C’entrerà o no con Sa die de Sa Sardigna? [di Umberto Cocco]
Non lo so come andrà, se piacerà alla commissione che giudica i progetti del 2014 per Sa die de Sa Sardigna e li finanzia con duemila euro, ma il mio comune, Sedilo, la mia comunità, ricorderanno i 70 anni dall’eccidio delle Fosse Ardeatine, i nove sardi trucidati dagli uomini di Priebke fra i 335 della strage. Il sedilese Pasquale Cocco fra di loro. Era un pilota di 24 anni formato in un campo di manovra alla periferia di Borore, sergente, studente, come è scritto nella lapide che lo ricorda, a Roma e a Sedilo. Non tutti antifascisti, non del tutto antifascisti: il giovane sedilese, di stanza a Foligno, dopo l’8 settembre raggiunse dei compaesani a Tivoli, e poi fra Roma e Civitavecchia aspettava con altri sardi di poter tornare in Sardegna su qualche imbarcazione. L’impulso alla fuga, al ritorno, si confondeva con i sentimenti antinazisti, la paura di venire catturato dai tedeschi. Si arruola nel Battaglione Giovanni Maria Angioy.Forse così si rientra nei criteri de Sa Die? Ricostruendo quella pagina di storia patria, nazionale e sarda, dal versante di questo reparto “etnico”, voluto dal sottosegretario alla presidenza del consiglio dei ministri della Repubblica di Salò, Francesco Maria Barracu? Rivolgendosi ai sardi sbandati dopo l’8 settembre, il gerarca lussurgese fa aprire nel collegio militare di Roma un “ufficio di assistenza Sardi”. “Chiunque si presenta in età militare viene arruolato su due piedi nel Battaglione Angioy”, detta al colonnello Bartolomeo Fronteddu, messo al comando. Un migliaio di sardi aderiscono alla Repubblica sociale italiana, accettano di arruolarsi nel Battaglione Volontari di Sardegna. Anche Pasquale Cocco, da sergente, e l’ufficiale Gavino Luna, di Padria. Ma mentre in qualche decina disertano, altri addirittura sabotano. Con l’accusa di aver compiuto atti di sabotaggio, i due sardi vengono arrestati, ai primi di febbraio del 1944,e condotti in via Tasso, consegnati dagli italiani, anzi dai sardi, ai tedeschi. In realtà, Cocco si taglia le vene quando capisce che non la libertà ha conquistato arruolandosi nel battaglione Angioy, non un’emancipazione, tutt’altro. Fatto sta che con Gavino Luna, che è membro del Cln, antifascista dichiarato, anti-tedesco, è tra le 154 persone sotto inchiesta di polizia a disposizione dell’Aussen-Kommando. Insieme da quel carcere sono prelevati la mattina del 24 marzo del 1944, e uccisi con gli altri 333. Gli altri sardi sono quattro civili: il partigiano comunista di Villacidro Sisinnio Mocci, il docente di filosofia Salvatore Canalis (Tula), l’avvocato Giuseppe Medas (Narbolia) e l’agricoltore Antonio Ignazio Piras (Lotzorai); tre altri militari, oltre a Cocco: l’ufficiale di Marina Agostino Napoleone (Carloforte), i carabinieri Candido Manca (Dolianova) e Gerardo Sergi (Portoscuso). Gavino Luna è il più celebre, sotto il nome d’arte Gavino De Lunas. Ma non solo per questa ragione la sua memoria è come divisa. Non c’è appassionato di canto tradizionale sardo che non lo conosca ancora oggi. Era chiamato “su rusignolu de Padria”, negli anni Venti e Trenta (è nato nel 1895) è il più conosciuto e amato cantadore a chiterra. Ha una voce bellissima, compone molte delle canzoni che canta. Di lavoro fa l’ufficiale postale. Invalido della Grande Guerra, ferito alla gamba sinistra a Sasso di Stria, presta servizio a Pozzomaggiore, poi in diverse altre località, attorno alle sedi di Macomer prima e di Cagliari poi. Ad Aidomaggiore si innamora di una ragazza, si fidanzano, le dedica alcune delle poesie più belle. Gira la Sardegna per cantare alle feste, ma lo chiamano anche a Sulmona, Trieste, a Roma, a Brindisi, all’Aquila. Negli anni ’30 è all’apice della popolarità, incide diversi dischi a 78 giri per la casa milanese “Società anonima del Grammofono”, primo sardo della tradizione a farlo, ed è lui che viene scelto per la cerimonia di accoglienza del re Vittorio Emanuele III e della principessa Giovanna in visita a Cagliari il 30 maggio del 1926.
