Lo splendore e l’orrore [di Raffaele Deidda]

Preghiera

Il Regno di Cambogia è un paese di circa 14,5 milioni di abitanti che confina con Thailandia, Vietnam e Laos. La lingua ufficiale è il khmer, la religione principale il Buddhismo. Il nome Cambogia deriva dal termine Kambu-Ja, che significa “nati da Kambù“, antica figura mitologica indiana. E’ il nome attribuitole nel X secolo dal vasto e potente impero Khmer, che governò il paese per centinaia di anni. Risale al periodo di massimo splendore la favolosa città di Angkor, inserita fra i Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO. La Cambogia è nota come Terra Gentile o Terra del Sorriso per il carattere dei suoi abitanti, pur essendo stata sconvolta dalle lacerazioni derivanti dalle guerre e dal terrore dei regimi dittatoriali che hanno insanguinato il Paese per più di vent’anni.

Stante la loro complessità, è difficile una ricostruzione obiettiva dei recenti eventi storici di questo paese divenuto indipendente nel 1954, dopo novant’anni di protettorato francese. Allo scoppio della guerra del Vietnam, dopo un primo periodo di neutralità, la Cambogia consentì ai Vietcong di installare basi sul suo territorio. Gli Stati Uniti effettuarono allora duri bombardamenti e appoggiarono un colpo di stato che, deposto il re Norodom Sihanouk, determinò l’avvento al potere di un governo capeggiato dal primo ministro Lon Nol . La Cambogia entrò quindi a pieno titolo nella Guerra del Vietnam, combattendo tanto i ribelli vietnamiti quanto l’opposizione al regime cambogiano che intanto si stava organizzando in Cina nel movimento dei Kmer Rossi.

Nel 1975 i Kmer Rossi guidati da Saloth Sar, noto come Pol Pot, rovesciarono il governo e cancellarono qualsiasi libertà fondamentale. Il regime crollò nel 1979 con l’invasione della Cambogia da parte delle truppe vietnamite ma il paese non riuscì a trovare la sua stabilità politica. Le prime elezioni democratiche si tennero, sotto l’egida dell’Onu, solo nel 1993. Divenuta Monarchia Parlamentare, la Cambogia conservò una forte instabilità politica tra deposizioni di primi ministri, esili di leader politici, processi e condanne ai capi dei Kmer Rossi. Ancora oggi non sono tollerate critiche all’operato del governo e non sono rari i casi di ritorsioni e di arresto di coloro che contestano la linea di condotta governativa.

Nei terrificanti anni dal 1975 al 1979 è stato calcolato che 4 milioni di cambogiani furono trasferiti in pochi giorni dalle città nelle campagne. L’intera popolazione fu costretta a partecipare al lavoro nelle risaie e a vasti progetti di opere pubbliche. Scuole, biblioteche, chiese e pagode furono chiuse. Insegnanti, intellettuali, chiunque avesse legami con la memoria del passato fu ucciso. Lo scopo era quello di rifondare la società cambogiana su base contadina e comunista.

Furono distrutti tutti i simboli della civiltà occidentale: automobili, attrezzature mediche, macchinari, elettrodomestici. Bruciati tutti i libri, dichiarata fuorilegge la proprietà privata, eliminati i servizi postali. La Cambogia divenne un immenso campo di lavori forzati, con le fosse comuni aperte per ospitare le vittime di quel comunismo rozzo e primitivo. Si dice che non esiste un solo cambogiano che non abbia perso in quegli anni un familiare e la stima di 2 milioni (circa un terzo della popolazione di allora) di cambogiani uccisi o morti di fame in quegli anni non è esagerata.

Da tutti i viaggi si può tornare con ricordi e sentimenti diversi e la loro intensità può dipendere dalle relazioni umane stabilite. Si possono dimenticare i nomi degli innumerevoli templi visitati, ma non si cancellano facilmente dalla mente le persone conosciute. Chi scrive non potrà mai dimenticare le persone incontrate durante il viaggio in Cambogia.

