Gli annunci cantierabili di Renzi [di Raffaele Deidda]

gufi

Il sindaco di un ipotetico paese della Spagna aveva richiesto dei preventivi per il rifacimento della facciata del comune. Ne arrivarono tre: di un imprenditore marocchino, di un tedesco e di uno spagnolo. Il costo dell’impresa marocchina ammontava a tre milioni, quello del tedesco a sei e quello dello spagnolo a nove. Essendo così marcate le differenze, il sindaco volle sentire i proponenti. Il marocchino spiegò che prevedeva di usare malte di grande qualità e pitture acriliche particolarmente pregiate per il costo di un milione. Un altro milione era costituito dalle spese per impalcature, pennelli, gessi, rifiniture etc.

Il restante milione per manodopera e direzione lavori. Il lavoro sarebbe stato eseguito a regola d’arte, nel rispetto delle leggi e con un risultato estetico garantito. L’impresario tedesco giustificò il suo importo in quanto avrebbe usato sabbie e malte di primissima qualità e rivestimenti in poliuretano per un costo di due milioni. Altri due milioni sarebbero serviti per altri materiali, impalcature, discarica inerti, tutela ambientale e rispetto assoluto delle norme sul lavoro. I rimanenti 2 milioni avrebbero costituito il costo della manodopera.

Si aggiudicò il lavoro l’impresa spagnola. Il sindaco riferì in Consiglio comunale che questa forniva in assoluto le migliori garanzie per un’esecuzione dei lavori efficiente, efficace ed economica. La più rispondente, quindi, all’interesse pubblico. In realtà le cose erano andate diversamente. L’impresario spagnolo aveva proposto: “Sindaco, perché non facciamo così? Tre milioni li intasca lei, tre io e con i restanti tre subappalto il lavoro all’impresa marocchina. Sono molto bravi sa, lavorano con grande serietà e capacità. Vedrà che faranno un ottimo lavoro!”.

Fanta (mala) amministrazione pubblica? Mica tanto fanta, se si legge nel libro di Alberto Vannucci “Atlante della corruzione” come una tangente di 950mila euro pagata al sindaco di un comune dell’hinterland milanese sarebbe stata recuperata caricando sulle bollette del gas delle famiglie un extra-prezzo di 0,04 euro al metro cubo, pari al 17 per cento in più, che la società comunale distributrice versava all’impresa fornitrice. La prima rata della tangente, 372 mila euro, sarebbe stata mascherata come contratto di consulenza a una società intermediaria, di proprietà del sindaco.

Ai tempi della Prima Repubblica governava il sistema della corruzione la cupola dei partiti insieme alla cupola delle imprese. Si trattava di sistemi ben strutturati per finanziare in maniera occulta la politica. I “ladri” della Prima Repubblica oggi sembrano non esserci più, ma si è comunque in presenza di situazioni corruttive diffuse, con migliaia di grandi e piccoli personaggi politici che traggono vantaggi illeciti dagli incarichi che ricoprono.

Rispetto al passato la situazione è più grave. Mentre nel precedente sistema erano contemplate tangenti variabili dal 5 al 10% sul costo delle opere da realizzare, sembra oggi che tutta la spesa pubblica sia considerata una maxi tangente, come lo scandalo del Mose e dell’Expò 2015 hanno evidenziato. Le motivazioni sono da ricercarsi principalmente nella “liquidità” dei partiti politici che lasciano spazio a quelli che Bettino Craxi (!) chiamava “mariuoli”e alla trasformazione delle imprese in scatole vuote.

Nel suo intervento finale alla Leopolda il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha detto: “C’è una guerra da combattere contro quelli che sostengono che in questo scenario l’Italia ha tutto da perdere. Parlo di un ceto intellettuale dominante in Italia che si comporta come quei pensionati che si mettono a osservare il lavoro in un cantiere e guardando dicono ‘non ce la faranno mai a finire’. Quasi certamente il premier non ha inteso citare gli intellettuali-pensionati (ceto dominante?!) che osservano il lavoro dei ”mariuoli” nei cantieri e che denunciano corruzioni e malefatte. Queste si responsabili dei lavori che non verranno finiti nei tempi previsti e che avranno costi spropositati rispetto a quelli preventivati.

Renzi ha voluto ancora una volta calcare la mano contro gli “intellettuali dei miei stivali” di craxiana memoria, rivisitati con i “professoroni”, con corollario di gufi e rosiconi che osservano perplessi la straordinaria “annuncite” del premier, pronto a rivoluzionare tutto: dalla Pubblica Amministrazione alla Costituzione. Sarebbe anche pronto anche ad abolire le Regioni a statuto speciale se glielo lasciassero fare, come ha dichiarato la ministra Boschi. Che ha poi ritrattato a seguito della reazione del governatore della Sardegna, autodefinitosi a suo tempo “renziano della prima ora”.

Francesco Pigliaru, promosso “professorone rosicone” sul campo, ha infatti tuonato: “Proporre oggi l’abolizione delle Regioni a statuto speciale troverebbe una tale opposizione da far saltare tutto il progetto di riforma costituzionale”. Per il momento, quindi, dell’abolizione delle Regioni a statuto speciale non se ne fa nulla. Mentre gli intellettuali – pensionati, con grande fastidio del presidente del Consiglio, continuano ad osservare perplessi i cantieri renziani dove tutto dovrebbe riformarsi e/o rottamarsi con grande velocità secondo la volontà del vendicatore anti-establishment, chi osserva e contrasta la corruzione, il cui extra-costo ricade sui cittadini che ne pagano il prezzo pur non essendone i diretti responsabili?

Non è forse la vera priorità, prima dell’abolizione delle Regioni a statuto speciale, la lotta vera, energica ed efficace ad un sistema abietto che produce danni erariali per diverse decine di miliardi ogni anno? Se così non è, il presidente del Consiglio ci spieghi le ragioni.

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