Quel sacrificio all’intolleranza [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione Sarda 04/03/2015. La città in pillole. Le statue trovate nel 1978 in viale Trieste da pagane erano diventate cristiane. L’ossessione iconoclasta che ha polverizzato statue e rilievi sumeri, assiri, babilonesi, ellenistici, arabi del Museo di Ninive in Mesopotamia e i codici antichissimi della locale biblioteca, racconta il disagio di chi non ha futuro perché non riconosce il passato. Come ogni auto da fé, traccia un orizzonte deprivato di cultura, di storia, di mediazione, di senso. E’ prerogativa dell’Islam? No. L’Islam consentì al mondo ellenistico di perdurare e di essere la giuntura tra questo e quanto Costantino e Costantinopoli salvarono dall’apocalisse. Lo sapeva Mehmet II nel 1453 quando conquistò Costantinopoli. Rielaborò la santa Sofia in moschea salvando mosaici e affreschi e la cupola, fondamento dell’architettura islamica, di cui nel san Saturnino di Cagliari si rinviene l’archetipo. Ogni damnatio memoriae è l’oscurità che l’uomo non riesce ad espungere e che agisce come una furia ineluttabile. Agli archeologi il compito di registrarne le tracce. Ne furono vittime i colossi di Mont’e Prama? Sarebbe suggestivo e consolatorio per il luogo comune della costante resistenziale. Più verosimile a Cagliari una pagina dell’Alto Medioevo. Non erano islamici coloro che, in osservanza dell’ingiunzione di Leone IV (847-855) all’arcivescovo Giovanni, distrussero l’altare consacrato da Arsenio, precedente vescovo eretico, nel predio Lustrense in una chiesa dedicata a san Michele. L’iconoclastia, bandita nell’843 da Gregorio IV, proseguiva sui manufatti. Furono smembrate nella lotta tra iconoclastia ed iconodulia le statue rinvenute in viale Trieste nel 1978? Da pagane erano diventate cristiane per arredare l’edificio che da termale divenne di culto. Furono sacrificate all’intolleranza fra fratelli che fu spirituale e soprattutto materiale.
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