Un saluto a Francesco Floris [di Maria Antonietta Mongiu]
Nel complesso e variegato mondo della scuola, il Liceo Siotto di Cagliari rappresenta un luogo speciale. Lasciato il quartiere Marina era approdato all’alba del 1968 all’estremo lembo occidentale della città in viale Trento dove si era insediata la Torre della Regione. Ai piedi di Tuvixeddu, a ridosso di una delle più antiche cave trasformata in campo sportivo, tra cisterne di case romano repubblicane e botteghe ricavate in eremi bizantini, già mausolei romani, che Delessert fotografò nel 1854. In questo istituto che Ubaldo Badas volle a forma di aereo che plana in un pezzo di mondo antico ha regnato un uomo speciale Francesco Floris, il Preside per eccellenza del Siotto perché specchio della complessità e delle contraddizioni di quel luogo posto di fronte a Cruxi Santa che volle emblema del primo POF, quando sembrava che davvero una riforma sarebbe stata la riforma. Era stato Presidente della provincia di Cagliari e dunque politico ma di quel mondo non aveva la perfidia o il cinismo. Ebbe perciò vita breve dentro le istituzioni. Per fortuna amava la storia che coltivò con dedizione e che lo gratificò non poco. L’arco della sua produzione più intensa coincide proprio con gli anni in cui fu Preside del Siotto tra la fine degli anni Ottanta ed il 2006/2007. Aveva iniziato con Sergio Serra ed aveva proseguito da solo dopo la sua scomparsa. Tra i tanti titoli Storia della nobiltà in Sardegna. Genealogia e araldica delle famiglie nobili sarde (Cagliari, 1986, ristampato nel 2007); Breve storia della Sardegna (Roma, 1994); Feudi e feudatari in Sardegna (2 volumi, Cagliari, 1996); La Sardegna del Novecento (Cagliari 1997); I sovrani d’Italia (Roma, 2000); Bibliografia storica della Sardegna. Libri, articoli, riviste, manoscritti dalle origini alla fine del XX secolo (Cagliari, 2001); I sovrani d’Europa. Una storia del vecchio continente attraverso le vicende e i segreti delle famiglie che vi regnarono (Roma, 2005); Storia della Sardegna (Roma, 2007); (a cura di F.Floris) La grande enciclopedia della Sardegna (Sassari, 2007). Gli piaceva parlarne mentre li costruiva come gli piaceva affabulare di tutto e con tutti, si trattasse di uno studente, di un docente, di un genitore. Simpatico, travolgente, umano. Di compagnia si diceva un tempo. Quella frase “chiudi la porta” del suo studio più che una minaccia, annunciava epiche e narrazioni dove mille personaggi ed aneddoti si intrecciavano. Erano anni in cui al Liceo Siotto un gruppo di docenti oltre ad essere comunità educante aveva un rapporto speciale con la ricerca e lo studio. Una comunità di individualità di alto profilo che praticava una sorta di “moderno umanesimo” in cui la cultura era la chiave di pratiche e di relazioni malgrado le differenze. Di questa comunità Francesco Floris voleva essere cerimoniere. Come dimenticare alcuni siparietti, le risate fragorose, la leggerezza con cui riusciva ad uscire da situazioni altrimenti irrisolvibili. Zizzu come lo chiamava Placido Cherchi stamane ci ha lasciato all’alba. In verità ci aveva lasciato da qualche anno. Non ha saputo che più di un docente che lo rendeva orgoglioso perché arricchiva di qualità il suo Istituto lo ha preceduto. Voglio credere che si ritrovino e riprendano a raccontarsi quelle storie che talvolta sembravano esagerate. Erano meravigliose e leggendarie perché raccontate da persone speciali che hanno cambiato la vita di tanti ragazzi e ragazze come continua a capitare in mille altre scuole ogni giorno. In tanti ricorderemo con un sorriso Francesco Floris perchè gli uomini e le donne che sanno costruire comunità devono essere ricordati con gioia. La famiglia, quella privata e quella più vasta di studenti e docenti, ne deve essere particolarmente orgogliosa. |
Con il dispiacere e il cordoglio a me il rimpianto di non aver potuto terminare un progetto comune rimandato al Suo ritorno in Italia, purtroppo avvenuto in una condizione che lasciava poche speranze.
Mi dispiace tantissimo, l’ho avuto come prof al Liceo G. Marconi di San Gavino e, nonostante il mio odio per la filosofia, lui Francesco me la fece amare. R.I.P.
Il ricordo di una persona amabile,disponibile,attenta all’altro,pur senza mostrarlo.non dimenticherò la sua bonomia e la sua grande cultura mai ostentata.Grazie per tante belle giornate trascorse in viaggio ‘coi Castelli’.AnnaPau
Ricordo Francesco Floris con affetto; la sua umanità e la sua pazienza mi hanno arricchito. So che è stato accolto con gioia nel Cielo in cui credeva da tante persone che gli hanno voluto bene … grazie Maria Antonietta per il ricordo. Ciao r
Ho incontrato Francesco Floris facendo il suo mestiere. Siamo stati poco assieme, ma ho appreso da lui che una scuola deve essere un centro di cultura, di produzione e di consumo culturale. I docenti, intellettuali ricercatori. Gli studenti, menti in formazione.
Il Siotto era tutto questo. Grazie a lui.
Ciao, Floris.
Francesco Floris appartiene alla mia storia di insegnante. La sua qualità più preziosa, ai miei occhi, era quella di portare con sé un “clima” fatto di parole e di ascolto reciproco.
Ho apprezzato la sua curiosità per i progetti altrui, la disponibilità a lasciare spazio e a riconoscere l’entusiasmo sincero.
Altri tempi? Forse sì.
Sono state tante le mattine cominciate all’insegna di una breve visita nell’ufficio del preside Floris, a causa della mia inguaribile condizione di ritardatario. Seduto nella sua stanza colma di volumi sulla Sardegna e altri mattoni, riusciva sempre a mascherare un rimprovero con un aneddoto stimolante, perché a lui premeva più trasmettere la curiosità e la passione per la conoscenza che il cieco rispetto delle regole.
Ti ringrazio per aver sempre lasciato spazio ad alunni e insegnanti e per non aver mai imposto le tue idee. Lo devo anche a te se ho avuto degli splendidi insegnanti.
Era uno degli ex alunni-colleghi fraterni di mio padre Benedetto, (un’altra delle colonne del Siotto negli anni dal ’60 al ’90).
Papà gli aveva fatto amare la storia e insieme dividevano ad ogni incontro cultura, fede e barzellette.
Insieme a Enrico Onnis e Aldo Cairola era parte della nostra famiglia, si sedevano a tavola con noi sette rampolli e ci trattavano come figli. Ricordo che feci da paggetto (o chierichetto ?) al suo matrimonio e quel ricevimento spassosissimo in un locale su tre livelli all’inizio di Via Garibaldi dove si inserisce Via Alghero. Poco più di un decennio dopo, nel 1980 per un giorno fummo ‘colleghi’ al Siotto (grazie a una supplenza in Educazione Fisica mentre frequentavo l’ISEF). Non colleghi, sempre figlioletto ero….addio caro Francesco da parte di tutta la nostra famiglia.