A Stampace la dimora di Adone [di Maria Antonietta Mongiu]

fotogallery_tradizione6

L’Unione Sarda 19/11/2014. La città in pillole. Il racconto del ritorno agli Inferi su petali di rose. Come sant’Efisio.
Adone raccontato da Ovidio e nelle tante varianti da James Frazer in Il ramo d’oro è domiciliato in Stampace nel luogo occupato nell’Ottocento dal Campo e dalle Osterie di sant’Anna e dello Schiavo. A monte del Palazzo delle Poste che nella messa in opera nel 1927 aveva restituito una testa di Iside, assimilabile a Venere, e sposa di Osiride, assimilabile ad Adone.

La sua “dimora” venne in luce tra le attuali vie Mameli, Maddalena, Malta, nel luglio del 1938, nelle fondazioni di un palazzo che prevalse. Lo scavo fu interrotto nell’ottobre del 1938 perché il Soprintendente alle Antichità Doro Levi fu allontanato per le leggi razziali. Ripreso nel gennaio successivo da Paolino Mingazzini, proseguì fino a giugno ed ancora a novembre. Interventi di Raffaello Delogu nel 1940 e 1941.

Scavo eclatante per monumentalità e per materiali, fonte ancora di sorprese. Era un tempio teatro, ascritto da Simonetta Angiolillo al culto di Adone e Venere, identificato col tempio tetrastilo dedicato a Venere raffigurato in una moneta della fine del I sec. av. C. che ha nel dritto i sufeti punici Aristo e Mutubal Ricoce. Il complesso, medio/tardo repubblicano, di tradizione centroitalica è un fascinoso racconto aperto.

Rami di corallo e matrici fittili, cavea in asse col tempio, fulcra (testate di letti) narrano di banchetti rituali in onore di più divinità. In specie di Venere che piange Adone, ucciso dal cinghiale, che incontra ogni anno nelle Adonie prima di lascarlo ritornare agli Inferi attraverso il mare, allora a ridosso, accompagnato da nenniri, infiorata di petali di rose, di menta, di fiori di melograno.

Ricorda Efisio che a calendimaggio va via lungo il mare per ritornare di notte nel municipium carico di promesse.

 

 

Lascia un commento