Mezzora con Walter Piludu [di Gabriele Calvisi]

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L’appuntamento era verso le 12 di un giorno pari. Oggi. Arrivo con un anticipo di 10 minuti. Esito nel premere il campanello. Poi mi risponde una voce lontana e gentile. Non faccio in tempo a chiedergli a che piano. Mi apre il cancello. Entro e al primo la porta era aperta: un ragazzo filippino mi sorride. Gli porgo la mano per salutarlo.

Vedo Walter a sinistra entrando. Intubato. Adagiato su una seggiola grande. Mi avvicino salutandolo con un sorriso e gli bacio la fronte. Walter dilata le sopra ciglia come un saluto, come un sorriso impedito dai tubi. Ha gli occhiali da vista rettangolari, stretti, non come quelli che portava 40 anni fa a goccia e grandissimi, quando era l’eccellente segretario della sezione universitaria del PCI, Karl Marx, a cui ero iscritto anche io.

Gli racconto il mio senso di colpa per aver saputo troppo tardi della sua condizione. L’ultima volta ci eravamo visti in teatro per un concerto oltre 10 anni fa. Mentre solo due o tre anni prima avevamo pranzato assieme, da Beppe, vicino a Piazza del Carmine. Avevamo aggiornato le informazioni delle nostre rispettive vite come si fa tra amici con lo stesso sentire del giorno prima anche se non ci vedevamo da oltre 20 anni. In quel pranzo gli raccontai, tra l’altro, della mia passione tardiva per la musica classica e per il pianoforte. Ascoltò. E poco tempo dopo seppi che era diventata la sua passione, sicuramente superandomi in abilità. E seppi che il suo pezzo preferito era eseguire al piano, che vedo vicino al lui, il Canone in Re maggiore di Pachelbel.

Ne parliamo un po’ gli racconto dell’idea di utilizzare il Canone in Re maggiore come colonna sonora della sua ultima battaglia di civiltà a cominciare dal Convegno di sabato 20 a Serdiana alle 9:30. Lui annuisce, leggo la sua approvazione e soddisfazione per questo. Insisterò con Romano Cannas, il mio referente per quel convegno, affinché, questo possa avvenire. E’ una piccola cosa, ma a lui piace. E anche a me.

Ho detto a Walter che mi impegno per questa battaglia, la sua e di altri e delle persone civili di questo paese. Mi chiede, con voce flebile a affaticata, dove abito, come sto, cosa faccio. Gli racconto brevemente. Gli chiedo della figlia e di Marinella. Mi risponde con un sguardo umido di dolcezza e mi chiede se voglio mettermi in contato con la figlia. E poi mi dice che sabato Marinella, a Serdiana, leggerà un “suo breve saluto” e che li conoscerò la figlia. E potrò riabbracciare Marinella.

La mezzora di tempo é volata. Si é stancato. Lo saluto e lo bacio sulla fronte. A presto caro Walter

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