L’asino e l’ingegnere [di Raffaele Deidda]

ulassai

Una storiella racconta che in un paese si stava realizzando una strada che l’avrebbe collegato ad un altro centro distante 4 km. Un pensionato trascorreva tutti i giorni molte ore ad osservare i lavori. Un giorno venne avvicinato da una persona: “Buon giorno, sono l’ingegner Tizio, progettista e direttore dei lavori per la realizzazione di questa strada. Vedo che lei ci osserva da tempo. Immagino sia stupito dalla modernità delle tecniche che utilizziamo per l’esecuzione dell’opera. Come le facevano le strade, prima, nel suo paese?“.

Il pensionato rispose: “Buon giorno e piacere. Sono Gavino Pistis, ex fabbro del paese. Rispetto alla sua domanda…Vede, quando noi volevamo fare una strada da un paese all’altro, utilizzavamo un vecchio asino. L’animale metteva a nostro servizio la sua esperienza e sceglieva il percorso più breve e più sicuro. Non si sbagliava mai! A quel punto noi realizzavamo la strada”. L’ingegnere, sbigottito, domandò ancora: “Ma, scusi signor Pistis, quando non potevate disporre di un asino con quelle caratteristiche, come vi comportavate? Il signor Pistis rispose: “Beh, se proprio costretti, allora chiamavamo un ingegnere!”.

La storiella è tornata alla memoria durante il convegno del FAI “La buona terra. Fonti energetiche e impatto su suolo e ambiente in Sardegna” tenutosi a Cagliari il 19 febbraio scorso. Nella tavola rotonda dedicata alle Energie rinnovabili e al loro impatto sull’ambiente in Sardegna, l’ingegnere responsabile del Settore Eolico della Saras ha parlato, con competenza e “vision” manageriale, del Parco Eolico di Ulassai nella Sardegna centro-orientale, gestito dalla società Sardeolica S.r.l. Ha spiegato che la società risponde all’indirizzo nazionale di produrre energia da fonti rinnovabili, nel rispetto dell’ambiente e attraverso un percorso di sviluppo sostenibile.

Il Parco (3.000 ettari) è composto da 48 aerogeneratori in grado di produrre circa 171 GWh/anno. Corrispondenti, pare, al fabbisogno annuale di 60.000 famiglie. Il perché della localizzazione ad Ulassai? Il Parco è situato in uno dei siti più ventosi della regione e ciò consente una produzione di energia durante gran parte dell’anno, con una media superiore a quella nazionale. Già questa è stata una risposta alla domanda ricorrente: “Ma perché le pale eoliche non vengono piazzate in aree industriali dismesse, già degradate e ambientalmente compromesse?”.

Tutto in linea con le migliori ragioni d’impresa quindi, con la remunerazione garantita dai cosiddetti certificati verdi. Oltre al riconoscimento del beneficio sociale apportato, per aver creato un’occupazione di 25 unità lavorative fra laureati e diplomati e assicurato al comune un canone d’affitto pari a 900.000 euro l’anno. E’ stato evidenziato altresì che l’impatto sul paesaggio è irrilevante, non essendo visibile da Ulassai la centrale eolica. Che invece impatta duramente i comuni di Perdasdefogu e di Tertenia, che subiscono il danno paesaggistico senza trarne alcun vantaggio economico.

Eppure ci sarebbe la pretesa di tacitare i “rosiconi” che si lamentano di come il parco abbia cambiato, non certo in meglio, i connotati di un vasto altipiano paesaggisticamente affascinante: quello dei mitici “tacchi” ogliastrini. Checché se ne voglia dire e giustificare, sono state alterate e annientate l’unicità e l’identità del luogo. In considerazione dei consistenti profitti generati dallo sfruttamento del demanio civico e della risorsa vento appare difficile non parlare di svendita del territorio, peraltro non accompagnata da nessuna forma di compensazione ambientale.

Venendo ancora alla storiella, questa volta proviamo ad immaginare un ipotetico dialogo fra l’ingegnere della Sardaeolica e il pensionato di Ulassai che sta a guardare per ore le attività della centrale. L’ingegnere si aspetterebbe dal pensionato un apprezzamento per la realizzazione dell’opera che, anche grazie all’avanzata tecnologia, apporta benefici sociali ed economici al paese senza creare inquinamento, rispettando l’ambiente se non per la irrilevante rumorosità delle pale. Chiederebbe come avrebbero fatto, altrimenti, gli abitanti del paese ad assicurarsi accettabili condizioni di vita se non fossero intervenuti dall’esterno degli imprenditori illuminati e dei professionisti capaci.

Il pensionato risponderebbe: “Vede ingegnere, quando su questi altipiani c’erano ancora le foreste, prima che le imprese venute dal Continente le distruggessero per ricavarne il loro profitto, la gente del posto saliva in groppa al proprio asino, che conosceva perfettamente il percorso, e si recava a far fruttare il capitale messo a disposizione dalla natura. Si ricavava legname, ci si dedicava all’allevamento del bestiame e, bene o male, si campava tutti.

Poi ci fu la svendita del territorio e la gente si accontentò dell’elemosina in cambio della cessione delle grandi foreste comunali. Ora, a distanza di oltre un secolo, ci avete ancora convinti a cedere le nostre terre e a sacrificarle ambientalmente in cambio di modeste contropartite economiche che per voi, invece, sono un grande affare. Cosa vuole che le dica, caro ingegnere? Non disponendo più degli asini di una volta che sapevano quale fosse il percorso migliore, i nostri amministratori si sono rivolti agli ingegneri dell’eolico“.

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