Nella patria della bella Costituzione la rieducazione dei colpevoli è lontana [di Franco Meloni]

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Vogliamo pregare anche per quelli che hanno colpito il mio papà perché, senza nulla togliere alla giustizia che deve trionfare, sulle nostre bocche ci sia sempre il perdono e mai la vendetta, sempre la vita e mai la richiesta della morte degli altri.”

Febbraio 1980, doloranti per i colpi inflitti dalle Brigate Rosse, terrorizzati dalla violenza che sembrava potesse distruggere le basi stesse dell’Italia, resi confusi nel districare il vero dal falso per azioni che rimandavano sempre a voleri occulti, futuri orfani di una politica che faceva scelte incomprensibili, piangevamo la morte del padre di un nostro brillante, giovane collega.

Giovanni Bachelet era stato strappato all’impegno in ricerche che lo coinvolgevano come solo la Fisica sa fare, per tornare a Roma per salutare per l’ultima volta Vittorio, Professore alla Sapienza e Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura: un simbolo forte di una nazione democratica basata sul diritto. Di Giovanni conoscevo la forza della fede ma le parole di preghiera per gli assassini del padre mi hanno turbato in modo spero indelebile.

Novembre 2014, confusi per avvenimenti che globalmente mostrano l’estrema difficoltà nel prendere decisioni che non siano ciecamente rivolte all’immediato, storditi da quantità enormi di informazioni che richiedono tempo per essere situate in un quadro che faccia capire come comportarsi, si parla di perdono con la figlia di Aldo Moro e con il Procuratore della repubblica Mauro Mura nella Comunità della Collina da don Ettore a Serdiana.

L’interesse è grande perché, se è quasi naturale che un cristiano usi il perdono, sembra atto di estrema debolezza il vederlo applicare dallo Stato. Nella discussione, molto partecipata con un senso di pudore e rispetto per il grande male subito, si è mostrata la grande difficoltà, vinta, nell’accettare il colpevole di un delitto così grande e di perdonarlo. Impresa al limite dell’impossibile, e mi è tornata in mente l’immagine delle parallele confluenti.

Il Procuratore, invece, citando direttive europee, ha dimostrato che la situazione penitenziaria è arrivata ad un punto tale che, per evitare pesanti sanzioni da parte della CE, bisogna trovare un modo per uscire da condizioni indegne nel trattamento dei detenuti. Considerando la mia profonda avversione per l’ergastolo, ho sentito montare la rabbia perché, come cittadino della patria del diritto, di Cesare Beccaria, della Costituzione più bella del mondo, devo applicare la Legge, quella che prevede non la vendetta ma la rieducazione dei colpevoli, perché viene richiesto da calcoli di ragionieresca economia e non perché sia giusto.

Pretendo che le nostre istituzioni abbiano il coraggio di ribadire che il perdono, e quindi la considerazione dei colpevoli come individui che devono essere riportati nel rispetto delle regole, non è un atto di debolezza o peggio di sentimentalismo utopico, ma piuttosto l’affermazione che una nazione senza giusta Giustizia non sarà mai una nazione civile.

 

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