Il gioco del terrore [di Guido Pegna]

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Quella che ormai, a partire dal crollo delle torri gemelle nel 2001, viene chiamata “guerra al terrorismo”, e che è tornata ad essere invocata con un enfatizzato battage mediatico dopo i recenti attentati di Parigi, si è combattuta e si combatte con vari mezzi: dai missili cruise alle operazioni di intelligence, dal sostegno occulto a formazioni più o meno regolari alle sanzioni economiche. Queste ultime hanno provocato fra i bambini irakeni più vittime delle bombe americane a causa dell’embargo sul latte condensato e sui medicinali. Ma un’altra guerra silenziosa è in atto: quella degli strateghi della Casa Bianca, e ora anche di quelli dell’Eliseo e dei nostri “Centri di Studi Strategici”, i quali fanno ricorso molto efficacemente agli strumenti di analisi e di strategia offerti della cosiddetta Teoria dei Giochi.

La nascita della moderna teoria dei giochi può essere fatta coincidere con l’uscita del libro “Theory of Games and Economic Behavior” di John von Neumann e Oskar Morgenstern nel 1944, anche se altri autori (quali Ernst Zermelo, Armand Borel e von Neumann stesso) avevano scritto, ante litteram, di teoria dei giochi. L’idea iniziale era quella di un tentativo di descrivere matematicamente (“matematizzare”) il comportamento umano in quei casi in cui l’interazione fra contendenti comporta la vincita o lo spartirsi di qualche tipo di risorsa.

Il matematico John Nash, la “mente meravigliosa” del noto film, è famoso per la nozione di ‘equilibrio’, che ha fatto compiere un passo in avanti decisivo nella possibilità di applicare la Teoria dei Giochi ai casi concreti di conflitto. Questa scoperta, che gli valse il premio Nobel per l’economia nel 1994, analizza le situazioni del conflitto in modo rigorosamente razionale: di un comportamento, cioè, che non può essere migliorato con azioni unilaterali, nel senso che lo si sarebbe tenuto anche avendo saputo in anticipo il comportamento dell’avversario. In una recente intervista, John Nash così sintetizzava le basi della sua teoria: “Un gioco può essere descritto in termini di strategie che i giocatori devono seguire nelle loro mosse: l’equilibrio c’è quando nessuno riesce a migliorare in maniera unilaterale il proprio comportamento. Per cambiare, occorre agire insieme”. E ancora: “Unilateralmente possiamo solo evitare il peggio, mentre per raggiungere il meglio abbiamo bisogno di cooperazione”.

Occorre definire alcuni termini. La premessa indispensabile è che tutti devono essere a conoscenza delle regole del gioco, ed essere consapevoli delle conseguenze di ogni singola mossa. Nella teoria, la mossa, o l’insieme delle mosse che un individuo intende fare viene chiamata “strategia”. Ogni giocatore può prendere un numero finito (o infinito nel caso più astratto possibile) di decisioni o strategie. Ogni strategia è caratterizzata da una conseguenza per il giocatore che l’ha presa, che può essere un premio o una penalità quantificabili.

Il risultato del gioco è completamente determinato dalle sequenze delle rispettive strategie. Si può rappresentare ogni gioco con un grafo ad albero che descrive ogni possibile combinazione di giocate dei contendenti sino agli stati finali, nei quali vengono ripartite le vincite. Questa descrizione è quella che viene immediatamente in mente per esempio quando si pensa al gioco degli scacchi. Ad ogni mossa di uno dei giocatori possono seguire più risposte dell’altro, ad ognuna delle quali a sua volta il primo può rispondere scegliendo fra parecchie mosse possibili, e così via. La struttura che descrive questa situazione è appunto la struttura di un albero, nel quale ogni ramo si divide in più rametti, i quali si dividono in rametti più sottili e così via.

Occorre anche definire con precisione gli scopi massimo e minimo di ciascun contendente. Questo gioco, nel caso della attuale “lotta al terrorismo”, sfugge completamente alla possibilità di analisi offerta dalla teoria dei giochi poiché è profondamente asimmetrico: da una parte avversari che rifiutano un comportamento basato su persuasione e dissuasione, essendo disposti all’autoimmolazione e alla guerra santa; dall’altra potenti eserciti classici con catene di comando ben strutturate.