Siphon, una signora sessantenne di Phnom-Penh ex dipendente del Ministero del Turismo, ha raccontato di non aver più avuto notizie del marito dal momento in cui è stato arrestato dai kmer rossi, mentre lei e i suoi tre figli sono riusciti a sopravvivere ai lavori forzati nelle campagne, dove anche i bambini erano costretti a lavorare per dodici ore al giorno, nutriti con un pugno di riso.

Gioh è invece un ex kmer rosso, arruolato quando era appena adolescente. Nei combattimenti ha perso un braccio. Ha capito che la causa dei capi kmer rossi non era la sua e prova un profondo rimorso per aver ucciso dei compatrioti. Oggi accompagna i visitatori nei siti archeologici meno noti, guidandoli nei sentieri sminati.

Sovann, giovane guida turistica competente ed efficiente, ha riferito che i suoi nonni sono stati trucidati solo perché di etnia cinese. Ha mostrato una palma da zucchero i cui rami sono delle armi micidiali, usate dai Kmer Rossi: delle vere lame seghettate, capaci di decapitare una persona dopo una lenta agonia.

Bou Meng, la sua storia l’ha resa nota nel libro “Un sopravvissuto della prigione dei kmer rossi S-21”. Tratta della famigerata prigione di Tuol Sleng oggi sede del Museo del Genocidio, dove su 17.000 persone incarcerate solo sette riuscirono a sopravvivere. Dopo settimane di torture, e dopo l’uccisione della moglie, Meng fu graziato in quanto pittore e pertanto utile per eseguire i ritratti di Pol Pot: “Sono una vittima di Pol Pot e sono riuscito a sopravvivere con i ritratti di Pol Pot”, ha raccontato. Queste sono storie vere di identità annientata e di disumanizzazione, rimaste a lungo sconosciute ai tanti occidentali che hanno guardato con simpatia all’ideale comunista democratico e popolare di stampo asiatico.

Tiziano Terzani, che inizialmente vide nei Kmer Rossi i guerrieri che cercavano di spodestare l’usurpatore sostenuto dagli Usa, i liberatori capaci di riportare il Paese alla pace, scrisse successivamente: “Quello che Pol Pot e i khmer rossi hanno fatto alla propria popolazione, massacrandone almeno un terzo in nome di un loro sogno politico, non è da meno di quel che i tedeschi fecero nei confronti degli ebrei. Eppure, mentre la storia della Germania e della condanna dei suoi dirigenti criminali è stata messa al fondo della nostra coscienza, la storia dei massacri cambogiani viene ogni giorno di più ignorata, viene messa da parte e lentamente cancellata dalla memoria”.

Per questo bisogna continuare a scrivere e a parlare dei crimini perpetrati in Cambogia, che restano una delle pagine più buie e brutali della storia, affinché resti nel fondo della nostra coscienza di cittadini occidentali il rifiuto di qualsiasi disegno politico che passi attraverso lo sterminio di esseri umani. Restando disposti a rivedere le nostre convinzioni e mettendo anche nel conto le brucianti delusioni nel vedere sgretolarsi convinzioni e speranze di un mondo più umano e giusto.

*Foto: La preghiera buddista nell’ossario della prigione di Tuol Sleng

 

One Comment

  1. Ada Deidda

    Avendo vissuto la stessa esperienza, confermo che è assolutamente impossibile dimenticare la Cambogia,le sue ferite ancora aperte,la sua triste storia. Anche i bambini portano il peso dell’immensa tragedia con le loro menomazioni: braccia e gambe amputate per lo scoppio di mine inesplose.
    Quando, ci sarà un po’ di pace e vera democrazia per i poveri cambogiani, se ancora oggi sono costretti a tacere, a mettere una pietra sopra sul genocidio perpetrato da Pol Pot pochi decenni fa? E’ doverosa una riflessione su questo orribile massacro ancora oggi poco conosciuto.

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