Ha vinto un forte marchio identitario? [di Paolo Matta]
Che tutta l’operazione “Capitale Europea della Cultura” fosse una straordinaria offerta marketing-mediatica, fra sondaggi e persino scommesse online, erano davvero in pochi a dubitarne. E a poco servono ora, dopo l’incoronazione di Matera, rilievi e accuse al coach Zedda per non aver messo in campo la formazione migliore per stracciare gli avversari e conquistare l’alloro europeo. Piuttosto ci sarebbe da chiedersi a cosa debba questa vittoria il capoluogo lucano, scelto – non a caso – da Pasolini come città-set per il suo Vangelo di Matteo, inarrivata e, forse, inarrivabile trasposizione filmica della Parola rivelata. Non sarà, vien da pensare, quel suo fortissimo e inossidabile marchio identitario? Matera, nel mondo, vuol dire i suoi Sassi, patrimonio universale di storia e di cultura. Così come il Palio per Siena, Sant’Apollinare o Galla Placidia per Ravenna, Giotto e San Francesco per Perugia-Assisi, il Barocco per Lecce. Forse a Cagliari è mancato questo ancoraggio forte come invece avviene – per stare in un ambito regionale – con i Candelieri a Sassari, il Redentore a Nuoro o San Costantino a Sedilo. La candidatura di Cagliari ha poggiato – scelta del tutto legittima ma strategicamente azzardata – su un mix artistico-ambientale diffuso, intrigante tavolozza di proposte progettuali forse dai troppi colori. Non vorrei che la Giunta Zedda fosse rimasta vittima di una riserva ideologica quando non ha scelto di puntare con decisione su chi avrebbe potuto rappresentare la mossa vincente di quest’estenuante partita a scacchi: Sant’Efisio. Nonostante un culto millenario e tre secoli e mezzo di ininterrotta processione votiva, che non ha eguali nel Mediterraneo cristiano, questo evento non riesce ancora a imporsi come simbolo di Cagliari nel mondo. Tutto lo sforzo verso l’Unesco, anche di questa Amministrazione, per il riconoscimento del Voto a Sant’Efisio come patrimonio immateriale dell’Umanità poteva essere quel valore aggiunto, storico-identitario, magari decisivo per far pendere la bilancia verso la Sardegna. Loro, i santi, non sono come noi, presuntuosi e dispettosi. Loro danno sempre una seconda opportunità perché sanno aspettare e ascoltare. Senza stancarsi. Mai.
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Non è che sant’Efis non ha fatto il miracolo e non c’entrano i sindaci più o meno avveduti. Figurarsi, il sindaco di Matera! Noi abbiamo visitato Matera un paio di anni fa e abbiamo scoperto una città affascinante e colta, abbiamo conosciuto della gente consapevole à visto tantissimi giovani che non si vergognano di amare la loro città e di lavorare con entusiasmo, ad es. nei beni culturali o nel parco delle Murgie, abbiamo avuto l’impressione nettissima e assai gradevole di una città che vuole costruirsi qualcosa che prima non c’era, il senso di sè, l’autostima, credere nella propria cultura e coltivare speranze di vita finalmente migliore. I Sassi erano la vergogna italiana, un’identità al peggio, ora sono Beni Culturali di primaria importanza, c’è un turismo colto (senza le meganavi da crociera) e l’ospitalità è vera e di qualità. Matera in cinquant’anni è passata dal neolitico al linguaggio artistico e industriale di oggi. Ecco che cosa fa la differenza, loro sono in cammino e anzi corrono, noi no. Dobbiamo imparare molto da quella piccola grande città ex brutto anatroccolo .