Per trattare il problema con gli strumenti della Teoria dei Giochi è dunque necessario introdurre una certa simmetria di possibilità e di strategie. Proviamo. Per l’Occidente lo scopo massimo da conseguire sarebbe, molto concretamente, quello di non subire attentati terroristici e impossessarsi militarmente delle zone petrolifere del medio oriente; lo scopo minimo potrebbe essere accettare di subire attentati non frequenti e poco dannosi e poter continuare ad acquistare petrolio a prezzi sostenibili.

Per gli stati o organizzazioni terroristiche lo scopo massimo potrebbe essere la costituzione di uno stato islamico di estensione continentale, tornando anche a dominare in Europa, come avevano fatto gli arabi a partire dal settimo secolo fino alla loro espulsione dalla penisola iberica nel 1492 con la “reconquista” e alla loro definitiva cacciata dall’Europa centro-orientale all’inizio del 1600: quindi anche la conquista amministrativa, culturale e religiosa dell’Europa con il corrispondente benessere economico diffuso, mentre lo scopo minimo sarebbe la possibilità di arrivare alla costituzione di uno stato islamico in territori limitati del medio oriente senza essere bombardati dai drone americani e accettare il perpetuarsi dell’attuale condizione economica e di relativa povertà delle masse.

Entrambi i contendenti possono decidere fra due tipi di strategie: di cooperazione o di non cooperazione con l’avversario. Nel caso dell’occidente cooperare porterebbe a una situazione in cui non si subiscono attentati terroristici; nel caso dei terroristi la cooperazione consisterebbe nel non subire bombardamenti e giungere alla costituzione di uno stato islamico in medio oriente. In concreto, le strategie possibili possono essere rivelate solamente con una applicazione rigorosa dello strumento fondamentale della logica delle proposizioni: le tavole della verità1.

Proviamo a disporre in ordine tutte le combinazioni di conseguimento degli scopi minimi e massimi di ambedue i contendenti. Queste sono 16. Da queste occorre evidentemente escludere subito le combinazioni nelle quali ambedue i contendenti conseguono simultaneamente i loro scopi minimo e massimo. Ne restano quattro, che sono le seguenti.

1. Ambedue conseguono il massimo. Questa non sarà minimamente accettabile per nessuno dei due, implicando evidentemente il massimo conflitto. 2. Incettabile da parte dell’Islam è anche l’ipotesi in cui l’occidente consegue il massimo e l’Islam il minimo, e nemmeno quella simmetrica, la 3, in cui l’occidente ottiene il minimo e l’Islam il massimo.

Resta la quarta possibilità, quella nella quale ambedue i contendenti si accontentano di conseguire i loro scopi minimi: l’occidente quello di non subire attentati terroristici e acquistare il petrolio a prezzi tali da consentirgli di mantenere uno sviluppo economico accettabile, e l’Islam costituire un esteso stato organizzato nei territori del medio oriente ed avere uno sviluppo economico lento ma sopportabile dalla sua popolazione. Questa situazione è verosimile e interessante, perché concretamente realizzabile nel senso proposto da Nash: attraverso la cooperazione fra contendenti.

Quindi non guerre tradizionali come quelle scatenate due volte contro l’Irak e poi in Afganistan, che si sono rivelate rovinose per l’occidente e feroci per le popolazioni civili. Come ha detto John Nash, “Nessuno dei due contendenti riesce a migliorare in maniera unilaterale il proprio comportamento”.

1. Le Tavole o Tabelle di Verità assunsero la forma attuale nel 1922, con i lavori indipendenti di Emil Post e Ludwig Wittgenstein. Nel suo Tractatus Logico-Philosophicus Wittgenstein le usa per inquadrare le funzioni della verità all’interno di una serie di possibilità. La vasta influenza esercitata da questa opera ha portato ad una larga diffusione delle Tabelle di Verità (da Wikipedia).

* Fisico e narratore

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