Generale del Distretto Giudiziario di Herat, in Afghanistan, che, non solo è costantemente in prima linea nel perseguire reati penali, ma che ha combattuto nella Sua pur giovane vita per affermare i diritti fondamentali dei cittadini, in particolare delle donne, all’istruzione. E lo ha fatto, sotto un regime oscurantista, a rischio della propria vita e di quella dei Suoi cari.

E’ obiettivo del Corso di Laurea magistrale in Pianificazione e Politiche per la Città formare specialisti, oltreché nella progettazione, anche nelle “Politiche, nei piani, nei processi e nelle pratiche di trasformazione della Città e del Territorio”. Si tratta – come riportato nel Manifesto degli Studi – di una “professione cardine nella nuova Europa, che deve ripensare e ricostruire un rapporto tra sviluppo e territorio”, coniugato non solo in termini di “Técne”, ma anche – è il caso della Laurea Magistrale ad honorem a Mareya Bashir – riconoscerne il ruolo nello sviluppo della consapevolezza delle comunità urbane e rurali dei propri diritti; e anche dei doveri. Diritto alla libertà di espressione in ogni sua forma; diritto a pari dignità ed equità di genere; diritto all’istruzione; diritto alla giustizia. La “città dei diritti”, in sintesi, rappresentata dal diritto alla vita comunitaria e alla cittadinanza.

Ma chi è Mareya Bashir. E’ nata a Kabul nel 1970. E’ di etnia tagika e lingua Dari. E’ la primogenita della Sua famiglia. Perde Suo padre in gioventù, ma nonostante le difficoltà che ne conseguono vuole continuare gli studi e lo fa in modo brillante. Nel 1990, chiede ed ottiene, con il beneplacito del Ministro dell’Istruzione superiore, di potersi iscrivere all’Università di Kabul, nella Facoltà di Leggi e Scienze Politiche e si laurea, in corso. Frequenta poi, sempre a Kabul, la Scuola di specializzazione al ruolo di Procuratore e avvia la Sua carriera come Investigatore criminale presso l’Ufficio del Procuratore Generale di Kabul.

Sposa un uomo d’affari, che intrattiene rapporti con la Cina, e si trasferisce ad Herat, città natale di Suo marito. Nel 1995 Mareya Bashir è ad Herat, appena trasferita col ruolo di Pubblico Ministero presso la Procura Generale. Con l’avvento del regime Taliban deve lasciare il lavoro. Viene infatti vietata alle donne qualsiasi forma di lavoro che non sia esclusivamente casalingo e viene imposto che la loro condizione sia di totale dipendenza dal genere maschile, da padri, da fratelli, da mariti. Qualsiasi diritto di genere viene violato; viene calpestato. Dal lavoro, all’istruzione, alla possibilità di esprimere una qualsiasi opinione.

E’ in questo frangente che Mareya Bashir mostra tutto il Suo carattere, la Sua capacità di reagire per riaffermare il valore di quei diritti vilipesi. E lo fa, a rischio della propria vita e della Sua famiglia: con un’iniziativa che riguarda l’istruzione. Riafferma il diritto all’istruzione delle donne, delle bambine in particolare. Organizza una Scuola clandestina. E non solo per l’ambito familiare. Realizza la scuola per bambine e bambini del vicinato nello scantinato della Sua casa. Libri e quanto necessario per le lezioni viene trasportato con le borse della spesa. Il regime cerca in più occasioni di reprimere questa forma di “cittadinanza attiva”, con irruzioni nella casa, mettendo sotto inchiesta suo marito e arrestandolo.

Nel 2001, alla caduta del regime Taliban, Mareya Bashir riprende il suo ruolo di Pubblico Ministero ad Herat. Nel 2006, a seguito della visita ad Herat del Procuratore Generale dell’Afghanistan, occasione nella quale fornisce importanti suggerimenti per migliorare l’efficienza e l’efficacia del lavoro della Procura, anche in relazione alla possibilità di incrementare il numero delle donne in quell’ufficio, viene nominata Procuratore generale del Distretto Giudiziario di Herat. Ad oggi è ancora l’unico Procuratore generale donna dell’Afghanistan.

Nella Sua posizione di Procuratore generale denuncia fortemente le contraddizioni tra la nuova Costituzione, che l’Afghanistan democratico aveva voluto darsi, e l’operato dei magistrati che ancora applicano la legge della Sharia, la vecchia legge islamica. In particolare per quanto attiene alla condizione femminile. Condizione resa ancora più drammatica dai trent’anni di guerre, a partire dall’occupazione sovietica, che non hanno mai consentito alle donne di seguire le proprie aspirazioni. Evidenzia in particolare il diverso trattamento nei giudizi sui cosiddetti reati di adulterio: mentre le donne erano ancora lapidate a morte per simili accuse, gli uomini non sono soggetti a processi. E, in caso di divorzio, l’affidamento in custodia dei minori veniva – ope legis – attribuita al marito.

