Scuola media, la grande dimenticata [di Gianna Fregonara e Orsola Riva]

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Corriere della Sera 04/03/2015. La riforma della scuola resta per ora al tempo futuro. Ancora un rinvio, anche se breve, e l’ammissione che c’è bisogno di altro tempo e di discussione: bisogna sentire i ministri e poi anche lasciare che il Parlamento si confronti, ha detto il premier. Dopo mesi di annunci sulla scuola, un dibattito ostentatamente «sottratto agli esperti», il provvedimento che dovrebbe «cambiare il modello educativo», come lo ha definito il ministro Giannini, non è ancora pronto.

Per i precari, che aspettano cattedra e posto fisso, ci sarà da portare pazienza, sperando che i tempi per l’assunzione a settembre siano davvero garantiti come ha promesso Renzi e che non si scoprano cammin facendo altri buchi nella rete dei provvedimenti che martedì prossimo dovrebbero essere licenziati dal governo. La bozza discussa ieri contiene molti rinvii a regolamenti o norme che dovranno essere scritte dopo l’approvazione del provvedimento in Parlamento.

I temi della riforma, che il ministro Giannini ha definito il completamento «della scuola dell’autonomia impostata da Berlinguer» nel 1998, sono stati elencati di nuovo martedì sera nella conferenza stampa. Inglese con il Clil alle elementari, educazione fisica e musica, maggiore integrazione degli stranieri e poi una serie di iniziative che hanno la loro punta di diamante nel potenziamento dell’alternanza scuola-lavoro per le superiori.

Ma c’è una grande assente nella riforma elaborata in questo anno, pressoché mai citata nei lunghi dibattiti: la scuola media. La più grande innovazione scolastica del secolo scorso, dopo cinquant’anni, segna il passo: per organizzazione, programmi e struttura. Doveva servire a dare una preparazione di base a tutti. E così è stato. Ma è diventata il vero moltiplicatore delle differenze socio-economiche. Un triennio dal quale i ragazzi escono senza una preparazione adeguata ai tempi e senza le idee chiare su che cosa fare dopo. Ed è anche una delle cause principali della dispersione scolastica che rovina molti giovani subito dopo la licenza media, portandoli ad addii prematuri. I numeri parlano da soli: al Sud un ragazzo su quattro lascia la scuola già al primo biennio delle superiori, mentre l’Europa ha fissato come obiettivo comune per il 2020 la soglia massima del 10% di abbandoni.

Ora che ci si è resi conto che, in assenza di un’idea forte sulla riforma, ci vuole un supplemento di lavoro, ci sarebbe da pensare anche a questo: non solo a come dividere il miliardo stanziato nella legge di Stabilità tra assunzioni di precari, di cui nelle ultime ore si sono persi anche i numeri, bonus, scatti di stipendio, sgravi per le scuole paritarie e fondi per i laboratori, ma anche a come raddrizzare quel ramo fragile della scuola italiana, che ancora una volta è stato dimenticato. È giusto per gli studenti più «deboli». Ma anche per i più bravi e fortunati, che meritano una scuola finalmente al passo con le sfide di questo secolo.

 

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