Insegnamenti per i nuovi Gal e il Piano di sviluppo rurale? [di Umberto Cocco]
C’è voluta una sentenza del Tar della Sardegna per sancire che il Gal Terre Shardana aveva torto a non presentare le fatture originali per documentare le spese, e che una fotocopia macchiata di sugo non è l’equivalente. Una vergogna, i sindaci la denunciarono un anno fa. Gli ambienti che espressero quel consiglio di amministrazione (Confesercenti, Coldiretti, Legacoop, un pezzo di Forza Italia, un pezzo del Pd), e che poi lo hanno sostituito con altri amici dello stesso coté, hanno cercato di coprire per un anno: hanno scelto il legale e la linea difensiva che pretendeva che fossero “puri formalismi” le richieste degli uffici della Regione di avere fatture originali o documenti equivalenti, e non fotocopie, persino fotocopie di assegni non intestati, a giustificazione delle spese per le quali si chiedeva il rimborso. Ecco, letteralmente, qualche riga della sentenza del Tar di qualche giorno fa, che più chiara non potrebbe essere: “Lo stesso ricorrente (il GAL, ndr), del resto, ammette che il GAL possa essere incorso in errori formali o irregolarità “commessi in modo non intenzionale” nella fase del rendiconto delle attività, che tuttavia – a giudizio del collegio – non possono ritenersi “meri formalismi”, posto che in materia di erogazione dei finanziamenti pubblici la necessità del rispetto degli adempimenti formali e contabili risulta palesemente funzionale all’accertamento della regolarità della spesa. La circostanza che il GAL ricorrente abbia chiesto per due volte il rimborso delle stesse fatture nella medesima domanda di pagamento; che abbia presentato copie di assegni non datati e altri non intestati; che alcuni documenti presentati come originali dal GAL riproducessero “annotazioni, evidenti segni della pinzatura o dei fori lasciati da un perforatore”; che alcuni documenti forniti a seguito di richiesta di integrazione differissero “dalle precedenti versioni nelle intestazioni o nell’oggetto della prestazione”; che il GAL abbia “dichiarato in tre momenti diversi di presentare i veri documenti ‘originali’ “, con ciò “smentendo di fatto l’originalità dei documenti presentati nei due momenti precedenti” (come evidenziato dalla difesa dell’amministrazione regionale nelle proprie memorie), “devono ritenersi circostanze idonee a legittimare le impugnate determinazioni dell’amministrazione regionale di non ammissione delle relative voci di spesa“. Ora tutto finisce forse col fallimento del Gal Terre Shardana e la perdita di 8 o 9 milioni di euro sottratti al territorio. Non è granché la capacità di programmazione dei nostri territori, ma ci sono decine di imprenditori che hanno vinto i bandi e aspettano il rimborso di contributi per investimenti in fotovoltaico, in B&B, in campagna e nei paesi, dal Sinis alla Planargia, al Montiferru, al Guilcier, al Barigadu, al Monte Arci. Una settantina li si riesce a recuperare, grazie al contributo dell’Assessorato all’Agricoltura che ha messo a disposizione propri uomini per definire le pratiche. Gli altri, molte decine di altri, forse perdono tutto. E perdono in media fra 100mila e 200mila euro ciascuno i Comuni dello stesso territorio che hanno vinto i bandi per la manutenzione di aree pubbliche e sentieri con l’impiego di imprenditori agricoli, per avviare persone in difficoltà in attività agricole, per migliorare le biblioteche con l’accessibilità, l’wi-fi. Investimenti non soggetti al patto di stabilità che blocca tutti gli altri, e dunque quanto importanti in questi tempi di difficoltà. Il fallimento del Gal Terre Shardana è l’esito più probabile a questo punto. L’assemblea ha nominato un liquidatore qualche settimana fa, che si sta adoperando per salvare qualche cosa, recuperare qualche po’ di soldi dei 900mila del buco. I sindaci tifano per lui, come gli imprenditori. Ma il tempo perso dal nuoco CdA a cercare di coprire le responsabilità del vecchio, nell’attesa della sentenza del Tar, sperando che qualche rendicontazione abborracciata venisse ammessa, dando torto alla “troppo severa” dirigente dell’ufficio dell’Assessorato all’Agricoltura, credo che ci costerà caro. Insegnamenti, alla vigilia dei nuovi Gal, e del Piano di sviluppo rurale? Insegnamenti per l’Oristanese: l’impresa privata è debole, non è una scoperta, quella agricola ancora di più. Ma non si può surrogarla con rappresentanti di organizzazioni di categoria, perdipiù di città, quando la città non fa parte del Gal, e impegnati in tutt’altri affari, all’interno di altre logiche. Lasciar fare agli amministratori comunali? Abbiamo fatto un sacco di errori anche noi, è come se non sapessimo fare altro che opere pubbliche, materiali, belle evidenti che fanno esclamare ai compaesani: “Quel sindaco ha fatto quel museo, quella piazza“, poco importa che nessuno li frequenti i musei, e che siano rimasti in pochi a percorrere le strade. Ma non è un buon motivo per tenerci fuori dalla programmazione, come la Regione e ancor più Renzi stanno facendo, lasciando ai sindaci le rogne, le tasse da imporre sia pure con le loro regole, la gestione delle liste dei disperati.
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