La via del sogno [di Franco Meloni]

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Ho sempre letto i fumetti, molto prima di sapere che si potevano chiamare comics. Anzi, li ho guardati, perché il primo Tex veniva letto da mia Zia quando la parola “virgola” mi risultava oscura. Poi Topolino, il Vittorioso, l’Intrepido e via immaginando. Circa mezzo secolo fa, era Dicembre, Ninni mi ha regalato la raccolta di un giornale, Linus, che sembrava interessante.

La cosa strana consisteva nella assoluta assenza di “grandi” nelle strisce di Charlie Brown, buffo bambino dalla faccia tonda perennemente in lotta con le avversità. Mentre Topolino risolveva brillantemente ogni caso, Charlie Brown restava impigliato ad un albero cercando di far volare un aquilone. Con i Peanuts sono apparsi gli altri: Pogo, BC, Krazy Kat, la bellissima Valentina di Crepax e il cavaliere di fortuna Corto Maltese.

Malgrado gli avvertimenti di Umberto Eco, ero attratto dall’aspetto giocoso delle storie, e la satira sembrava secondaria. Ma si parlava di Vietnam, di contestazione, di femminismo, di speranza in un Maggio che avrebbe visto Parigi con studenti e operai uniti nella lotta. Poi è arrivata Piazza Fontana. Poi è stato assassinato Allende e tutte le speranze in quello che il sogno di Martin Luther King poteva significare sono risultate infondate. JFK è solo un caotico e inospitale aeroporto.

La satira stava cambiando e se Mistero Buffo ribadiva il ruolo fondamentale del giullare, Linus faceva conoscere un altro Charlie, con un irriverente Volinski che alzava il tiro. Ma Altan faceva vedere un povero Dio maltrattato da un superDio nell’inefficiente laboratorio della creazione. Si continuava scherzare con i santi, supponendo di essere giudicati per il modo e non per l’obiettivo.

Ora tutto è più difficile, come se il mondo, o la rappresentazione di esso, sia visto attraverso un caleidoscopio con tempi, voci ed effetti che seguono la via del caos. Tra tutti i termini che ci vengono elargiti, senza tempi per la riflessione e tantomeno per la verifica, primeggia
quello di fondamentalismo. Sembra una novità, se si dimentica la storia. Spinoza, per fare un solo esempio, potrebbe parlare degli effetti provocati da questo termine. E appaiono, con il loro eterno fetore, i sostenitori della pena di morte o, almeno, di qualche guerra purificatrice.

Gli orologi della civiltà segnano tempi passati. Se i miei nipoti dovessero chiedermi una spiegazione di quanto succede, da che parte dovrei cominciare? Magari dall’inizio: gli uomini sono tutti uguali e che la tolleranza può portare alla libertà. Magari ricordando che Tex ha un fratello di sangue indiano e che ad Hasim non si deve dare un panino con prosciutto e che certe sure sono alta poesia e che il grande Aristotele sarebbe stato dimenticato se non ci fosse stata la cultura di la del Nilo. Magari facendo notare, con la attenzione che meritano, che il pisellino di Isac non è “strano” mentre l’infibulazione di Amina deve essere evitata. Con grande pazienza. E sperare che le vie del sogno australiane possono passare anche da qui.

 

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