I nuovi padroni della Ferriera potrebbero destinarla ad un centro di ricerca? [di Franco Meloni]

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L’Italia continua a stupire perché, malgrado le disgrazie che sta attraversando, mantiene, presso chi ci guarda dall’estero, un aspetto di Paese Felice. Il WellBeing, la qualità della vita, sembra resistere ai colpi e alle avversità della avversa fortuna e la sensazione è che, comunque, in Italia si vive ancora bene. Il paesaggio e le Città sono elementi fondamentali per una descrizione della socialità che molti ci invidiano.

La Città respira e vive grazie ai luoghi di incontro, le piazze, dove si attuava la gestione del potere: la Democrazia. I commerci e le piccole imprese hanno prosperato attorno a questi centri di ritrovo sociale. Il Rinascimento non aveva paura di un quadro particolarmente algido come quello della Città Ideale. Al contrario, un dipinto del Canaletto evidenziava il reale matrimonio di Venezia col mare. La Città era viva perché il popolo si muoveva in modo da far respirare il complesso tessuto che definisce una comunità di intenti. Il popolo era composto da persone che volevano essere informate dei fatti.

Dopo anni bui di un regime mai sufficientemente deprecato, le piccole attività nascevano in un dopoguerra che aspirava ad un po’ di tranquillità. La Sardegna cercava un confronto con un mondo sempre meno provincializzato dopo sogni di irrealizzabili fasti imperiali. Ci si risollevava scoprendo il nostro ruolo in ambiti non solo geograficamente più estesi. La Città aveva, comunque, un ruolo di proposta di politiche che potessero indicare dei percorsi di sviluppo. La Città ha una responsabilità che non può eludere.

I tempi, quando si sono visti trascorrere i secoli con interazioni che solo lentamente si stanno scoprendo, hanno dato a Cagliari un ruolo importante nel Mediterraneo. Ma un ruolo non è una investitura divina che si possa perpetuare senza alcuno sforzo. Bisogna capire come situarci nel corso degli eventi, sempre più coinvolgenti e mai trascurabili. Le analisi, complesse per definizione, devono tenere conto di quanto scelte avventate possono compromettere uno sviluppo che renda la Città ai suoi abitanti.

La vivibilità in un contesto sociale che aspiri a stati di serenità deve, comunque, avere la preminenza in un progetto che fortifichi la convivenza di cittadini che condividono uno stesso sogno. Amo i piccoli negozi, in particolare le drogherie, dove la vita sembrava cambiare ritmo. Ricordo i cinema, magari affumicati, dove si sostituiva Tirone ad Amedeo. Ricordo locali dove i libri non erano merce ma oggetti di discussione. Rimpiango il profumo di caffè scendendo in una strada con irraggiungibili negozi di giocattoli.

Ho ancora in qualche parte della memoria il secco profumo di quaderni neri calati in efficienti cestini in cartolerie con mappamondi da scoprire. Mi mancano i bar dove sarebbe stato impensabile, e anche rischioso, parlare di apericene. Conseguentemente, odio con grande razionalità, i multi cinema e gli ipermercati dove non mi sento più cittadino ma cliente. E io non voglio comprare. E non mi piacciono i super stellati alberghi affettuosi come un aspirapolvere.

Sapere che altri bricoqualcosa si stanno aprendo, altre strutture dall’insegna celeste stanno valutando se noi Sardi rappresentiamo un bacino di utenza vantaggiosa, mi preoccupa. Ogni piccolo negozio che chiude mi ferisce, e non solo sentimentalmente, perché così diminuisce la mia sicurezza sociale. Strade deserte e magari male illuminate riportano a piazze popolate da forti alienazioni. E De Chirico non mi piace.

I nuovi padroni della Ferriera potrebbero considerare di destinare lo spazio ad un centro di ricerca? Magari avrebbero la simpatia e la riconoscenza di tanti abitanti della nostra bella Città.
*Fisico. Università di Cagliari

 

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