Molte donne, in tali circostanze hanno anche preferito il suicidio. Un altro aspetto per il quale si batte, è quello dei matrimoni forzati. E’ consuetudine radicata che le famiglie concedano in sposa a vecchi zii o cugini bambine di otto o nove anni, senza che queste possano ribellarsi e nonostante la legge costituzionale imponga i 16 anni come età minima per il matrimonio. Ne sono conseguenza, anche in questo caso, i suicidi delle spose bambine. Il Suo lavoro è dunque indirizzato anche verso il convincimento ad abbandonare consuetudini arcaiche ed incivili, con risultati promettenti sia nelle città del Distretto di Herat, sia nelle aree rurali.

Non è certo la città e non sono i costumi e gli usi, dei tempi di Alessandro, che descrive Plutarco, che riferisce degli ordini di Alessandro perché si rispettino le donne fatte prigioniere nelle battaglie contro Dario e comanda ai suoi uomini che ognuna di esse abbia un trattamento consono al proprio rango. E riguardo alla persona di Alessandro “Quanto alla vicenda con Rossane – figlia del Satrapo Battriano, Ossiarte – che egli vide giovane e bella mentre partecipava alle danze durante un banchetto, fu certo una vicenda d’amore …… egli [Alessandro] non volle neppure toccare questa donna, la sola che lo vinse senza la sanzione della legge”.

La corruzione è un altro degli aspetti drammatici della vita della nazione alla cui lotta dedica gran parte delle proprie energie. Cerca di contrastare con ogni mezzo gli effetti nefasti di una prassi introdotta dal Governo in carica, ossia quella di attribuire gli incarichi di Stato su base etnica. Ed ha anche suggerito al proprio Governo di accoppiare la lotta alla corruzione con aumenti salariali ai funzionari; in modo da disincentivarla. Per rafforzare la legalità, ha chiesto ripetutamente al Governo che venissero introdotte regole più stringenti nell’applicazione delle leggi.

La Sua nomina a Procuratore Generale ed il Suo modo di operare non sono stati accettati sia dal sistema socio-antropologico tribale, per il Suo essere Donna chiamata – laddove necessario – a mettere sotto inchiesta il genere maschile e ad assumere provvedimenti restrittivi anche sulla libertà degli individui; sia dal sistema corruttivo, a tutti i livelli, tuttora potente in Afghanistan. Non veniva accettata la Sua difesa della donna nel trattare i casi di violenze familiari e la Sua volontà di portare in Tribunale i mariti.

Tra i seguaci del vecchio regime oscurantista, i chierici di Herat emisero una fatwa contro le donne che circolano per strada e nei luoghi pubblici senza la scorta degli uomini della famiglia. Anche contro questi abusi il Procuratore Bashir ha preso provvedimenti. Oggi nella città di Herat e nella Provincia, grazie al suo esempio ed alle sue sentenze, parole come libertà e diritti iniziano ad avere significato e valore anche per le donne, come la libertà di scegliere se indossare il burqa o l’hijab. Numerose le minacce e gli attentati a Lei personalmente ed alla Sua famiglia. Non vi è stata da subito un’assunzione di responsabilità da parte del Governo per la Sua sicurezza.

Per il suo attivismo sociale, particolarmente rivolto alla promozione della causa femminile, Mareya Bashir ha ricevuto nel 2011 l’ambito premio internazionale The International Women of Courage Award, che viene conferito dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti mentre l’autorevole rivista “Foreign Policy “ l’ha inserita nella lista dei “top 100 Global Thinkers of the world “.

Questi fatti testimoniano l’impegno costante di Mareya Bashir nella Sua ricerca di una “Società e di una città più giuste, nel costruire perciò la Città dei diritti”, come efficacemente espresso nella motivazione della proposta di conferimento della laurea ad honorem.

E più oltre – citando sempre la proposta di conferimento – “il rapporto tra giustizia sociale e spazio, la comprensione delle interazioni tra spazio e società è essenziale per la comprensione delle ingiustizie sociali e per una riflessione su politiche di piano che mirino a ridurle, a prescindere dalla diversità fra le definizioni di “giustizia” e dei possibili “contratti sociali” che le legittimano”.

Questa è Mareya Bashir, cittadina Afghana, Procuratore generale del Distretto Giudiziario di Herat, a cui l’Università degli Studi di Sassari conferisce oggi la Laurea Magistrale ad honorem in “Pianificazione e Politiche per la Città, l’Ambiente e il Paesaggio”.

 

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