Ho scritto nei giorni scorsi una lettera ad Alessandro Portelli, per invitarlo in Sardegna ad aiutarci a ricordare, a ricostruire. Portelli è un americanista, studioso delle tradizione orale, dalla musica rock al country, agli stornelli romani, a Giovanna Marini, autore di libri imperdibili e (penultimo, credo) di “L’ordine è già stato eseguito. Roma, le Fosse Ardeatine, la memoria” (Donzelli, 2005). Nella terza edizione c’è un cd con molte testimonianze, e fra loro quella della figlia di Gavino De Lunas. La memoria, appunto. Ho scritto a Portelli che di Pasquale Cocco sappiamo ancora troppo poco, per anni nel nostro piccolo paese la notizia è stata tenuta nascosta, nella casa natale del pilota è stata aperta nel dopoguerra la sezione locale del Msi, solo negli anni ’60 è stata apposta una lapide in memoria dell’ucciso, dopo una lite nella giunta comunale fra i favorevoli e i contrari, e vent’anni fa un insegnante, Peppino Pinna, ha riportato tutto alla luce, a scuola, con il contributo dell’amministrazione comunale, della comunità ebraica di Roma, dei nipoti di Pasquale Cocco, i fratelli e le sorelle Sanna e Carta, e segnando la memoria di una generazione di ragazzi ora adulti. Poi di nuovo silenzio, e siamo noi stessi, antifascisti e di sinistra, che ci distraiamo troppo spesso, per accorgerci ogni tanti anni che il vuoto che si è creato è pericoloso, e ingiusto”. Quest’anno la morte di Priebke, e l’eco dell’anniversario del 6 ottobre 1943, ci ha scosso, e indotto a lavorare meglio al 70° dell’eccidio delle Ardeatine. Sotto queste stesse emozioni qualche giorno fa una signora di Roma mi ha scritto una lettera, credendomi un parente di Pasquale Cocco, avendo scoperto in quei giorni un po’ per caso nell’armadio di casa, le tracce di un ruolo avuto dalla propria madre novantaduenne (ora malata), che era stata chiamata per il riconoscimento del cadavere di questo giovane sardo ucciso. La madre non ne aveva mai parlato in casa. E’ un’altra storia, che forse si potrà raccontare anche questa, forse un amore del giovane pilota. C’entrerà o no con Sa die de Sa Sardigna? *Sindaco di Sedilo. Giornalista |
Un pezzo magnifico e vibrante. Non so se c’entrerà o meno con Sa die de sa Sardigna ma c’entra con sa die de sa nostra istoria e della nostra memoria. Dovremmo cominciare ad insegnare queste cose ai nostri ragazzi, partire dagli atti minimali, piccoli, a volte sconosciuti e riportarli a galla. Ho sempre pensato, per esempio, che ogni paese debba intitolare le sue vie ai suoi paesani. Siamo stufi di via Roma e via Vittorio Emanuele. Titoliamo una via a Pasquale Cocco e a tutti gli altri e raccontiamola davvero questa storia nei banchi di scuola. Raccontiamola non sa die de sa sardigna ma donzi die (cara dia in Algherese, ovvero tutti i giorni, sempre). Sono queste le nostre radici e dovremmo cominciare a guardare la nostra storia dalla parte delle radici.
Complimenti. Ottimo contributo e ottima iniziativa di grande respiro e di notevoli potenzialità culturali anche per Sa Die
Una bella testimonianza di ricupero della storia viva, toccante e drammaticamente vera e reale, sindaco Umberto Cocco! Una testimonianza che già di per sè dà un tono e una motivazione profonda e sentita a Sa Die de sa Sardigna nel raccontare la storia di persone semplici, di uomini veri che non troviamo nei libri di storia, ma che meritano di essere conosciuti e ricordati da tutti noi perchè le loro tragiche vicende umane servano di monito per contrastare violenze e estremismi che tanti lutti e ingiustizie hanno causato. E d’ora in poi, quando si ricorderà l’eccidio delle Fosse Ardeatine, ognuno di noi penserà immediatamente alle vittime innocenti di quei sardi che hanno subito una tale disumano destino. Spesso si diece che la Sardegna non ha vissuto i drammi della Seconda Guerra mondiale. Il dramma di Pasquale Cocco e degli altri sardi trucidati nelle Fosse Ardeatine smentiscono la convinzione errata dell’estranietà della Sardegna alla Seconda Guerra. Per non parlare del ruolo che in essa hanno avuto tanti altri sardi in altre situazioni tragiche e terribili: campagna di Russia, Africa, Grecia, campi di concentramento e di prigionia, resistenza, ecc. Complimenti per l’iniziativa!
Leggerti è sempre un piacere e, naturalmente sono anche del tutto d’accordo. Ciao
Un pezzo bellissimo su figure di grande dignita’ umana oltre che di interesse storico notevole. Dobbiamo andare in questa direzione se vogliamo scrivere la storia della Sardegna dal momento che i sardi per un motivo o per l’altro la storia l’hanno fatta lontani da casa. Secondo me c’ entra.